Fentanyl, un dramma americano
Duecento morti al giorno per overdose, un’epidemia difficile da controllare. Il mercato, il narcotraffico, la geopolitica. Ora anche in una serie tv. Tutto comincia con l’abuso degli antidolorifici. Un’indagine sulla grande crisi da oppioidi
Su Netflix, una serie di grande successo di pubblico, “Painkiller”, racconta in sei episodi un nuovo dramma americano: quello dell’abuso da oppioidi, responsabile ormai di una media di oltre 200 morti al giorno di overdose (dati CDC per il 2021). Un editoriale dell’Economist uscito il 16 novembre, riprendendo quasi integralmente un precedente articolo di Giulia Carbonaro, cerca di comprendere come mai l’epidemia d’uso di oppioidi, con i suoi esiti catastrofici, abbia fino a questo momento risparmiato l’Europa, e se questo continente non sia a rischio di entrare in un simile tunnel, nonostante i fattori che lo hanno protetto sinora.
La crisi da oppioidi negli Usa è legata in particolare a un prodotto sintetico, commerciato ormai in larga parte in maniera illegale: il fentanyl. Per spiegare come mai vi è un’evidente differenza fra quanto successo in America ed in Europa, l’Economist, e l’articolo di Carbonaro, fanno ricorso a una serie di ipotesi ragionevoli, in parte supportate anche da analisi fattuali condotte in maniera rigorosa e già pubblicate nella letteratura scientifica.
In breve, in entrambi gli articoli citati le cause per l’epidemia americana sono individuate come segue: la prescrizione eccessiva di antidolorifici negli Stati Uniti, l’incentivazione da parte delle aziende farmaceutiche e la mancanza di un sistema di assistenza sanitaria universale, vicariato negli Usa dal sistema assicurativo, con peculiarità tipiche nella scelta di chi, cosa e come assicurare. Questo a sua volta ha creato un florido mercato illegale nelle mani dei narcotrafficanti, divenuto ancora più sviluppato quando il legislatore ha cercato di correre ai ripari, rendendo maggiormente controllata la prescrizione e l’uso legale del fentanyl. Viceversa, si argomenta, l’Europa ha resistito in parte grazie alla disponibilità di cure mediche adeguate per il trattamento del dolore e all’adozione di programmi di sostituzione degli oppiacei per affrontare l’eventuale dipendenza, in parte perché i medici sono più attenti nella prescrizione di antidolorifici che potenzialmente creano dipendenza e sono più esperti nel trattamento della dipendenza da fentanyl, in parte infine grazie al monitoraggio continuo, basato per esempio sul controllo delle acque reflue e sull’intervento rapido quando si identificano anomalie.
Più o meno, dal punto di vista dell’individuazione delle cause dell’abuso americano, la serie televisiva Netflix approfondisce, sotto la forma di una sorta di docufiction, proprio gli stessi punti dei due articoli citati, rendendo evidente quale sia l’opinione comune circa i fattori che hanno portato all’attuale disastro.
La serie, definita “un medical-legal-thriller dalla potenza emotiva devastante”, imputa la crisi da oppioidi negli Usa soprattutto alle derive di un capitalismo farmaceutico senza regole. Anche se l’esempio scelto non è quello del fentanyl, ma si discute il caso dell’ossicodone a rilascio prolungato della Purdue Pharma, è chiaro che l’intento è quello di spiegare l’intero abuso di oppiacei sulla base di una narrazione che è più o meno la seguente: le aziende produttrici, a partire dagli anni 90, hanno incentivato aggressivamente i medici a prescrivere oppiacei ad alti dosaggi, creando dipendenza che è continuata ben oltre la prescrizione medica, spingendo alla fine le vittime ignare a continuare l’abuso, incentivando i profitti non solo delle aziende stesse, ma di un intero mercato illegale controllato dai narcotrafficanti.
Questo spiegherebbe le tre ondate di crescente consumo di oppiacei e di crescenti morti per overdose, le quali possono essere così descritte, secondo la CDC.
La prima ondata è iniziata con un aumento delle prescrizioni di oppioidi negli anni 90, seguita immediatamente da un aumento dei decessi per overdose da oppioidi prescritti (oppioidi naturali e semisintetici e metadone) almeno a partire dal 1999.
La seconda ondata è iniziata nel 2010, con un rapido aumento dei decessi per overdose da eroina (a causa dello spostamento nel consumo dagli oppiacei prescritti a quelli illegali da parte di chi non aveva più bisogno di trattare il dolore, ma era ormai dipendente da oppiacei).
