Il documentario
La Fondazione di Spielberg raccoglierà le testimonianze dei sopravvissuti. Contro l'oblio
"Era dai tempi della Germania degli anni 30 che non vedevo l’antisemitismo non più nascosto, in agguato, ma orgoglioso con le mani sui fianchi come Hitler e Mussolini”, ha spiegato il celebre regista. Ed è per questo che ha pensato al progetto per documentare l’“indicibile barbarie”
La superiorità del cinema sulle altre arti dello spettacolo è data dal fatto che, al cinema, nessun somaro da loggione si potrà mai alzare a ragliare stupidaggini; così che quando, un giorno nel futuro, venissero proiettate per renderle note a tutti le testimonianze dei sopravvissuti al pogrom del 7 ottobre, i maniaci sentimentali amici di Hamas potranno al massimo ragliare il proprio antisemitismo nella melma dei social. Come del resto hanno già iniziato a fare, sparuti ma scommettiamo che lo zoo aumenterà, a commento dell’iniziativa della USC Shoah Foundation di Steven Spielberg che ha deciso di raccogliere proprio quelle testimonianze, per ora sono già più di 130. “È ora di boicottare tutti i suoi film e anche gli altri lavori”, intendendo appunto la Fondazione, ha scritto un solerte loggionista di Hamas. E chissà se boicotteranno anche il remake del Colore viola, che sta per arrivare nelle sale.
Ma anche Spielberg sa che non sempre il cinema può essere superiore alla forza di puro e nudo documento delle immagini, come dimostra Monaco, il film in cui ha raccontato la storia tragica ed epica della vendetta di Israele per l’attentato alle Olimpiadi del 1972 e che è probabilmente il meno riuscito della sua enorme carriera. Per questo esiste la forza delle immagini in sé, la forza del vero, che può essere più potente anche dei tentativi di negare, “contestualizzare”, i fatti. È per questo che dal 1994 il regista ha iniziato a raccogliere testimonianze, interviste, immagini e parole dei sopravvissuti alla Shoah e ora l’archivio della USC Shoah Foundation – significativamente si chiama “The Institute for Visual History and Education” – è il più ricco patrimonio esistente al mondo di questo tipo di documenti. “Non avrei mai immaginato di vedere una barbarie così indicibile contro gli ebrei nel corso della mia vita”, ha detto Spielberg alla sua Fondazione poche settimane dopo il 7 ottobre: “Lo trovo molto, molto sorprendente, perché l’antisemitismo è sempre esistito… ma era dai tempi della Germania degli anni 30 che non vedevo l’antisemitismo non più nascosto, in agguato, ma orgoglioso con le mani sui fianchi come Hitler e Mussolini”, ha detto. Ed è per questo che ha pensato al progetto per documentare l’“indicibile barbarie” del 7 ottobre attraverso la voce dei sopravvissuti al massacro di Hamas. Significativamente queste testimonianze verranno aggiunte alla raccolta di quelle dei sopravvissuti allo sterminio nazista.
Forse nessuno come Spielberg, nel cinema contemporaneo, conosce meglio il potere delle immagini di fissarsi nelle coscienze, di farsi memoria e forza di educazione. Ma proprio perché lo conosce questo potere capisce anche il grande rischio, già così attuale, che la memoria di questo massacro possa essere neutralizzata e cancellata. Come ha detto al Memoriale della Shoah di Milano Liliana Segre: “Io penso che nel giro di cinquant’anni la Shoah sarà una riga in un libro di storia e poi non ci sarà neanche quella”. Spielberg sa bene che persino i film sulla Shoah potranno essere mistificati (non sono stati forse esposti cartelli che capovolgevano la figura di Anna Frank?), ma il potere del documento è superiore. Tra le prime testimonianze raccolte c’è quella di Shaylee Atary Winner, fuggita dal kibbutz Kfar Aza con il suo bambino di quattro settimane la mattina del 7 ottobre: “Mi sono detta: ‘Shaylee, pensa ai film sull’Olocausto’”. La sua voce sarà disponibile per sempre, vera come oggi. Tutte le volte che l’antisemitismo tornerà “orgoglioso”.