i numeri
La Cina è la principale piattaforma globale per aggirare le sanzioni alla Russia
L'Unione Europea alle prese con il gigante asiatico sul transito dei materiali sotto embargo che però finisco comunque nelle mani di Mosca
L’Unione europea si trova di fronte al dilemma Cina, nel momento in cui cerca di lottare contro l’elusione delle sanzioni per inceppare la macchina da guerra della Russia in Ucraina. Anche se non ci sono prove di forniture di armi da parte di Pechino, la Cina è diventata la principale piattaforma per aggirare l’embargo occidentale contro la Russia sulle componenti e tecnologie militari. Tra i diplomatici europei circola una cifra: tra il 70 e l’80 per cento dei materiali sotto embargo, recuperati da armamenti russi nel campo di battaglia in Ucraina, è transitato dalla Cina. In teoria, l’Ue potrebbe imporre un embargo sulle componenti vietate alla Russia anche ai paesi che aiutano sistematicamente Mosca ad aggirare le sanzioni. Ma la Commissione e diversi governi non vogliono uno scontro con Pechino.
Il meccanismo messo in piedi da Mosca per aggirare le sanzioni occidentali ormai è ben rodato. Società intermediarie di paesi terzi importano da Ue e Stati Uniti componenti e tecnologie necessarie alla fabbricazione di armi – soprattutto microprocessori – per riesportarle in Russia. Il 2 novembre, annunciando nuove sanzioni, il dipartimento del Tesoro americano ha spiegato che Cina, Turchia ed Emirati Arabi Uniti “sono diventati hub per l’esportazione, la riesportazione e il trasporto in Russia di tecnologie e attrezzature di fabbricazione straniera”. Secondo le cifre che circolano a Bruxelles, per la Turchia la percentuale di materiale sotto embargo recuperato nelle armi russe sul campo di battaglia in Ucraina è attorno al 6 per cento, poco più che per gli Emirati Arabi Uniti. Gli Stati Uniti hanno sanzionato tre società cinesi e decine con base in Turchia e negli Emirati, che sono state accusate di aver consegnato alla Russia microprocessori, apparecchiature elettro-ottiche, fotocamere, componenti elettroniche, radar e altri materiali. Uno dei destinatari è una società pubblica russa che fabbrica missili che ha usato il materiale occidentale sotto embargo per fabbricare sistemi missilistici antiaerei avanzati. Un gruppo internazionale di esperti sulle sanzioni (il gruppo Yermak-McFaul) ha pubblicato un rapporto a settembre, in base al quale sui droni russi recuperati in Ucraina (Shahed, Lancet e Orlan) sono state trovate 175 componenti straniere, di cui il 69 per cento di origine americana.
A giugno l’Ue ha adottato un nuovo strumento antielusione delle sanzioni, che dovrebbe servire a colpire i paesi che aiutano sistematicamente Mosca ad aggirare le misure restrittive. Il nuovo strumento permette di limitare la vendita, il trasporto o l’esportazione di beni e tecnologie specifici sotto sanzioni ad alcuni paesi terzi, la cui giurisdizione è considerata a rischio continuato e particolarmente elevato di elusione. Ma lo strumento può essere usato solo in modo “eccezionale e in ultima istanza”, dice una fonte dell’Ue. Alcuni stati membri, come la Germania, vogliono andarci piano anche con le sanzioni individuali contro le singole società di paesi terzi che effettuano le triangolazioni con la Russia. “Prima la Commissione deve chiedere ai governi interessati di agire contro le singole società. Se non lo fanno, allora l’Ue può sanzionarle”, dice la fonte dell’Ue. Berlino e altri governi vogliono evitare di aprire conflitti commerciali con Cina, Turchia ed Emirati, o rischiare rappresaglie da parte di Pechino. Ma l’approccio prudente dell’Ue sta facendo sempre più il gioco di Mosca, che è riuscita a rilanciare la sua produzione di armamenti nonostante le sanzioni occidentali. La lotta all’elusione delle sanzioni “è essenziale per inceppare l’economia di guerra del Cremlino”, dice al Foglio un diplomatico di un paese dell’est.
L’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha annunciato che domani la Commissione presenterà la sua proposta per il dodicesimo pacchetto di sanzioni. In pochi si attendono una soluzione al dilemma Cina. La Commissione potrebbe inserire nella sua lista nera una manciata di società cinesi, copiando la lista americana come aveva già fatto a giugno con l’undicesimo pacchetto di sanzioni. I ministri degli Esteri dei ventisette non hanno avuto la possibilità di discuterne ieri perché il nuovo pacchetto non era ancora pronto. Borrell ha assicurato che “l’Ucraina è la massima priorità dell’Ue”. Ma durante il Consiglio Affari esteri, l’Ungheria ha nuovamente messo il veto al via libera alla ottava tranche da 500 milioni di euro per finanziare le forniture di armi all’Ucraina. Altre proposte per aiutare Kyiv sono bloccate da veti e obiezioni di alcuni stati membri, come i 50 miliardi di assistenza finanziaria per i prossimi quattro anni. Borrell ha confermato che il piano per fornire un milione di munizioni entro il marzo del 2024 sta deragliando. “Manteniamo l’obiettivo. Ma forse non lo raggiungeremo”, ha detto l’Alto rappresentante. Il ministro degli Esteri della Lituania, Gabrielius Landsbergis, si è mostrato molto pessimista di fronte allo stallo dell’Ue. “Potrebbe arrivare il giorno in cui gli ucraini non saranno in grado di combattere ulteriormente, perché non siamo in grado di fornire loro armi. In questo modo stiamo spingendo per la vittoria di Putin”.