La terza ondata è iniziata nel 2013, con aumenti significativi dei decessi per overdose da oppioidi sintetici, in particolare quelli legati al fentanyl prodotto illegalmente, anche in combinazione con eroina, pillole contraffatte di varia natura e cocaina.
Secondo Netflix, ma anche secondo molti commentatori e opinionisti, la prima ondata, causata dall’appetito delle aziende farmaceutiche e dall’amorale spinta di marketing per incentivare le prescrizioni e i consumi di molecole come l’ossicodone della Purdue Pharma, ha poi naturalmente portato alle ondate successive, fino ad arrivare all’attuale prevalenza del fentanyl e del mercato illegale di quel prodotto.
Questa concatenazione storica sarebbe quella non verificatesi in Europa, e la ragione per la quale, insieme alle difese elencate dagli articoli citati in apertura, l’epidemia si è verificata specificamente negli Stati Uniti; tuttavia, come si spiega in entrambi quegli articoli, una volta creato un florido mercato illegale di un oppiaceo molto più potente dell’eroina come il fentanyl, soprattutto in presenza di un calo nelle forniture della prima, causata dall’opposizione talebana alla coltivazione in Afghanistan, il principale esportatore di eroina verso l’Europa, non ci vorrà molto perché l’epidemia di consumo si affermi anche nel nostro continente. Come scrive l’Economist, infatti, i talebani, da quando sono tornati al potere, hanno imposto tagli alla produzione forse del 95 per cento nel 2023, il che dovrebbe ridurre drasticamente la disponibilità di eroina a basso costo in Europa a partire dal 2024. Una simile carenza di eroina dopo l’ultima repressione talebana all’inizio degli anni 2000 ha portato il fentanyl a mettere radici in Estonia, finora l’unica parte d’Europa ad aver dovuto affrontare un’epidemia duratura di dipendenza da questa sostanza.
Questo è il quadro delle opinioni sin qui più diffuse; vale la pena, a questo punto, di verificare se l’analisi di cause ed effetti così prospettata sia solida, a partire dall’evidenza scientifica disponibile.
Un riesame dei fattori causali
Cominciamo dall’esaminare quindi il primo anello della catena, ovvero l’aumento della prescrizione di oppioidi negli Usa. Da cosa è realmente dipeso?
Prima degli anni 90, anche negli Stati Uniti i medici generalmente evitavano di prescrivere farmaci oppioidi per il trattamento del dolore cronico non maligno per paura di dipendenza. Tuttavia, a partire dagli anni 90, l’opinione della comunità scientifica negli Stati Uniti è cambiata, così che gli oppioidi hanno cominciato a essere presi in considerazione come un’arma utile per il trattamento del dolore cronico. Il ruolo dell’industria farmaceutica nell’alimentare questo cambio di opinione e gli sforzi organizzati di sofisticati cartelli farmaceutici sono indubbi; tuttavia, non è possibile ignorare, come fanno i più, molti altri fattori, forse ancora più rilevanti nel cambiare lo standard di trattamento del dolore durante questo periodo.
Il dolore cronico non trattato, a partire dagli anni 80, è stato oggetto di crescente interesse e sensibilità da parte dei medici, nel momento in cui non solo la cura delle malattie, ma anche la qualità di vita dei pazienti hanno cominciato a essere considerati obiettivo terapeutico. Pertanto, l’impulso sottostante all’interno della professione medica per migliorare il trattamento del dolore cronico era ed è ben intenzionato. Negli anni 2000, si è formato un consenso sul fatto che il dolore cronico fosse sotto-trattato negli Stati Uniti e che dovesse essere gestito in modo più aggressivo.
A partire dai primi anni 2000, sono emersi studi solidi che provavano come gli oppioidi possano essere utilizzati in modo sicuro ed efficace nei pazienti affetti da dolore cronico. Sebbene inizialmente i medici avessero una comprensione incompleta della sicurezza e dell’efficacia dei farmaci oppioidi – e questa comprensione incompleta li portava a prescrivere più oppioidi di quanto venga prescritto oggi – ancora oggi il consenso è che gli oppioidi siano terapie appropriate ed efficaci per il dolore cronico, contribuendo a migliorare la funzionalità e la qualità della vita senza causare dipendenza. Per esempio, nel dicembre 2019, FDA ha dichiarato che “esiste un ruolo per gli analgesici oppioidi nel trattamento del dolore cronico e ci sono popolazioni di pazienti che possono richiedere dosi giornaliere più elevate, non solo alla fine della vita, in cure palliative o ospedaliere, ma anche nel caso di malattie debilitanti, come il cancro e condizioni neurologiche e muscoloscheletriche complesse”.
