Dall'Ucraina
Orbán mette in pericolo il sostegno dell'occidente a Kyiv
La vicepremier Stefanishyna ci dice che un no europeo “non è un’opzione”. In gioco c'è la sicurezza europea
Al Consiglio europeo del 15 dicembre un “no” a far partire formalmente i negoziati di adesione all’Unione europea per l’Ucraina “non è un’opzione”, dice al Foglio Olga Stefanishyna, il vice primo ministro ucraino responsabile dell’integrazione euro atlantica. Perché dalle decisioni dipendono anche quelle degli Stati Uniti e degli alleati del G7. Perché alla fine dipendono anche le sorti della guerra e la sicurezza del continente. “Il futuro dell’Europa sarà determinato dalle decisioni che saranno prese il 15 di dicembre. Non è un’esagerazione”, spiega Stefanishyna: “Lo spirito e l’ambizione delle decisioni del 15 dicembre avranno un impatto diretto sulle decisioni che saranno prese al Congresso americano, sulle decisioni a livello del gruppo del G7 e sul clima complessivo sulla materializzazione del sostegno all’Ucraina. Tutto questo è in gioco”. Eppure c’è uno ostacolo maggiore dentro lo stesso Consiglio europeo. È il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, che minaccia seriamente di paralizzare l’azione dell’Ue.
È martedì 21 novembre, il giorno che segna il decennale dell’inizio della rivoluzione di Maidan. Volodymyr Zelensky ha appena concluso la sua conferenza stampa con il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, e la sua omologa moldava, Maia Sandu. Michel è venuto a Kyiv con un messaggio di prudenza e realismo sulle aspettative in vista del Consiglio europeo. Lui farà di tutto per ottenere un risultato positivo per l’Ucraina e la Moldavia. Ma sarà “una sfida”, ha spiegato Michel. In agenda il 15 dicembre non c’è solo il via libera ai negoziati di adesione, ma anche la revisione del quadro finanziario pluriennale con 50 miliardi di euro di aiuti finanziari all’Ucraina. I capi di stato e di governo potrebbero essere costretti a discutere del dodicesimo pacchetto di sanzioni (che non sarà facile approvare) e del piano per fornire un milione di munizioni entro (che è in stallo). Sui negoziati di adesione dell’Ucraina alcuni paesi sono prudenti, perché pensano soprattutto ai Balcani occidentali o non vogliono accelerare troppo. Ma su ciascuna delle decisioni il Consiglio europeo Orbán ha già annunciato o minaccia il veto. L’Ungheria sta “minando gli sforzi che sono stati condotti dall’inizio della guerra”, è l’accusa di Stefanishyna. Orbán “non preserva l’unità (dell’Ue), sta minando direttamente gli sforzi presi per mobilitare i pacchetti di sanzioni, per mobilitare il sostegno militare, per ritenere la Russia responsabile, ma anche per portare nuova energia nel processo di allargamento dell’Europa. Tutto questo è messo in discussione dall’Ungheria”, dice la vicepremier ucraina, che chiede “una risposta molto chiara da parte degli altri stati membri”.
Stefanishyna riconosce che le prossime tre settimane saranno “estremamente difficili”. La narrazione sulla fatica della guerra è “un tentativo di giustificare la mancanza di volontà” da parte di alcuni leader. Le elezioni nazionali ed europee e quelle negli Stati Uniti – uno degli argomenti usati da Orbán – “sono una scusa perfetta per giustificare la mancanza di volontà di prendere le decisioni”. Ma “ogni volta che c’è una discussione come questa, chiedo a tutti di ricordare che noi non abbiamo la scelta di esitare, di essere stanchi o affaticati”, spiega Stefanishyna. “Abbiamo solo un’opzione: alzarci la mattina e fare tutto il possibile per continuare a combattere per la sicurezza in Europa e per l’indipendenza dell’Ucraina. E lo facciamo perdendo i migliori dei nostri sul campo di battaglia”. Il compito degli alleati nell’Ue “non è fare in modo che l’Ucraina possa continuare a battersi, ma di vincere la guerra e assicurare ai cittadini ucraini la loro chance europea”. Il governo Zelensky continuerà a fare le riforme per l’adesione e non ci sarà alcuna retromarcia. Gli ucraini lo hanno dimostrato dalla rivoluzione di Maidan del 2013-4 in poi. Con la guerra “il prezzo che stiamo pagando per le nostre scelte è così alto che non c’è alcuno spazio possibile per una marcia indietro politica” sull’Ue. Ma tutti i ventisette “devono capire che non c’è altra opzione, che non sia la vittoria dell’Ucraina”, avverte Stefanishyna.