Eccezionalismo inglese
Il leader del Labour Starmer va al confine con la Russia a parlare di vittoria in Ucraina
Soltanto a Londra c'è una corsa a chi è più pro ucraino. L'allineamento nella difesa dei valori, una cosa unica
Sappiamo tutti che cosa succede “quando si è morbidi” con Vladimir Putin, ha detto Keir Starmer, il leader del Labour britannico che ieri è andato a fare una visita di Natale alle truppe inglesi di stanza in Estonia nella base della Nato al confine con la Russia. Per questo, perché la minaccia russa non si estingue e non ha limiti, il sostegno inglese “è indefesso”, ha detto Starmer, che come obiettivo ha soltanto la vittoria dell’Ucraina contro l’esercito di Mosca, unica polizza per il futuro per tutti gli alleati di Kyiv.
Starmer si riferisce al tentativo di avvelenare con il novichok (lo stesso utilizzato con Alexei Navalny, che ora è scomparso: era detenuto) l’ex agente Sergei Skripal, a Salisbury, la dimostrazione che “l’influenza malevola” della Russia è da tempo molto larga, e che a lasciarla impunita, come è avvenuto con l’annessione della Crimea, diventata la base militare più rilevante dell’attuale guerra di Putin contro l’Ucraina, a essere “morbidi”, il risultato è un danno maggiore e la necessità di un intervento diventa più impegnativo. Per questo non bisogna perdere di vista l’obiettivo, che è la vittoria.
Il leader del Labour ha naturalmente un movente elettorale per andare in visita alle truppe, come un capo di governo: con tutta probabilità il Regno Unito andrà al voto nel 2024 e la popolarità di Starmer è alta – non alta quanto lo era a ottobre, prima del 7 ottobre in Israele, però ben più alta di quella del premier conservatore, Rishi Sunak. Ma una foto in mimetica alla frontiera tra la Nato e la Russia, ribadendo che la difesa dell’Ucraina è esistenziale per l’occidente, non è una buona pubblicità in tutti i paesi – non lo è, per dire, in mezza America.
Nel Regno Unito lo è, anzi Starmer e Sunak fanno quasi a gara tra chi si espone di più in difesa dell’Ucraina. David Cameron, ex premier ora ministro degli Esteri, ha fatto la sua prima visita nel nuovo incarico a Kyiv: non ha portato grandi aiuti con sé ma toni rassicuranti sì, e di questi tempi sono merce rara. Londra ha fatto da traino per tutta l’Alleanza nei due momenti di svolta dal punto di vista dell’impegno militare in Ucraina, cioè quando si è deciso di mandare i carri armati, all’inizio del 2023, e quando si è formata la coalizione degli F-16, all’inizio dell’estate scorsa. La cosa unica è che questo sostegno indefesso è perfettamente bipartisan, anzi c’è una corsa esclusivamente britannica a chi è più pro ucraino – ora e soprattutto per il futuro, il che significa non cedere alla stanchezza né alle evocazioni fasulle di una soluzione politica concordata con Putin. Lo stesso allineamento – che vale per quel che riguarda i valori da difendere contro l’aggressione violenta e terroristica, su tutto il resto destra e sinistra, come ovunque e come è normale, sono su posizioni molto diverse – ha retto anche nei confronti della crisi di Gaza: sia il governo conservatore sia Starmer chiedono un cessate il fuoco temporaneo e negoziato (cioè con condizioni che Hamas deve rispettare, a partire dalla liberazione degli ostaggi) e mentre ribadiscono che i civili palestinesi devono essere protetti e che è necessario far arrivare molti più aiuti, sottolineano che Hamas deve essere debilitato al punto da non costituire più un pericolo per Israele. E’ facile immaginare che questa posizione, in termini elettorali, sia costata più al Labour che ai Tory.
Al di là delle dinamiche interne, il Regno Unito resta un paese unico per quel che riguarda la difesa dei valori liberali. Gli Stati Uniti si stanno dividendo per ragioni ideologiche – l’isolazionismo come dottrina – e soprattutto opportunistiche – per andare contro Joe Biden, il presidente che ha allineato tutto l’occidente a protezione di Kyiv – posticipando così l’arrivo di aiuti essenziali che nessun altro paese può compensare. In molti paesi europei la dinamica è la stessa, in altri come in Italia si sfilaccia il sostegno che ha resistito fin qui. Soltanto in Germania la dinamica è simile a quella inglese, con un elemento di sorpresa in più visto che per molto tempo il cancelliere Olaf Scholz è stato tra i più recalcitranti nel modificare il proprio assetto ideologico ed economico nei confronti della Russia. Ora Scholz promette all’Ucraina di essere disposto a fare per la sua difesa anche quello che gli altri europei non vogliono fare più, introduce il meccanismo bilaterale laddove si inceppa quello unitario europeo – a causa dell’Ungheria, che della comprensione di Berlino ha beneficiato a lungo – e conferma l’impegno militare.