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La legge sui migranti apre una voragine nella Macronia
L'Assemblea nazionale approva il progetto di legge sull'immigrazione e si spacca la maggioranza: si dimette il ministro dell'Ambiente e si accendono profonde liti interne all'area di Renaissance. Il motivo è la vittoria della linea dei gollisti e dei sovranisti
Parigi. Sono le 23.22 di martedì quando la presidente dell’Assemblea nazionale, la macronista Yaël Braun-Pivet, annuncia l’esito del voto: 349 voti a favore, 186 contro. Il tormentato progetto di legge sull’immigrazione promosso dal ministro dell’Interno, Gérald Darmanin, è stato approvato al termine di un feuilleton durato diciotto mesi. Ma per la macronia nulla sarà più come prima. Doveva essere la legge simbolo dell’“en même temps” macronista, un testo equilibrato che univa fermezza e umanità, frutto di un compromesso che accontentava sinistra e destra repubblicane: si è trasformato invece in un assist politico a Marine Le Pen, che da martedì sera grida alla “vittoria ideologica” del Rassemblement national (Rn). “Una legge ispirata dall’estrema destra, votata nel panico sotto la pressione di un esecutivo che sosteneva di incarnare la moderazione. Nei quarant’anni in cui il dibattito politico francese si è concentrato sul tema dell’immigrazione, raramente un governo aveva mostrato un tale grado di compromesso con le forze che prosperano sulla designazione degli stranieri come capro espiatorio”, ha scritto il Monde in un durissimo editoriale. E ancora: “Mai un esecutivo aveva accettato che un progetto sull’immigrazione da esso concepito per tentare di unire la sinistra e la destra finisse per essere un catalogo degno di un volantino di Rn”. Il prezzo da pagare è stato troppo alto per l’esecutivo francese. Per arrivare a un accordo, i macronisti hanno dovuto accogliere quasi tutte le richieste dei Républicains, il partito gollista, che con i suoi 62 deputati all’Assemblea nazionale tiene in ostaggio la macronia, priva di maggioranza assoluta alla Camera bassa. E tra le richieste della formazione che fu di Nicolas Sarkozy figuravano anche misure che piacciono molto a Rn. Una su tutte: l’introduzione di una “preferenza nazionale” nell’accesso ai sussidi pubblici.
Con la nuova legge, infatti, gli stranieri in situazione irregolare e senza lavoro dovranno provare di essere residenti in Francia da almeno cinque anni per beneficiare delle cosiddette Apl, i sussidi per l’alloggio in case popolari o in case di proprietà. E per ottenere l’Alf (l’indennità alloggio per le famiglie affittuarie di case private non convenzionate con lo stato) o l’Als (destinata a soggetti senza figli a carico con abitazione in case private non convenzionate), i sans-papiers con un’occupazione dovranno aspettare trenta mesi. Tra le richieste dei gollisti guidati da Éric Ciotti, che da quando ha preso le redini del partito ha spostato il baricentro verso posizioni lepeniste, c’era anche la soppressione dell’Aide médicale d’État, ossia l’assistenza sanitaria statale, per i cittadini in situazione irregolare. I Républicains hanno accettato di rinunciare alla misura nel testo partorito dalla commissione paritaria, ma hanno strappato una promessa di riforma del dispositivo all’inizio del 2024. Il progetto di legge votato martedì sera comprende in compenso una restrizione dell’accesso al permesso di soggiorno “étranger malade”, straniero malato. Salvo situazioni specifiche, tale permesso, d’ora in avanti, potrà essere accordato solo nel caso in cui non esista un “trattamento appropriato” nel paese d’origine. Se il richiedente del permesso di soggiorno “étranger malade” ha risorse finanziarie giudicate sufficienti, l’assistenza sanitaria francese non coprirà le sue spese. Il trionfo della destra gollista e sovranista ha aperto soprattutto una grave crisi di governo e nella maggioranza, inedita da quando Macron è all’Eliseo. Tra i 251 deputati della maggioranza, formata da Renaissance (il partito del presidente), il MoDem (i centristi di François Bayrou) e Horizons (la formazione dell’ex premier Édouard Philippe), 59 hanno votato contro o si sono astenuti. Tra questi spicca il nome di Sacha Houlié, presidente della Commission des lois e uno dei volti più importanti dell’ala sinistra della macronia. Già martedì pomeriggio, i ministri dell’area socialista del governo avevano minacciato di dimettersi in caso di adozione di un testo troppo duro, tra cui un macronista storico come Clément Beaune, attuale ministro dei Trasporti. Il ministro della Salute, Aurélien Rousseau, ha concretizzato le sue dimissioni, non presentandosi all’abituale Consiglio dei ministri. Il suo collega alle Politiche abitative, Patrice Vergriete, non si è presentato a un appuntamento previsto nella sua agenda e tutto lascia pensare che potrebbe seguire i passi di Rousseau. Per provare a edulcorare il testo, Macron presenterà ricorso al Consiglio costituzionale, con l’obiettivo di far bocciare le misure più contestate. Ma il macronismo è ufficialmente in crisi.