elezioni nei paesi bassi
Olanda in autoanalisi. Si contano i seggi e il risultato non cambia, ma Wilders si improvvisa paciere
Le riunioni interne sono già in corso e definiranno la linea dei partiti. Ma tirando in ballo quelli minori, Wilders potrebbe perfino fare a meno di uno fra Vvd e Nsc. E intanto rivede le sue posizioni sulle moschee
L’Aia. Non aiuta nemmeno una passeggiata al Binnenhof, per capire il futuro politico dei Paesi Bassi. Lungo il laghetto antistante il Parlamento olandese, campeggiano ancora i faccioni dei 26 leader di partito che si sono presentati alle elezioni generali di mercoledì. Capigliatura a parte, trovare tracce del vincitore è un ago nel pagliaio: nessun carosello, nel giorno che segue l’affermazione di Geert Wilders. Sono tutti in pausa di riflessione. Ognuno secondo propria natura. Com’è possibile, si domanda il centrosinistra, aver consegnato la nazione ai sovranisti? Come sarà accettabile governare, si cruccia invece il centrodestra deluso – più il Vvd di Yesilgöz che l’Nsc di Omtzigt –, pur sapendo che governare è necessario? Intanto Wilders ragiona già da premier in pectore. E fa quello che gli è riuscito meglio: aspetta, smorzando i toni dell’estremismo, mentre gli altri si dannano a cercare un rimedio.
La constatazione collettiva è che nessuno aveva visto arrivare il risultato. Neppure lo stesso Wilders, con tale portata – 8 per cento dei voti e 12 seggi in più di qualsiasi altro partito. Il verdetto-shock è figlio di un elettorato volatile: nell’ultimo anno si è visto l’exploit concreto dei Contadini-cittadini, quello potenziale del nuovo-che-avanza Omtzigt, fino all’impennata decisiva del Pvv. Tutte raffiche antisistema, alimentate da varie direzioni. Secondo un’indagine del Telegraaf, sarebbero “i fatti del 7 ottobre e l’esigenza di un cambiamento” ad aver spinto molti incerti a scegliere Wilders alle urne per la prima volta. I sondaggi confermano: negli ultimi 40 giorni il Pvv è passato da una proiezione di 17 alla conquista di 37 seggi. Un nanosecondo, per i tempi della politica. In cui gli eredi designati dell’ingombrante dodicennio Rutte si sono persi in calcoli, logiche di spartizione, ammiccamenti. E hanno fatto i conti senza l’oste Geert, conferendogli tuttavia l’onore della presentabilità istituzionale – scelta sciagurata di Yesilgöz. Così un vuoto di potere epocale, riflesso e al contempo opposto della stabilità regina sotto ‘Teflon Mark’, è stato riempito dall’ospite più indesiderato di tutta la Tweede kamer.
Ora è tardi per continuare a ignorare Wilders. Anzi, Yesilgöz traccia l’analisi della sconfitta, “non abbiamo ascoltato il popolo e saranno i grandi trionfatori a dover dettare le condizioni per una maggioranza”. Ebbene, eccole. “I Paesi Bassi vogliono un governo con Pvv, Vvd, Nsc e Bbb!”, dichiara su X, già Twitter, il leader dei sovranisti. E a margine pubblica i risultati di un sondaggio postelettorale: 6 votanti su 10 gradiscono la coalizione da lui designata; inoltre, più dell’84 per cento dei sostenitori di questi partiti sarebbe favorevole a un governo col Pvv. I numeri non sarebbero un problema: il quadrumvirato di destra raggiungerebbe 88 seggi, contro i 76 necessari. Quelli dei Contadini-cittadini sarebbero perfino superflui. Ma Wilders li vorrebbe al suo fianco, per aumentare la spinta euroscettica e barricadera all’interno del nuovo esecutivo. Per quanto inasprito tra sicurezza e immigrazione, il Vvd è pur sempre il partito della responsabilità ruttiana. Per quanto mina vagante, Omtzigt è pur sempre una costola dei Cristiano-democratici. Insieme fanno 44 seggi: come la somma di Pvv e Bbb. A cui però spetterebbe la premiership. Dettaglio mica da poco.
E’ questa l’Olanda che spaventerebbe di più. Lo dice Bruxelles, che definisce “un incubo” la vittoria di Wilders. Ma oltre al contesto internazionale, scatta l’allarme anche nell’entroterra. “La paura è enorme”, ammettono le numerose comunità islamiche locali. “Temiamo che con il nuovo governo diventeremo cittadini di serie b”. Non è un’esagerazione, visto che nel programma del Pvv si parla esplicitamente di “chiudere le moschee e vietare l’educazione musulmana in quanto minaccia per le nostre radici umaniste e giudaico-cristiane”. Dopo la sbornia elettorale, Wilders ha fatto subito buon viso a cattivo gioco: “Non parlerò più di queste tematiche, voglio rappresentare tutti”. Ma è da vedere cosa ne pensano i potenziali alleati. In campagna elettorale, Omtzigt ringhiava che il Pvv “è incompatibile coi valori costituzionali”. Mentre alla stessa Yesilgöz, nonostante le miopi aperture, non va giù Wilders, che in passato l’aveva definita “inadatta a fare il ministro perché ha la nazionalità turca”.
Le riunioni interne sono già in corso e definiranno la linea dei partiti. Ma tirando in ballo quelli minori, Wilders potrebbe perfino fare a meno di uno fra Vvd e Nsc. Altre coalizioni che taglino fuori il Pvv – ammucchiata di centrodestra, larghe intese con PvdA-GroenLinks – sarebbero forse possibili sulla carta, ma di fatto improponibili per credibilità politica. Seguiranno trattative lunghe, niente affatto scontate. E in caso di fumata nera si tornerà a votare: forse il male minore, visto quanto in fretta cambia il vento in Olanda.
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