rimandi storici

La conferenza di Putin è stata la perfetta kermesse di un dittatore modello anni Trenta

Giuliano Ferrara

Anche i dittatori europei degli anni Trenta credevano di aver già vinto, e invece... Qualcuno che resista sul serio però ci vuole, e non possono essere sempre i soli inglesi

La conferenza stampa di Putin è perfetta. Uno che può mandare al fronte e a morire 350.000 giovani russi, senza che alcuno si permetta di discutere le sue decisioni, nel tripudio dei media di stato, con canti balli e kermesse più o meno oceaniche, può ben tenere una conferenza stampa dai toni spavaldi. Uno che può far morire migliaia di civili e militari ucraini in nome della denazificazione di un paese che ha scelto l’Europa democratica, uno che può fare una strisciante carneficina di cui non renderà conto finché è al potere, e che può farlo con l’appoggio di un partito comunista della seconda potenza mondiale, di Kim Jong Un, degli ayatollah di Teheran e il gioco di sponda di Orbán ed Erdogan, ci mette poco a salire in palchetto e impartire lezioni di Realpolitik.

 

La sua retorica, in un paese ammutolito dal patriottismo di stato e dalla spietata repressione di ogni dissenso, era stata già messa alla prova in Cecenia, in Georgia, in Crimea e in azioni banditesche di vario conio per la penetrazione del Donbas, e che dire del suo ruolo in Siria e in Africa? Le sanzioni e la reazione di Europa e America, gli aiuti all’Ucraina con il contagocce, come dice lui “a sbafo”, l’ambiguità di Netanyahu (a sue spese, come s’è visto) e di Trump, che incalza a spese di tutto l’occidente, gli consentono questo e altro. 

 

Anche la scelta dei tempi è stata perfetta. La guerra di reazione al 7 ottobre a Gaza ha creato un evidente squilibrio. La guerra dei trumpiani nel Congresso Usa lo ha completato. Il cosiddetto sud del mondo va per i fatti suoi, pensa sia possibile lucrare spazi nel disordine americano e occidentale causato dalla guerra in Europa. Quanto è stato fatto per la dipendenza energetica dalle sue risorse, sue personali, e la nuova linea della Germania, della Svezia e della Finlandia, e la combattività polacca e altri straordinari atti di solidarietà non compensano le autolimitazioni delle democrazie pensanti, discutidore, aperte. Il fattore P è peggio del fattore K.

 

Gli oligarchi, anche quelli gradassi, si sistemano in volo. Non c’è bisogno di un ufficio politico o di un comitato centrale. La tendenza a riscrivere la storia c’è sempre stata, in quel paese. Le purghe sono software, ormai, e peggio per Navalny e gli altri del polonio. La sua grande letteratura autorizza piagnistei, vittimismi, eroismi di tutte le fatte. Voleva fare l’agente segreto, lui, e c’è riuscito, dice affettando di doversi perfezionare nel gioco degli scacchi alle prese con un bambino impertinente alto un metro.

 

I dittatori europei degli anni Trenta nutrivano le stesse sicurezze, sebbene avessero ambizioni decisamente maggiori e dalle conseguenze maggiori. E’ poi successo quel che si sa: hanno perso la partita che sembravano avere in mano. Qualcuno che resista sul serio però ci vuole, e non possono essere sempre i soli inglesi. La partita si giocherà nelle elezioni americane, è evidente a tutti, a lui per primo che sa come votare in quelle elezioni per antica esperienza. Quanto a noi, all’Europa dei liberi e forti, cosiddetta, dobbiamo prendere lezioni dai tedeschi, finché duri il paradosso.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.