Il colloquio
Dall'Ucraina al Mes. Fidarsi dell'Europa conviene. Parla Tajani
Nei pressi di Palazzo Chigi incontriamo il ministro degli Esteri. Una chiacchierata sui grandi temi: il Patto di stabilità da limare. Ursula da premiare. E poi Trump: "Non tifiamo per nessuno, con Blinken si lavora bene". Ci conferma che l'europeismo ci salverà
Vale se pensi all’Ucraina, naturalmente, ma vale anche se pensi a tutto il resto. Vale quando pensi al Patto di stabilità, dice. Vale quando pensi al Mes, aggiunge. Vale quando pensi al futuro della Commissione europea, sostiene. La logica del pacchetto, è il ragionamento sottinteso, non è quella che ti porta a dire faccio l’europeista se ho ricevuto qualcosa in cambio ma è quella che ti porta a dire faccio l’europeista perché ho in mente un disegno che riguarda il futuro dell’Unione. Intercettiamo Antonio Tajani per qualche minuto, nei pressi di Palazzo Chigi, passeggiando a piedi, e in un piccolo tratto di strada proviamo a ragionare con lui su alcuni temi, su alcuni spunti di attualità, su alcune polemiche in arrivo e su una lezione che per il vicepremier e ministro degli Esteri è chiara: dell’Europa ci si può fidare.
Tema numero uno: l’Ucraina. Ha ragione chi teme che il primo via libera all’ingresso dell’Ucraina possa essere un pericolo per l’Unione europea? “Ma non scherziamo”, dice Tajani. “Noi crediamo che l’Ucraina sia un paese che debba essere difeso con tutta la nostra forza perché quando si difende l’Ucraina non si difende solo una democrazia aggredita ma si difende un principio: non si può pensare che chi attacca gratuitamente un paese con le armi possa averla vinta e non si può pensare che la libertà di un paese possa essere sacrificata con l’arrendevolezza, con la logica del più forte che con la forza si afferma sul paese teoricamente più debole. Immaginate solo per un attimo cosa sarebbe successo in Ucraina se non ci fosse stato l’aiuto dell’occidente. Ve lo dico io cosa sarebbe successo: avremmo avuto una Russia capace di annettere l’Ucraina e poi via via altri paesi confinanti. So che c’è qualcuno che teme che l’ingresso dell’Ucraina possa cambiare alcuni equilibri, dal punto di vista del mercato interno, ma io penso che un’Europa che cresce, che sa come difendersi, che sa come diventare grande saprà anche come tutelare tutti”. Chiediamo al volo a Tajani, poco prima di inciampare su un sampietrino a due passi da Palazzo Chigi, se l’immagine dell’Unione europea che dà il suo primo ok all’ingresso dell’Ucraina in Europa senza la presenza del capo del governo ungherese, Vitkor Orbán, sia lo specchio dell’Europa che ci sarà, e su questo Tajani è netto.
“L’Europa del futuro dovrà essere a due velocità e l’assenza dell’Ungheria, dal tavolo sull’Ucraina, segna una nuova stagione, una svolta inevitabile per il domani: la fine dell’unanimità dell’Unione europea sulle partite che contano. Più ci si allarga e più si dovrà andare veloci”. Per andare veloce, chiediamo a Tajani rincorrendolo dietro un angolo, occorre però agire con intelligenza anche su altre tre partite: patto di stabilità, Mes e Commissione europea del futuro. Come si fa? “Sul Patto di stabilità vogliamo concludere positivamente ma certamente non possiamo accettare delle regole che l’Italia non può rispettare e che risulterebbero come una presa in giro nei confronti dei nostri cittadini. Prendere degli impegni che uno non può mantenere significa prendere in giro gli italiani oppure lasciare ai governi successivi un peso enorme”. D’accordo, ma che paletto vi ponete? “Scorporare alcuni investimenti, per esempio, monitorare con serietà i tempi di rientro del debito e ricordarsi che il Patto di stabilità è un tassello del mosaico, non il mosaico intero”. Un mosaico di cui fa parte anche il Mes? Tajani sorride e sa che farà arrabbiare qualcuno. “Si parla tanto di Mes, lo so, ma il Mes è solo un tassello dell’Unione bancaria. E dopo l’Unione bancaria c’è tutto il resto: l’armonizzazione fiscale, il mercato dei capitali. Io sono favorevole alla ratifica del Mes, l’ho detto e lo ripeto, ma mi piacerebbe che chi oggi dice sì Mes fosse così coraggioso da ragionare non sul dettaglio ma sul contesto, sull’orizzonte, sul futuro dell’Europa”. Prima però, ricordiamo al vicepremier, bisognerebbe convincere la propria maggioranza. “Usciamo dalle ideologie. Ragioniamo sui fatti. Il Mes oggi c’è già, esiste già. Se un paese vuole, può già usarlo. Noi stiamo parlando del nuovo regolamento. Io ho qualche dubbio sullo strumento, perché da europeista mi sarebbe piaciuto che il Mes fosse sotto l’ombrello delle istituzioni europee non svincolato. La guida della Banca centrale europea è sottoposta al controllo del Parlamento europeo. La signora Lagarde è tenuta a riferire e a rispondere alle domande dei parlamentari mentre per il Mes non è previsto alcun controllo dal Parlamento. Il punto è questo, non altro. Ma la verità è che ciò di cui stiamo parlando è un estintore: nessuno si augura venga usato, ma se c’è un incendio meglio averlo in casa che non averlo”.
Nel futuro dell’Europa, oltre al Mes e al Patto di stabilità, c’è anche la Commissione del futuro. Si può promuovere Ursula von der Leyen? Si può pensare realisticamente a un suo bis? “Io mi sento di promuovere l’attività di Ursula von der Leyen soprattutto nell’ultima parte della sua azione. Ho avuto delle perplessità su alcune posizioni troppo accondiscendenti nei confronti dell’ex commissario Timmermans, ho avuto perplessità rispetto all’approccio scelto sui temi del Green deal, ma oggi dico che il suo approccio è da valutare positivamente. E anche per quanto riguarda l’immigrazione si sta muovendo bene. Promossa, senz’altro”. Promossa anche la Bce di Christine Lagarde? “Continuo a pensare che i tassi di interesse della Bce siano troppo alti e che più che tenerli allo stato attuale andrebbero abbassati. La nostra inflazione è diversa da quella americana, dove è stato giusto alzare i tassi. Basta aspettare, abbassiamoli e aiutiamo l’Europa a crescere come potrebbe”. L’America, giusto. La possibilità che ci siano degli Stati Uniti guidati da Donald Trump rappresenta, agli occhi del governo italiano, più una minaccia o più un’opportunità? Tajani sorride di nuovo, con lo stesso sguardo malizioso del Mes. “Manca ancora un anno, è lunga. Ma lo dico senza problemi: noi non dobbiamo fare il tifo per nessuno. Noi siamo amici degli Stati Uniti e gli Stati Uniti sono il nostro principale interlocutore qualunque sia il risultato, sia che vincano i repubblicani sia che vincano i democratici. Quello che posso dire oggi però, senza paura, è che personalmente con Antony Blinken, segretario di stato americano, io ho lavorato benissimo e sto lavorando benissimo”. L’europeismo ci salverà. Forse anche da Donald Trump.