L'intervista
“Hamas ci ha riportato all'esilio”. Intervista a Yossi Klein Halevi
Biden è “commovente”, ma in molte parti dell’Europa c’è “un collasso morale”, dice l'intellettuale e giornalista israelo-americano
“Mai prima d’ora la società israeliana aveva sperimentato qualcosa di simile all’intensità emotiva di questo momento”. Yossi Klein Halevi, l’intellettuale di origine americana che vive a Gerusalemme, editorialista per testate internazionali, sta scrivendo un nuovo libro sulla sopravvivenza ebraica. Per gli israeliani, la liberazione degli ostaggi è la cartina di tornasole della credibilità come stato ebraico. “L’imperativo religioso del ‘pidyon shvuyim’, la redenzione dei prigionieri, aiutò gli ebrei a sopravvivere in migliaia di anni di esilio”, dice al Foglio Klein Halevi. “Gli israeliani prigionieri del nemico sono un insopportabile promemoria dell’impotenza dell’esilio, una minaccia alla promessa sionista di autodifesa ebraica”.
Nel 1976, i commando israeliani liberarono un centinaio di israeliani tenuti prigionieri dai dirottatori nell’aeroporto di Entebbe. “Oggi, non esiste un salvataggio simile a quello di Entebbe. Siamo stati invece costretti a sospendere la guerra contro Hamas e a rilasciare i prigionieri detenuti per motivi di sicurezza, alcuni dei quali terroristi, ricevendo in cambio solo una liberazione parziale dei 240 ostaggi sequestrati da Hamas. La nostra incapacità di salvarli non fa altro che prolungare l’agonia – e la vergogna – del massacro del 7 ottobre”.
Nonostante il sollievo per la restituzione degli ostaggi, soprattutto dei bambini, c’è poco da festeggiare. “Gli israeliani sanno che la nostra sopravvivenza a lungo termine in una regione ostile dipende dalla deterrenza militare”, continua Yossi Klein Halevi. “Il 7 ottobre è stato un colpo fatale alla credibilità deterrente di Israele, perché ci è stata inflitta la peggiore sconfitta della nostra storia dal nostro nemico meno formidabile. Eppure Israele non ha solo bisogno di ripristinare la propria credibilità militare nella regione. Deve anche ripristinare, all’interno della propria società, la credibilità dell’etica della solidarietà, minata dal fallimento dell’esercito nel salvare le vittime del massacro. Nella nostra ossessione per ogni dettaglio del loro ritorno a casa c’è una riaffermazione della nostra solidarietà, un riconoscimento che solo come una famiglia possiamo sopravvivere in una regione che ci vede come odiati stranieri”.
Hamas è astuto. “Un nemico intelligente, c’è un ricatto emotivo, ma è un momento in cui un paese si definisce, non possiamo lasciare dei bambini nelle mani di Hamas e la maggioranza degli israeliani crede che non abbiamo altra scelta”. Questa volta sarà dura fermare Israele: “Anche nel Partito democratico c’è una grande pressione dalla parte woke. Joe Biden sta resistendo e sono commosso dalla sua integrità. Sa che è una guerra contro il male”. Diverso è nel resto dell’occidente. “Nell’occidente post religioso, le persone hanno perso la capacità di parlare di bene e male, e il vecchio linguaggio religioso e filosofico è stato rimpiazzato dalla retorica vuota dell’accademia”, continua Klein Halevi. “L’accademia occidentale negli ultimi decenni ha cercato di sostituire la morale con la retorica post coloniale e intersezionale, che è una morale fake. Israele in questa morale non può essere innocente. Per definizione, l’esistenza di Israele è un crimine e non ha diritto di difendersi. Siamo in un momento in cui Hamas è visto da pezzi dell’occidente e dei progressisti come preferibile rispetto a Israele. E’ una patologia che va ben oltre il dibattito politico, è un collasso dell’integrità morale dell’occidente. In questa atmosfera, Israele non può fallire, perché se fallisse finirebbe come l’occidente che non sa più come fare con l’islam radicale. Nell’ultimo secolo, l’occidente ha visto tre nemici esistenziali: nazismo, comunismo e ora l’islam radicale. L’occidente è stato in grado di sconfiggere i primi due e non sono sicuro se potrà sconfiggere il terzo. Parti dell’occidente hanno perso la fede nella propria civiltà, ma Israele non ha perso la fede nella propria causa. Avevamo speso l’ultimo anno a dividerci sul governo e il giorno dopo il 7 ottobre il paese si è unito”.
Intanto in Europa spiccano paesi che sembrano fare a gara in attacchi a Israele. Il premier irlandese Leo Varadkar ha scritto su una bambina israeliana, Emily Hand di nove anni, scambiata due giorni fa da Hamas con alcuni terroristi nelle carceri israeliane: “Una bambina innocente si era persa e ora è stata ritrovata”. Persa? “Rapita” era meglio. “L’Irlanda è la peggiore per la dichiarazione del suo primo ministro, un classico momento di perversione morale”, conclude Klein Halevi. “L’Irlanda mi sembra davvero in bancarotta morale. Poi vengono Belgio e Spagna, i cui primi ministri hanno tenuto una conferenza vergognosa a Rafah, nello stesso momento in cui gli ostaggi israeliani venivano scambiati con Hamas. Il belga De Croo e lo spagnolo Sánchez hanno tirato addosso la colpa su Israele”.