il caso
La Cina nega il visto al sindaco di Prato perché è stato a Taiwan
Matteo Biffoni si è visto negare i documenti per una conferenza a Shanghai dato che a febbraio ne aveva tenuta una a Taichung. Il delicato equilibrio di Prato e il potere di un consolato
Il 27 novembre scorso il sindaco di Prato e presidente di Anci Toscana, Matteo Biffoni, sarebbe dovuto essere all’Università Tongji di Shanghai a parlare di rigenerazione urbana: era stato invitato un paio di mesi prima dallo stesso ateneo cinese. Quando ha contattato l’ambasciata della Repubblica popolare cinese per le pratiche amministrative – all’epoca non era entrata ancora in vigore l’esenzione del visto che ha introdotto Pechino per incentivare i viaggi turistici brevi dall’Italia – “ci siamo sentiti rispondere, molto cordialmente, che con un timbro di Taiwan sul passaporto non mi avrebbero potuto rilasciare il documento”, spiega al Foglio il sindaco. “Mi hanno spiegato, sempre molto cordialmente, che per ottenere il visto avrei dovuto ‘ripulire’ il passaporto, insomma farne uno nuovo. Ma io non ho nessuna intenzione di dichiarare il falso, cioè di averlo perso, e quindi ho rinunciato alla visita. Non mi sono nemmeno arrabbiato”, dice Biffoni. “Se mi domandi cosa ne penso, penso che sia un’enorme sciocchezza, però altrettanto dico che ognuno in casa sua fa entrare chi vuole”.
A febbraio, Biffoni aveva rappresentato la città di Prato a Taichung, terza città per dimensioni di Taiwan, grazie a un progetto dell’Unione europea su temi green: una delegazione milanese era stata mandata a Singapore, e quella pratese a Taiwan: “Taichung ha infatti un depuratore di acque industriali molto simile a quello che abbiamo noi, il Gida”, dice il sindaco. Insomma: niente di politico, nulla di particolarmente sensibile – si parla di green e di città, “e nemmeno ho scelto io la destinazione”, spiega Biffoni, come a dire: non c’era alcun segnale indiretto da inviare a Pechino nella sua visita taiwanese. Eppure per i rappresentanti cinesi in Italia, che rivendicano Taiwan come proprio territorio anche se il Partito comunista cinese non l’ha mai governata, la questione è ben più complicata: tra Cina e Taiwan ci sono diversi voli quotidiani, e ci sono taiwanesi che viaggiano e lavorano e vivono in Cina e viceversa, così come turisti internazionali che visitano entrambi i paesi. Ma Biffoni è un rappresentante delle istituzioni, e secondo la logica di Pechino non può viaggiare dove vuole, specialmente in quelle che la Cina considera sue provincie e suoi territori, senza prima consultare loro.
Subito dopo la visita a Taiwan per parlare di depuratori industriali c’era stata, come prevedibile, la visita ufficiale di protesta del console generale della Repubblica popolare cinese a Firenze, Wang Wengang, al comune di Prato e poi una nota verbale indirizzata alla Farnesina. “All’epoca il console in comune ci trovò il vicesindaco. Io ci ho parlato di recente, è venuto a salutarmi perché è finito il suo mandato. E’ stato cordialissimo, ma quando ho accennato alla questione del visto mi ha risposto: ci pensa il prossimo console”. Ex deputato del Partito democratico, sindaco di Prato dal 2014 tra i più popolari in Italia, Biffoni non ha un compito facile. I cinesi residenti nella città toscana sono poco meno di trentamila, il 15,3 per cento della popolazione totale, e sono aumentati di almeno duemila persone rispetto allo scorso anno – complice la fine delle restrizioni della pandemia. Prato ha una comunità cinese radicata, e chiusa: non a caso è proprio lì che è nata una delle prime “stazioni di polizia virtuale oltremare” cinese. Biffoni parla di una comunità “flessibile, molto rapida, hanno grande interesse ad avere rapporti con noi finché hanno interesse”, ma il problema riguarda l’autorità: “Danno molta attenzione a quello che gli dice il console e hanno difficoltà a gestire le relazioni con noi”. “Questo è il pacchetto”, dice il sindaco, “hanno grandi pregi e grandi difetti. Anche sull’integrazione rispetto a dieci anni fa molto è cambiato, ma siamo ancora indietrissimo”. Un esempio: solo una settimana fa il console generale ad interim, Guan Zhongqi, ha chiamato a raccolta i rappresentanti delle associazioni della “comunità cinese d’oltremare di Prato” per parlare di sicurezza, e durante la riunione ha esortato associazioni e cittadini a “unirsi e aiutarsi a vicenda, lavorando insieme”, suggerendo anche la “tutela attiva dei propri interessi”. Può sembrare un’esortazione alla solidarietà, ma ha un significato politico che ha a che fare con la rete di sicurezza costruita dalle autorità di Pechino all’estero attraverso i “servizi consolari” e le associazioni di cittadini legate al Fronte Unito, che lavora per aumentare l’influenza e potere del Partito comunista cinese e raccoglie intelligence. Biffoni per anni ha lavorato con cura a mantenere un profilo di dialogo con la comunità cinese e allo stesso tempo gestire in sicurezza il territorio, promuovendolo anche all’estero. Le proteste di Pechino per il suo viaggio a Taiwan dimostrano le priorità della Cina.