L'analisi
Il Canale di Panama secco aumenta i guai della supply chain globale
Con gli attacchi degli houthi si genera un effetto farfalla che potrebbe innescare un aumento del costo dei beni e delle materie prime energetiche: tra sabato e domenica solo 56 navi mercantili sono entrate o uscite dal Mar Rosso, un calo del 35 per cento rispetto all’inizio di dicembre
L’operazione guidata dagli Stati Uniti per mettere in sicurezza le acque del Mar Rosso è un primo passo in avanti, ma è difficile aspettarsi un rapido ritorno alla normalità nel trasporto navale. Le interruzioni nelle catene di approvvigionamento sopravvivono ai fattori che le hanno innescate. Nel 2021, quando la nave portacontainer Ever Given rimase incagliata nel Canale di Suez per soli sei giorni, passarono mesi prima di riassorbire completamente i ritardi accumulati.
Attraverso il Mar Rosso passa circa il 12 per cento del commercio globale, e questa crisi arriva in un momento in cui il traffico di un altro corridoio indispensabile del commercio marittimo transoceanico, il Canale di Panama, è gravemente limitato da una siccità che ne riduce la portata.
In base ai dati analizzati da Bloomberg, tra sabato e domenica solo 56 navi mercantili sono entrate o uscite dal Mar Rosso, un calo del 35 per cento rispetto all’inizio di dicembre. Le altre (quasi 150) o hanno iniziato il viaggio per circumnavigare l’Africa, o sono ferme in attesa di istruzioni. “Una volta che avremo riscontrato l'effetto della maggiore sicurezza della navigazione nell’area le compagnie faranno una nuova valutazione, parlarne adesso è prematuro”, ha commentato Guy Platten, segretario generale della Camera internazionale per il trasporto marittimo.
Gli attacchi degli houthi rappresentano un ostacolo alle supply chain globali, con un effetto farfalla che potrebbe innescare un aumento del costo dei beni e delle materie prime energetiche. Secondo gli esperti, nei prossimi mesi l’incertezza sul trasporto marittimo, combinata con la ripresa dell’economia globale spinta dall’allentamento della stretta finanziaria delle banche centrali, potrebbe esercitare una pressione al rialzo sull’inflazione.
Negli ultimi due anni il Mar Rosso è emerso come una delle principali rotte per il commercio di gas naturale liquefatto (Gnl), con l’Europa in cerca di alternative al gas russo. Un’importanza aumentata ulteriormente quest’anno, poiché una parte dei carichi di Gnl degli Stati Uniti diretti in Asia deve prendere rotte più lunghe a causa della congestione del Canale di Panama. Adesso le navi metaniere statunitensi che puntavano verso Suez stanno modificando ulteriormente la rotta, verso il Capo di Buona Speranza. Anche due giganti europei del petrolio e del Gnl hanno annunciato che le loro navi eviteranno lo Stretto di Bab el-Mandeb, unendosi alla scelta dei principali trasportatori di container. Ieri i prezzi europei del gas sono aumentati fino al 13 per cento per poi attestarsi a un aumento del 7 per cento, mentre i futures del Brent e Wti sono aumentati rispettivamente dell’1,8 e dell’1,5 per cento. Aumenti limitati, ma solo perché in Europa e Asia gli stoccaggi sono pieni e la domanda è relativamente contenuta. Ma oltre al prezzo dei beni e alle quotazioni delle commodity, a pesare ulteriormente sul prezzo finale sarà l’aumento dei costi di trasporto, tra assicurazione e viaggi più lunghi. Gli houthi hanno già annunciato che la missione a guida statunitense non li fermerà, e che ogni 12 ore lanceranno attacchi alle navi in transito.