A questo punto, dovrebbe essere chiaro come i voraci interessi di aziende e famiglie come quelle identificate da Netflix e come quelle presenti nell’immaginario comune di ognuno di noi hanno certo contribuito a sviluppare un marketing aggressivo e a nutrire interessi illegittimi, ma il vero motore alla base dell’aumento di prescrizioni di oppiacei a cominciare dagli anni 90 è stato alimentato anche e soprattutto da una ragione ben più cogente e nobile: il riconoscere il dolore come una condizione curabile, invece che una punizione da espiare.
Possiamo passare quindi all’esame del secondo anello della catena. A prescindere da dove debba essere ricercata la sua causa, è vero che l’aumento delle prescrizioni è stato all’origine della dipendenza e quindi dell’epidemia di abuso di oppiacei, prima legali e quindi illegali?
Le stime migliori di incidenza di quello che è definito Disturbo d’uso degli oppioidi (Oud) nei pazienti che assumono oppioidi per il dolore cronico si aggirano tra l’8 e il 12 per cento. Inoltre, i fattori di rischio che rendono un generico individuo vulnerabile sono gli stessi che mettono i pazienti con dolore cronico a rischio di Oud. Ciò suggerisce che i pazienti con dolore cronico non sono a rischio più elevato di sviluppare dipendenza rispetto ai membri del pubblico in generale. Stabilito che coloro che soffrono di dolore cronico non sono una popolazione particolarmente a rischio di sviluppare dipendenza, resta da vedere se l’esposizione agli oppioidi da prescrizione non sia un fattore di rischio di sviluppare poi dipendenza e consumo di sostanze quali l’eroina o lo stesso fentanyl illegale. Intanto, il paziente medio con dolore cronico, ovvero il paziente cui si prescrivono oppioidi per uso medico, è di sesso femminile e di mezza età, mentre chi tipicamente abusa di oppioidi prescrivibili è di sesso maschile e più giovane: le due categorie, di conseguenza, non sono sovrapponibili.
Soprattutto, consideriamo lo studio più frequentemente citato per supportare il legame fra prescrizione di oppiacei e sviluppo di dipendenza da eroina, ove si afferma che l’86 per cento di un campione di nuovi consumatori di eroina intervistati nel 2008 e 2009 riferiva un uso precedente di oppioidi prescrivibili. Sebbene i dati siano quelli, non ci si sofferma sul fatto che la gran parte degli intervistati non aveva ricevuto una prescrizione di oppioidi per uso medico. In realtà, analizzando i dati risulta che l’uso precedente di oppioidi prescrivibili era non medico, ovvero senza prescrizione, ed era ottenuto soprattutto da amici e familiari. Inoltre, la maggior parte di coloro che iniziavano a usare eroina dopo aver fatto un uso non medico di oppioidi prescrivibili aveva anche precedentemente fatto uso di altre droghe illecite. Alla luce di queste considerazioni, è quindi vero che molti che assumono eroina hanno assunto prima oppioidi prescrivibili, ma non è vero affatto che chi ha avuto prescrizione di quelle molecole per scopi medici, sia poi diventato dipendente da eroina.
La prova più evidente che la prescrizione di oppioidi ai pazienti con dolore cronico non è in grado di spiegare l’attuale crisi è costituita dai dati che dimostrano come i tassi di overdose da oppioidi continuano ad aumentare nonostante le significative diminuzioni nella loro prescrizione. Tra il 2016 e il 2020, i tassi di prescrizione di oppioidi sono diminuiti del 35 per cento, mentre i decessi per overdose da oppioidi sono aumentati del 38 per cento.
E allora? Se le prescrizioni di oppioidi sono state iniziate per buoni motivi clinici e sarebbero aumentate anche senza l’interesse di alcune aziende farmaceutiche e i comportamenti fraudolenti di alcune di queste per quel che riguarda i propri prodotti, e se l’aumento di prescrizioni di oppioidi, da solo, non è in grado di spiegare l’epidemia di abuso e le morti conseguenti, come sono andate le cose?
Una ricostruzione più accurata
In realtà, come sempre, è una serie complessa di eventi a essersi combinata in modo tale che si è arrivati alla crisi; questa è il prodotto, come vedremo, dello sfruttamento di una nuova “opportunità commerciale” da parte di portatori di interessi illegali, che hanno avuto e hanno un peso enormemente più importante della “cattiva” Purdue Pharma o dei medici poco scrupolosi nel comportamento prescrittivo.
