Dopo il 7 ottobre
E gli ostaggi? Lo stallo nei rilasci e il prezzo della notorietà di Noa
"Quando mi stendo sotto le coperte nel mio letto penso alle oltre 130 persone che da due mesi dormono in chissà quali condizioni”. Parla l'amica di Noa, la giovane israeliana divenuta tristemente nota per il video del suo rapimento da parte dei terroristi di Hamas
Tel Aviv. Liora Argamani è malata terminale con un cancro al cervello al quarto stadio. Noa Argamani, 25 anni, è la sua unica figlia. Dal 7 ottobre, tutto il mondo conosce la storia e il volto impaurito della ragazza israeliana con gli occhi a mandorla – la signora Argamani è cinese – rapita da Hamas al Nova Festival, tra i campi di Reim, vicino alla Striscia di Gaza. In un video tra i primi rilasciati dalla fazione islamista, si vede Noa caricata di forza su una moto dai terroristi mentre urla “non uccidetemi!” e tende le braccia verso il fidanzato Avinatan Or, preso nelle stesse circostanze. Liora Argamani non sa quanto tempo le resta da vivere. La sua situazione si è aggravata con la disperazione e la paura per il destino della figlia. Il suo unico desiderio è vedere la sua Noa tornare a casa. L’ha lasciato detto in un video messaggio, pensato anche come testamento. “Voglio dirti che se non ti rivedrò, sappi che abbiamo fatto tutto il possibile per farti rilasciare velocemente. E che il mondo intero ti ama”.
Oggi è Tal Indepurker, amica di famiglia degli Argamani, a diffondere la storia di madre e figlia, per riaccendere i negoziati in stallo dall’inizio di dicembre: “Parlo arabo, spagnolo e inglese. Mi rivolgo a persone in tutto il mondo attraverso i social media. E troppo spesso mi imbatto nel totale malinteso del conflitto e della situazione. Che è complicata. Non possiamo semplicemente smettere di bombardare Gaza. Ci sono valori superiori e c’è un motivo che ha scatenato questa guerra”. La prigionia sotto Hamas, sottolinea, “non è un hotel. Sono assassini di oltre 1.200 esseri umani, tra cui neonati”. Ogni notte, racconta Indepurker al Foglio, fatica a prendere sonno “per i sensi di colpa”: “Quando mi stendo sotto le coperte nel mio letto penso alle oltre 130 persone che da due mesi dormono lontane da casa, senza avere nemmeno un giaciglio, buttati su un pavimento, in chissà quali condizioni”. Noa Argamani, in quanto giovane donna, sarebbe dovuta essere su una delle liste di Hamas per la liberazione degli ostaggi, secondo gli accordi con Israele mediati dal Qatar e poi infranti dal gruppo di Gaza. “Penso che la notorietà di Noa abbia giocato a suo sfavore. Sicuramente – è la sua interpretazione – i terroristi conoscono la situazione della madre. Quello che ritengono essere il suo valore in termini di moneta di scambio potrebbe aver spinto Hamas a volerla tenere ancora prigioniera, per strappare migliori condizioni”. Ma poi aggiunge: “A volte, è solo questione di sfortuna. Non so come ragionano e in base a cosa hanno fatto le loro scelte”.
I negoziati sul rilascio degli ostaggi non sono più decollati e Israele è convinto che aumentare la pressione militare sia l’unico modo per piegare Hamas. Fonti egiziane hanno però detto che lo stato ebraico avrebbe sollecitato il Cairo e Doha a intervenire per mediare un nuovo accordo. Intanto il portavoce di Tsahal Daniel Hagari ha reso pubblico che i cadaveri di due ostaggi, la 28enne Eden Zakaria e il 36enne Ziv Dado, sono stati recuperati dalla Striscia e trasferiti all’Istituto di medicina legale per l’esame forense.