L'occhio di Bruxelles
Von der Leyen si fa andare bene l'asse di Meloni con l'Albania, che si sente più vicina all'Ue
Ogni volta che si discute di migrazione, la scelta politica della presidente della Commissione europea è quella dell’appeasement, per evitare scontri tra Roma e Bruxelles e convincere la presidente del Consiglio a essere costruttiva su altri dossier
Bruxelles. Al netto dell’irritazione per non essere stata informata per tempo e di pesanti dubbi giuridici, la Commissione europea è pronta a chiudere un occhio, e forse anche tutti e due, sull’accordo tra Italia e Albania per esternalizzare le procedure di asilo. A caldo lunedì, l’esecutivo presieduto da Ursula von der Leyen ha reagito in modo prudente, sottolineando che l’intesa appena annunciata da Giorgia Meloni ed Edi Rama deve rispettare il diritto europeo e internazionale. Più a freddo ieri, non ha voluto esprimere giudizi di carattere politico o giuridico, anche a costo di contraddire le precedenti posizioni adottate dalla stessa Commissione ogni volta che uno stato membro ha proposto un accordo per processare le richieste di asilo in un paese terzo. Dall’idea di creare piattaforme di sbarco nel 2018 al protocollo d’intesa tra Austria e Regno Unito sul Ruanda della scorsa settimana, ogni volta la Commissione ha espresso critiche e lanciato altolà preventivi. Ma con l’Italia guidata da Giorgia Meloni, ogni volta che si discute di migrazione, la scelta politica di von der Leyen è quella dell’appeasement, per evitare scontri tra Roma e Bruxelles e convincere la presidente del Consiglio a essere costruttiva su altri dossier. Così i suoi portavoce ieri hanno detto che la Commissione era stata informata solo dell’annuncio dell’accordo e aveva chiesto al governo italiano ulteriori dettagli, ma hanno anche lasciato intendere che un espediente per permettere all’accordo Italia-Albania di partire può essere trovato. “E’ un ‘test case’ interessante anche per altri stati membri”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue, riconoscendo i “problemi giuridici” dell’accordo con l’Albania.
I “problemi giuridici” sono illustrati in un documento pubblicato dalla Commissione nel giugno del 2018, quando un gruppo di paesi guidato dall’Austria aveva chiesto di studiare la proposta di “piattaforme di sbarco” dei migranti salvati nel Mediterraneo, dove processare le domande di asilo. Uno dei tre scenari analizzati dalla Commissione corrispondeva a quello previsto nell’accordo tra Italia e Albania: “Inviare direttamente i migranti nel territorio di uno paese terzo” senza aver proceduto a valutare la richiesta di protezione internazionale sul territorio nazionale, ma offrendo “la possibilità di chiedere l’asilo da lì”. La prima conclusione della Commissione all’epoca era stata che questo sistema “costituisce un respingimento e non è permesso dal diritto dell’Ue e internazionale”. Anche l’innovazione della giurisdizione italiana nei campi per migranti in Albania – la vera differenza rispetto al modello Ruanda – veniva contestata. “Permettere a individui di chiedere l’asilo fuori dall’Ue richiederebbe l’applicazione extraterritoriale del diritto dell’Ue, cosa che attualmente non è né possibile, né desiderabile”.
Sul piano strettamente legale, non è cambiato nulla rispetto al 2018. Ciò che è cambiato è il contesto politico. Von der Leyen vuole assolutamente evitare conflitti con Meloni. Lo ha già dimostrato con la firma del memorandum con la Tunisia, forzando le regole interne all’Ue e infischiandosi delle critiche (anche della Germania) sulla mancanza di garanzie sui diritti umani. Un altro cambiamento è il numero crescente di paesi che vogliono esternalizzare le procedure di asilo fuori dall’Ue per rafforzare l’approccio di “Europa fortezza”. Se cinque anni fa a proporlo erano Austria e Ungheria, oggi ci sono anche Danimarca, Svezia e diversi paesi dell’est sono interessati. In Germania è in corso un dibattito interno alla coalizione di Olaf Scholz, con la Spd sempre più favorevole all’esternalizzazione. In molti sperano che la Commissione, chiudendo gli occhi sull’Italia, faccia cadere il principio del non respingimento.
Bruxelles ha anche degli interrogativi sul ruolo dell’Albania nella gestione dell’accordo. Il premier Edi Rama si è conquistato il sostegno definitivo del governo Meloni nei dossier aperti con Bruxelles, a partire dai negoziati di adesione (oggi la Commissione presenterà il rapporto sullo stato di avanzamento delle riforme portate a termine da Tirana). Ma dato il compito affidato all’Albania nella sorveglianza dei due centri, l’Ue potrebbe contestare il rischio di fuga dei migranti, che potrebbero poi imboccare la rotta dei Balcani per raggiungere altri stati membri. Ma per ora la Commissione preferisce aspettare i dettagli dell’intesa firmata lunedì. Politicamente è già una vittoria per il governo Meloni.