Storture internazionali
Perché i repubblicani americani vogliono negare all'Ucraina i fondi per difenderci tutti
Putin va negli Emirati Arabi e in Arabia Saudita, accoglie il presidente iraniano e strazia l'Ucraina. I conservatori americani sono sordi agli appelli di Kyiv, alla difesa dei valori e persino ai ricchi contratti per le forniture di armi. La riluttanza ideologica che ci mette tutti in pericolo
La contraerea ucraina ha intercettato dieci dei 17 droni Shahed di fabbricazione iraniana lanciati ieri mattina; due persone sono state uccise ieri in un attacco russo a Kherson, nell’Ucraina centro-meridionale; oggi Vladimir Putin sarà negli Emirati Arabi Uniti e in Arabia Saudita – dove non può essere arrestato perché questi paesi non sono membri della Corte penale internazionale – per discutere del conflitto mediorientale (la Russia sostiene Hamas) e delle relazioni bilaterali; domani a Mosca arriva il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, per parlare con il suo alleato russo di come contrastare le sanzioni occidentali. Lunedì Putin ha minacciato la Lettonia: se Riga continuerà la politica “discriminatoria” contro la popolazione russofona, ne subirà le conseguenze.
E noi da settimane parliamo di: controffensiva ucraina perduta; liti tra il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e il generale Valerii Zaluzhny; deriva autoritaria di Zelensky; fiducia interrotta tra Stati Uniti e Ucraina in seguito a dissapori militar-strategici; alleati abbandonati. In queste chiacchiere rivolte al passato, mischiate con sassolini nelle scarpe e pettegolezzi, si perde soprattutto il Partito repubblicano che pure dice di avere come nemico numero uno l’Iran, che si fa custode dell’essenza dell’America, che dice di essere in grado di garantire la sicurezza di tutto l’occidente. Quel Partito repubblicano che vuole sottomettere gli aiuti militari a Kyiv a un negoziato sul confine sud del paese – contro la fantomatica carovana di migranti che assale l’America – facendo prevalere una questione domestica a una minaccia esistenziale per l’Europa (e quindi per l’America).
A Washington è arrivata una delegazione ucraina che ha incontrato i parlamentari americani per spiegare perché il sostegno a Kyiv è vitale non soltanto per l’Ucraina. Zelensky avrebbe dovuto collegarsi in una videoconferenza con i senatori – il pacchetto di aiuti che comprende anche 61 miliardi di dollari destinati all’Ucraina è previsto per oggi al Senato, ma l'appuntamento con il presidente ucraino è saltato – per ribadire che se il sostegno cala, la difesa dall’aggressione russa si indebolisce e questo ha conseguenze per tutti, non soltanto per il paese che pure paga da solo il tributo umano contro la brutalità russa: i nuovi fondi servono subito, mentre ancora devono essere consegnate le armi (e gli aerei) promessi quest’anno.
Il presidente Joe Biden ha fatto appello ai valori degli americani – è la difesa della libertà di tutti, non solo degli ucraini – visto che il Partito repubblicano si vanta di essere il custode dell’eccezionalismo americano, cioè della difesa della libertà e della democrazia. Di fronte alla sordità conservatrice sui valori, Biden ha fatto appello ai portafogli: i contratti più ricchi per le forniture militari riguardano per lo più stati rossi, cioè repubblicani, o elettoralmente in bilico (2,3 miliardi in Arkansas; 2,1 in Arizona; 2 in Pennsylvania; 1,5 in California; 1,5 in Texas; 1,1 in Florida; 945 milioni in Alabama).
Il messaggio è chiaro: se i valori non contano, se i guadagni non contano, allora la riluttanza è ideologica, ma aiuta la Russia, l’Iran, Hamas, i nemici di Israele la cui difesa, per i repubblicani, è la priorità di politica estera. Il senatore democratico del Connecticut Chris Murphy ha sintetizzato l’esito di questo ostruzionismo pericoloso: “Comprendo la conseguenza della tattica dei repubblicani ed è Vladimir Putin che marcia dentro l’Europa”.