il momento populista
Perché l'esito olandese pone una nuova e chiara sfida esistenziale per l'Ue
È il momento di Geert Wilders, un anti liberale e un anti democratico pronto a diventare premier per portare il trumpismo in Europa
Bruxelles. Ogni paese ha il diritto al suo “momento Tsipras”. È la democrazia, bellezza. I greci lo hanno avuto nel 2015, eleggendo un governo antisistema che ha portato il paese sull’orlo dell’uscita dall’euro. Gli italiani lo hanno fatto nel 2018, quando è spuntato come primo ministro un avvocato sconosciuto che abbelliva i curriculum e spiegava che il populismo è nella Costituzione, perfetta sintesi dell’“uno vale uno” di Beppe Grillo e del “vale qualsiasi cosa” di Matteo Salvini. Ora tocca agli olandesi, che hanno proiettato in testa alle elezioni il Partito per la libertà (sic) di Geert Wilders.
Gli ottimisti razionali spiegano che Wilders ha ottenuto solo il 23 per cento. E che non ha i seggi per formare una coalizione e che si sta già moderando. In realtà sottovalutano la portata sistemica della vittoria del più populista dei populisti europei. Nel Regno Unito, nel 2016, Nigel Farage vinse il referendum sulla Brexit senza un solo deputato alla Camera dei comuni. Era bastata la complicità di qualche Tory nostalgico dell’impero. Nel 2023 Wilders ha una possibilità molto concreta di diventare premier dei Paesi Bassi, democrazia liberale tradizionalmente aperta e accogliente, potenza commerciale al cuore dell’Europa, stato membro fondatore e finanziatore dell’Ue, pilastro del sostegno militare all’Ucraina. Dal momento Tsipras al passo Brexit (o Nexit) è un attimo. Sopravviveremo e sopravviveranno. Ma è tutta la democrazia liberale europea a essere messa in pericolo dal momento Wilders.
Ci vorranno mesi per sapere se Wilders prenderà il posto di Mark Rutte e forse non accadrà. Ma il solo fatto che, subito dopo il trionfo del Pvv mercoledì, i liberali e i conservatori abbiano rinunciato al “mai con Wilders”, pronunciato fino alla vigilia del voto, dimostra che la falla nella diga che preserva la democrazia polder e i suoi princìpi si allarga. Wilders è un anti umanista, anti liberale e un anti democratico. Nega l’uguaglianza di ogni essere umano. Vuole vietare l’islam. È stato condannato per aver insultato le minoranze. Disprezza lo stato di diritto. Invece di arginarlo, i partiti tradizionali lo hanno rincorso. Il Vvd di Rutte ha fatto campagna alimentando la percezione di una crisi migratoria che non c’è in un paese ricco come i Paesi Bassi (nel 2022 sono state presentate solo 35 mila richieste d’asilo). Con la semplice parola “tsunami” dell’asilo, Wilders ha fagocitato chi lo ha nutrito.
Accade ovunque in Europa. I conservatori di Svezia e Finlandia inseguono e si alleano alle destre estreme nazionaliste pur di ritornare al governo. Il Partido popular in Spagna era pronto a collaborare con i nostalgici del franchismo di Vox. I cristiano-democratici in Austria, per due volte in coalizione con il Partito della libertà (sic), sono in attesa della terza, ma con un cancelliere di estrema destra. Il premier ungherese, Viktor Orbán, il governo uscente del partito Legge e giustizia in Polonia e il populista di sinistra in Slovacchia, Robert Fico, sono apostoli della “democrazia illiberale” e del trumpismo. Il governo Meloni-Salvini in Italia è trattato con i guanti dall’Ue per paura che gli italiani votino ancora di più contro l’Ue. Di fronte agli antisistema, i liberali e democratici hanno abdicato nella difesa di princìpi e regole, li hanno assecondati, li hanno coccolati nella vana speranza di europeizzare i barbari. L’Europa fortezza sui migranti in risposta all’elezione dei Salvini e delle Meloni non ha ridimensionato Wilders.
È in questa Ue che Wilders potrebbe diventare premier. Lui che, con il cartello in mano, non voleva dare un centesimo all’Italia messa in ginocchio dal Covid. Lui che, subito dopo la guerra lanciata dalla Russia, ha proposto di dichiarare la neutralità olandese e la fine delle sanzioni. “Non manderemo denaro o armi come gli F-16 all’Ucraina per tenerli per le nostre Forze armate”, dice il suo programma. Con Wilders dentro il Consiglio europeo (insieme a Meloni, Orbán, Fico, in futuro l’austriaco Herbert Kickl o la francese Marine Le Pen) Putin avrà vinto la guerra. Addio Ucraina libera. Addio allargamento. Addio Europa sovrana e geopolitica. Addio Unione europea. Almeno il momento Wilders ha il merito di chiarire la sfida esistenziale delle prossime elezioni europee e nazionali. Il pericolo di morte non è solo quello esterno di Putin o di Trump. Il pericolo viene dall’interno, da chi vende la falsa promessa del paradiso rinchiuso nei polder olandesi. C’è un nemico che usa la democrazia per distruggere la democrazia. Ogni divisione o esitazione è una premessa di sconfitta. Ogni voto è un referendum sull’Europa democratica, liberale e aperta.