Prima dell’attuale epidemia, gli oppioidi venivano prescritti principalmente per utilizzi a breve termine come il sollievo dal dolore dopo un intervento chirurgico o per le persone affette da cancro avanzato o altre condizioni terminali. Tuttavia, negli Stati Uniti, l’idea che gli oppioidi potessero essere più sicuri e dare meno dipendenza di quanto si pensasse in precedenza cominciò a radicarsi. Una lettera al direttore del New England Journal of Medicine nel 1980 riportava che su 11.882 persone ospedalizzate a cui erano stati prescritti oppioidi, solo quattro erano diventate dipendenti, ma la breve lettera non forniva prove a sostegno di queste affermazioni. Uno studio del 1986, citato ampiamente ma che coinvolgeva solo 38 persone, raccomandava l’uso degli oppioidi per trattare il dolore cronico non correlato al cancro. Oggi è chiaro come entrambi questi studi siano stati sovrainterpretati. Ma all’epoca, hanno contribuito alla percezione che gli oppioidi creassero dipendenza solo quando usati in modo ricreativo, e non quando usati per trattare il dolore.
Così, le prescrizioni di oppioidi sono aumentate gradualmente negli anni 80 e all’inizio degli anni 90. Ma è stato solo alla metà degli anni 90, quando le aziende farmaceutiche hanno introdotto nuovi prodotti a base di oppioidi, in particolare l’OxyContin, prodotto da Purdue Pharma, che tali prescrizioni sono aumentate rapidamente e l’uso degli oppioidi per il trattamento del dolore cronico è diventato diffuso. Come raccontato anche da Netflix, Purdue Pharma e altre aziende hanno promosso pesantemente i loro prodotti a base di oppioidi. Hanno fatto pressioni sui legislatori, sponsorizzato corsi di formazione medica continua, finanziato organizzazioni professionali e di pazienti e inviato rappresentanti a visitare singoli medici. Durante tutte queste attività, hanno enfatizzato la sicurezza, l’efficacia e il basso potenziale di dipendenza degli oppioidi prescritti.
Anche la struttura del sistema sanitario negli Stati Uniti ha contribuito alla prescrizione eccessiva di oppioidi. Gli oppioidi prescritti sono economici nel breve termine. I piani assicurativi dei pazienti spesso coprivano i farmaci antidolorifici, ma non approcci di gestione del dolore come la terapia fisica, molto più costosi e lunghi.
Ciò che all’epoca né Purdue Pharma, né le altre aziende interessate, né soprattutto la comunità clinica compresero, è che i farmaci prescritti spesso non venivano completamente consumati, perché la necessità clinica non lo giustificava; questo ha in breve creato uno spill-over familiare e amicale delle pillole rimaste, utilizzate al di fuori della prescrizione, creando una prima sacca di consumatori ricreazionali degli oppioidi prescrivibili.
La sacca si è rapidamente espansa, creando una domanda che era durante la prima ondata soddisfatta attraverso la sovraprescrizione poco controllata (pur quando in buona fede) e anche la prescrizione illegittima (soprattutto per simulazione dei pazienti) di farmaci allora non ritenuti particolarmente pericolosi; ecco perché, come si spiegava all’inizio, molto rapidamente si è differenziata la demografia media dei consumatori e dei morti per uso ricreativo degli oppioidi prescrivibili, da quella dei pazienti trattati in maniera legittima con oppioidi effettivamente prescritti da un medico.
A seguito della diffusione di abuso di oppioidi prescrivibili, si arrivò intorno al 2010 a una stretta nelle prescrizioni e alle prime indagini sulle aziende che avevano utilizzato tecniche aggressive e fraudolente di marketing. In seguito alla difficoltà crescente nell’approvvigionamento di oppioidi prescrivibili, il consumo si spostò quindi su oppioidi di tipo classico, in primis l’eroina, dando origine alla seconda ondata. Questo spiega sia il dato precedentemente discusso riferito dai consumatori abituali di eroina, che descrivevano un loro frequente iniziale abuso di oppiacei prescrivibili, sia l’esplosione di abuso di eroina e le conseguenti morti prevalenti da eroina nella seconda ondata di epidemia degli oppioidi.
Questo è durato finché i cartelli messicani del narcotraffico, ovvero i maggiori esportatori di droga negli Usa, hanno acquisito un’innovazione tecnologica e di mercato che ha dato origine alla terza e più letale ondata epidemica di oppioidi negli Usa. Grazie a questa innovazione, i cartelli hanno abbandonato gli oppioidi tradizionali, il che si è riflesso in una diminuzione di oltre il 50 per cento della quantità di campi di papaveri da oppio distrutti dalle autorità messicane negli ultimi anni.
