Il voto
Riad stravince l'Expo 2030: Roma scavalcata anche da Busan. Le ragioni di una sconfitta
I sauditi prendono 119 voti ed evitano anche il ballottaggio. Roma si ferma a 17, dodici preferenze in meno della capitale coreana. Il presidente del comitato promotore Giampiero Massolo: "C'è stata una deriva mercantile"
Alla fine si è capito perché a Parigi Giorgia Meloni ha preferito non andare. Con soli 17 voti raccolti Roma non solo non ospiterà l’Expo del 2030, ma nella corsa all’assegnazione dell’evento si è piazzata addirittura terza, con 12 voti di scarto dalla coreana Busan che ha raccolto 29 preferenze. Mohammad Bin Salman lo aveva promesso: l’Arabia Saudita vincerà al primo turno. Detto, fatto. Con 119 voti per Riad non c’è stato neanche bisogno del ballottaggio. Se era “uno scontro di civiltà”, come diceva ieri l’ex sindaca grillina di Roma Virginia Raggi, è finita malissimo. Come l’Expo 2020 a Dubai, i mondiali di calcio 2022 in Qatar, quelli del 2034 sempre in Arabia Saudita, anche l’Expo del 2030 volerà nel Golfo. “E’ una deriva mercantile”, quasi imprecava il presidente del comitato promotore della candidatura di Roma, l’ex ambasciatore Giampiero Massolo, che però forse non basta a spiegare il flop. Come non basta dire che Milano nel 2006 se la vedeva solo con la candidatura, assai più debole, della turca Smirne.
I numeri di Roma fanno impressione e vanno oltre le aspettative negative. Sono meno, molti meno, dei paesi membri della Ue. La Francia, si sapeva, ha votato Riad. Le Figarò spiegava che in caso d’improbabile ballottaggio tra Roma e Busan avrebbe scelto la città coreana. Persino la “sorella” Albania ci ha tradito. “L’Europa si è spaccata”, denunciava Massolo. Di certo l’Italia non l’ha saputa unire. Roma scontava il fatto che l'Italia ha ospitato l’ultima esposizione solo 15 anni prima, il tempo minimo per presentare una nuova candidatura. Ma le avversarie avevano un problema analogo con le ultime edizioni che si sono svolte o si svolgeranno in quelle aree geografiche: l’Expo 2020 a Dubai, mentre quello del 2025 sarà in Giappone, a Osaka. Logica avrebbe voluto riportare la manifestazione in Europa. Per farlo però questa volta serviva un progetto all’altezza della sfida. Non è tutta colpa di una città che rimane eterna, ma fa tanta fatica a diventare odierna. Non solo almeno. Riad ha investito quasi 8 miliardi di euro per promuovere la sua candidatura, una mezza manovra finanziaria. Per Mbs anche per una questione di date era una sfida cruciale. Il 2030 è l’anno orizzonte della sua Vision. Il principe ereditario mira davvero a celebrare con l’evento il suo “Rinascimento”. Un assaggio lo si è avuto questo pomeriggio durante la presentazione della candidatura: venti minuti ultra avveniristici. Tecnologia e ammicco inclusivo. Altro che società antica e anti femminile. Nei tre video promozionali che scandivano la presentazione c’erano bambini di tutti i colori, donne senza velo, occidentali integratissimi (Cristiano Ronaldo, il più grande brand umano in circolazione, diceva: “Riad è magnifica”) e città iper tecnologiche in cui persino i robot sono simpaticamente accolti da una comunità di umani bianchi, neri, gialli. Mbs non c’era, a parlare sono state invece due donne: Ghida Al Shibl, del comitato promotore e la principessa Haifa Al Mogrin, rappresentante permanente dell’Arabia Saudita all’Unesco. Propaganda sì, ma con odore di futuro. Quello che mancava alla candidatura di Roma, pensata nel 2021 dall’allora sindaca grillina Virginia Raggi alla ricerca di un riscatto dopo la rinuncia di inizio mandato alla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024.
Governo e comune nelle ultime settimane hanno cominciato a crederci sempre meno. A Parigi ha cominciato a circolare la voce di un ritiro anticipato di Roma. I sauditi intanto hanno organizzato eventi nella capitale come il Saudi Village a settembre alla casina Valadier di villa Borghese e hanno persino tolto la scritta SPQR dalla maglia dell’As Roma sponsorizzando la squadra giallorossa con la scritta “Riad season”. Il giorno prima del voto il ministro Adolfo Urso era proprio a Riad per cercare di raccogliere fondi. Tempistica quanto mai infelice. A differenza nostra invece i coreani, pur consapevoli di non poter vincere ci hanno creduto fino alla fine. Almeno per evitare la figuraccia. Il presidente coreano Yoon Suk-yeol è stato cinque giorni a Parigi. Alla presentazione Busan si è giocata la carta dell’ex segretario delle Nazioni unite Ban Ki-monn e del capo di Sk Group, uno dei due principali conglomerati dell’industria tecnologica. L’Italia rispondeva con la moglie di Sting, Trudie Styler, che diceva quant’è bella l’Italia per i forestieri, Sabrina Impacciatore che lodava Mamma Roma che accoglie tutti e Jannik Sinner che leggeva in imbarazzo uno stringato messaggio a favore di webcam. Anche fuori dal palazzo eravamo i più deboli. Sauditi e coreani coloravano la strada, gli italiani non c’erano. Altro che understatment, la paura di una sconfitta che alla fine ne ha amplificato la portata. L’unico a salvare la faccia, o meglio il pizzetto, è il governatore della Regione Lazio Francesco Rocca. In caso di vittoria aveva promesso di fare come Mauro Camoranesi fece con la sua coda di cavallo ai mondiali del 2006. Zac. Pericolo scampato.
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