L'analisi
Meloni e la parabola discendente di Sunak
A molti sembra che il Regno Unito stia diventando politicamente come l'Italia: 5 premier in 7 anni e numerosi rimpasti di governo dopo la Brexit. Ora la crisi dei Tory è un monito per la destra italiana
A Londra non c’è più nessuno disposto a credere al successo della politica di Sunak sul Ruanda: l’idea di trasferire i migranti in quel paese è stata sonoramente bocciata dalla Corte Suprema. Il primo ministro britannico tira dritto solo per tenere insieme un partito conservatore ormai allo sbando, ma sa benissimo che verranno prima le elezioni di un eventuale trasferimento di un solo migrante in Ruanda. Anzi, anche dentro il partito conservatore, molti credono che Sunak avrebbe fatto meglio a cogliere una delle mille occasioni per abbandonare un’idea così sfortunata dalla nascita. Rischia perfino di lasciarci la poltrona e senza nemmeno una valida ragione visto che il numero dei migranti è già sceso per altre ragioni e per le politiche di contrasto alle partenze, le uniche che funzionano. L’apparizione di Sunak a Roma si spiega con la disperazione di trovare qualcuno lontano da casa a cui l’idea del Ruanda possa piacere. Anche Meloni spera che la sua politica di outsourcing del problema migratorio verso l’Albania possa funzionare. In verità, se va bene, farà probabilmente la stessa fine della politica sul Ruanda: per ora sono stati spesi 240 milioni di sterline senza che un solo migrante abbia attraversato il mare. Anche la Meloni si rivolge a Sunak per reazione all’essere fuori dal gruppo di trazione dell’Europa.
Se avesse intenzione di prendere Londra come esempio, si ricordi che in Regno Unito quando vogliono cautelarsi dalla possibilità del declino economico e politico guardano proprio all’Italia. In ambito economico è stato appena pubblicato il rapporto sulla competitività in Uk (The Economy 2030 Inquiry) di cui hanno parlato su questo giornale Capone e Codogno e Galli: temendo il declino della produttività si guarda con timore all’esempio negativo dell’Italia negli ultimi 30 anni. Si ricordi anche che l’Italia, malgrado tutti gli sforzi, non ha la proiezione internazionale dell’Inghilterra. Londra ha certamente pagato un prezzo, ma per ora si può dire che ha superato la Brexit (molto meglio di Uk in generale). È vero che parte della finanza europea ha traslocato a Parigi e Francoforte, ma la città rimane saldamente un hub della finanza mondiale. Londra, che nonostante tutto rimane più accogliente e meno segregata di tante megalopoli, ha superato lo choc grazie agli investimenti esteri e all’export di servizi (+47 per cento dal 2016 a oggi) e tecnologie (più che della manifattura tradizionale). Londra è un esempio di come funzionano le economie di agglomerazione e attrazione: anche grazie all’insostituibile importanza della lingua inglese, si è largamente salvata rivolgendosi al resto del mondo invece che all’Europa, e paradossalmente (per chi è contro l’immigrazione) l’origine indiana del premier ne è la dimostrazione plastica.
In ambito politico si dice che Il Regno Unito stia diventando come l’Italia: 5 premier in 7 anni e numerosi rimpasti di governo dopo la Brexit. Ma c’è una differenza fondamentale: ora in Uk c’è un’opposizione pronta a governare. Ci ha messo più di 10 anni (e quattro sconfitte elettorali) ma ora è talmente in vantaggio che può perfino permettersi di essere vaga su quello che vuol fare. Il Labour di Starmer parte da un cuore di proposte progressiste – il potenziamento della sanità pubblica, l’abolizione delle leggi restrittive degli scioperi, l’abolizione della Camera dei Lords, l’abolizione dei cavilli fiscali che consentono una tassazione di favore per i fondi di private equity – corredate da altre misure che richiamano il New Labour blairiano: politiche a sostegno della crescita e delle aziende, conti pubblici in ordine, una politica estera a favore della Nato e di Israele (anche se su questo tema ci vuole prudenza e 50 deputati laburisti si sono appena ribellati alla linea di Starmer). Sull’Europa silenzio, non si torna indietro, si cerca piuttosto la semplificazione di tutte le procedure di convivenza economica che si sono così complicate con Brexit.
Per tornare a governare due sono stati i cambiamenti di posizione in questi anni. Il primo verso la tolleranza zero contro il crimine (rievocando il celebre slogan tough on crime, tough on the causes of crime, duri contro il crimine, duri contro le cause del crimine). Il secondo è il posizionamento sul tema dell’immigrazione che sta diventando sempre più restrittivo (anche se lontano anni luce dai Tory e dalle proposte illegali e reazionarie del premier Sunak e dell’ex ministra degli interni Priti Patel, appena defenestrata). D’altronde l’immigrazione è uno dei temi fondamentali dei nostri tempi, ma pur sempre gli elettori sono capaci di distinguere tra la propaganda e le misure realistiche: per questo gli slogan (che è poco più di uno slogan) del Ruanda (e dell’Albania) non funzioneranno.