(foto EPA)

L'editoriale dell'elefantino

La storia giudicherà gli amici di Hamas

Giuliano Ferrara

Quando i terroristi saranno sradicati, gli storiografi dibatteranno dell’ipocrisia degli indignati per il diritto di Israele a difendersi. E di come gli unici rimasti a sostenere i predoni fossero in occidente

Difficile che gli storici della guerra di Gaza, originata dal pogrom del 7 ottobre, si interessino più di tanto alla sponsorizzazione da parte di Puma della Nazionale israeliana di calcio; e anche dei campus, delle manifestazioni affollate nelle piazze europee e americane, probabilmente resterà poco. Gli storici rileveranno probabilmente la grande ipocrisia politica che circonda i fatti. Si domanderanno se Israele avesse un’alternativa alla risposta bellica di cielo di mare di terra, se potesse evitare di formare un governo di unità rinviando al dopo la questione delle responsabilità per la mancata tutela delle vite israeliane, ebree, distrutte, e si risponderanno di no, che un’alternativa seria non c’era, e che anche i critici della risposta di Israele alla domanda: e allora che fare? non hanno mai avuto una risposta convincente.

 

La tragedia umanitaria sarà considerata, documenti e testimonianze alla mano, come un risultato inevitabile, temibile, disperante, della strategia di Hamas, che su quello puntava, nonostante gli sforzi prevedibili di Tsahal per evitare l’effetto carneficina, per alimentare una delegittimazione di Israele già in corso da anni con i boicottaggi, i tentativi di isolamento, le campagne sull’uomo nero Netanyahu e altre bellurie fatte per colpire un paese diviso politicamente e civilmente, che ha votato tre o quattro volte in pochi anni e fu teatro di manifestazioni che mettevano in discussione, nel momento rivelatosi peggiore, la natura democratica dello stato.  La parte più facile del lavoro storiografico sarà quella riguardante la sconfitta di Hamas, che a Israele è costata lutti ulteriori, coraggio da vendere, la paralisi di una generazione demografica, e un alternarsi di ferocia militare e di umanitarismo verso le popolazioni civili, alla caccia per di più della liberazione degli ostaggi dal ricatto dei predoni. Hamas è stata blandamente fiancheggiata dall’Iran e dai suoi emissari di Libano, Siria, Yemen, Cisgiordania, anche per effetto della benedetta dissuasione israelo-americana, ma per il resto sulla sconfitta di Hamas hanno puntato tutti gli agenti decisivi della regione.  

 

La volevano gli egiziani, terrorizzati dalle attività dei Fratelli musulmani compagni di cordata di Hamas, che ne è anzi espressione; i giordani, che nonostante ospitino la maggior parte della popolazione palestinese non si peritarono con Settembre nero di sterminarne una parte consistente in giornate tragiche anch’esse come quelle di Gaza; la sconfitta di Sinwar e soci la volevano i sauditi, gli emirati, forse perfino il Qatar che ospita e paga chi non contraddice il suo statuto di mediatore arraffone, ma per il resto se ne frega. E russi e cinesi hanno fatto la voce grossa, si sono accodati all’ente inutile e dannoso che si chiama Onu per nutrire il loro sogno multipolare di un nuovo sud del mondo da scatenare contro l’occidente in declino (Lavrov), ma quanto ai musulmani le loro politiche si conoscono in Cecenia e con gli uiguri.

Unico alleato di Hamas è risultato, in nome di una questione palestinese che non c’entra un tubo e che la guerra di Gaza dopo il 7 ottobre ha peggiorato di molto, altro che due popoli e due stati, il partito decadente di un occidente stanco aizzato dai peggiori istinti ideologici che si ricordino. Un po’ poco per Hamas, che è alla vigilia dello sradicamento necessario a qualunque prospettiva di tregua. Altro che tregua. 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.