L’innovazione di cui si discute è consistita nell’acquisizione della capacità di produrre su scala industriale gli oppioidi sintetici, a cominciare dal fentanyl. Con l’uso del fentanyl, i cartelli non hanno più bisogno di coltivare oppio o fare affidamento sulle comunità rurali autoctone o in posti come l’Afghanistan. Il fentanyl è leggero, discreto e facile da produrre e trasportare. Può essere confezionato come una semplice pillola innocua. Inoltre, il fentanyl può essere facilmente aggiunto ad altre droghe più costose, potenziando di molto gli effetti di quelle, ma diminuendo il costo sia per il produttore che per il consumatore finale. Per questi motivi, come risulta dalla loro sempre più frequente individuazione, i narcotrafficanti messicani, e principalmente il potente cartello di Sinaloa, fanno ormai diffusamente affidamento su enormi laboratori di scala industriale per produrre oppioidi sintetici, fra cui principalmente fentanyl e alcuni suoi derivati ancora più potenti e pericolosi.
La terza ondata è visibile negli effetti devastanti di questa nuova politica commerciale dei narcotrafficanti: basta una sola compressa di fentanyl per uccidere, ed è proprio ciò che sta accadendo sempre più frequentemente in tutto il continente americano.
A complicare le cose, ci si mette anche la geopolitica, spesso intrecciata con le vicende del mercato internazionale (legale o illegale poco importa).
Dall’inizio della terza ondata, quindi sin dal 2013, la Cina è stata la principale fonte di fentanyl che inonda il mercato illegale delle droghe negli Stati Uniti, o degli agenti precursori da cui il fentanyl viene prodotto, spesso in Messico, alimentando la più letale epidemia di droga nella storia degli Stati Uniti. Sia l’amministrazione Obama che quella di Trump hanno spinto per convincere la Cina a contrastare l’approvvigionamento di fentanyl dalla Cina agli Stati Uniti attraverso il Messico, con la Cina che ha annunciato finalmente nell’aprile 2019 che la produzione, la vendita e l’esportazione di tutte le droghe della classe del fentanyl sono vietate, ad eccezione delle aziende autorizzate a cui il governo cinese ha concesso licenze speciali.
Ma, nonostante le intenzioni annunciate, la Cina non è stata finora in grado di controllare effettivamente il traffico di fentanyl e dei suoi precursori, anche perché le aziende che vi sono implicate sono spesso alla base di un rilevantissimo fatturato; e così si spiega come mai, persino negli ultimi colloqui fra l’amministrazione Biden e quella cinese, il blocco del commercio illegale di fentanyl sia stato al centro di recentissime schermaglie diplomatiche.
Tiriamo le somme
Come a questo punto dovrebbe essere chiaro, nonostante le notevoli colpe di alcune aziende farmaceutiche e delle criminali politiche di marketing e di corruzione impiegate per promuovere certi prodotti, l’origine dell’aumento di prescrizione degli oppioidi negli Usa è ben lontana dal poter spiegare le ragioni dell’epidemia di oppioidi e di fentanyl negli Usa.
Credere che il problema sia risolvibile semplicemente punendo tali aziende e tutte le altre che eventualmente dovessero macchiarsi di atti simili (una punizione, intendiamoci bene, non solo dovuta ma auspicabile) è un’ingenua semplificazione che può certamente soddisfare il credo anticapitalista o il semplicistico giustizialismo di qualcuno, ma non può portare all’uscita dalla crisi in atto.
Una volta riconosciute le vere cause della sovraprescrizione medica degli anni 90, da ricercarsi soprattutto nella bene intenzionata attitudine dei medici verso il trattamento del dolore di cui ovviamente ha approfittato qualche industria, la conoscenza medica è avanzata al punto sufficiente da rendere molto più accurata la prescrizione e molto più appropriato alle condizioni giuste il trattamento con oppioidi, che restano una classe di farmaci utile secondo scienza e coscienza medica.
Invece, la crisi è soprattutto un problema di mercato criminale, dovuta allo spostarsi della produzione di droghe da prodotti tradizionali ad altre usate anche dai medici per ragioni legittime; questo fenomeno, come ho tentato di illustrare, è complesso, e ha persino degli intrecci geopolitici di non poco conto.
Se un farmaco è prodotto illegalmente e venduto come droga, non per questo la medicina può rinunciarvi, e al contempo dovrebbe essere chiaro che criminalizzare l’uso medico o le aziende produttrici non fermerebbe affatto un fenomeno che è soprattutto illegale nella sua radice, e dunque già criminale. Se lo si facesse, si andrebbero a colpire delle finte cause, rendendo al contempo un inferno la vita di molti pazienti, rinunciando, in una volta sola, sia a scienza che a coscienza.