A Parigi
La lezione di Macron sull'“orco” Depardieu
La Legion d’onore non esiste per fare la morale e non si leva perché lo dice un reportage. “Se c’è una cosa a cui non parteciperò mai, sono le cacce all’uomo”, ha dichiarato l’inquilino dell’Eliseo
Contro le tricoteuses che lo hanno già condotto al patibolo senza uno straccio di condanna, contro le femministe per cui è un colpevole a prescindere, contro tutto quel mondo benpensante che non aspetta altro che ghigliottinarlo socialmente, mercoledì sera, Emmanuel Macron, il capo dello stato francese, ha difeso Gérard Depardieu, dando una lezione di garantismo in diretta televisiva e ricordando il principio della “presunzione di innocenza” contro il “tribunale pubblico” e “l’èra del sospetto”. Lo ha fatto dal palcoscenico di C à vous su France 5, salotto bene della televisione francese, nel day after dell’approvazione della tormentata legge sull’immigrazione.
“Se c’è una cosa a cui non parteciperò mai, sono le cacce all’uomo”, ha dichiarato l’inquilino dell’Eliseo, dicendosi consapevole che “esistono delle polemiche in merito ad alcuni passaggi del reportage” della trasmissione Complément d’enquête, intitolato “La chute de l’ogre” (la caduta dell’orco), ma sottolineando che le accuse non fanno di un uomo un colpevole. Macron, soprattutto, ha preso posizione contro la sua ministra della Cultura, Rima Abdul-Malak, che la scorsa settimana aveva affermato che Depardieu è una “vergogna” per la Francia, annunciando una procedura disciplinare per ritirare la Legion d’onore ricevuta dall’attore nel 1996. “È andata un po’ troppo oltre”, ha dichiarato Macron. “Da presidente sono il Gran Maestro dell’Ordine e la Legion d’onore non esiste per fare la morale. Non è sulla base di un reportage che si toglie la Legion d’onore a un artista perché con questo criterio, allora, avremmo tolto la Legion d’onore a molti artisti.
Se ogni volta che qualcuno ti accusa delle peggiori cose tu, che hai un ruolo pubblico, non puoi più fare nulla, si respira un’aria di sospetto, non è più democrazia e non siamo più cittadini liberi”, ha aggiunto Macron. Per smarcarsi ulteriormente dalla propria ministra della Cultura, il presidente francese si è definito un “grande ammiratore” dell’“immenso attore” che è Depardieu, “un genio nella sua arte”, uno che “ha fatto conoscere la Francia, i nostri grandi autori e personaggi in tutto il mondo” e che per questo “rende fiero il paese”. La difesa di Gégé in diretta tv, a poche ore dal voto della legge sull’immigrazione con l’appoggio della destra gollista e sovranista, ha mandato fuori di senno la gauche francese. Libération, il foglio della sinistra progressista con simpatie mélenchoniste, ha definito “indecente” la presa di posizione di Macron, mentre Salomé Saqué, star del femminismo d’oltralpe, ha scritto su X che il presidente della Repubblica “promuove la cultura dello stupro”.
Sulla polemica è intervenuto anche il socialista François Hollande, ex capo dello stato: “No, non siamo fieri di Depardieu”. Lo scorso aprile, un’inchiesta di Mediapart ha pubblicato le testimonianze di tredici donne che affermavano di essere state molestate dall’attore francese. Sotto inchiesta per stupro dopo la denuncia dell’attrice Charlotte Arnould, Depardieu è oggetto di altre due denunce al vaglio degli inquirenti: quella dell’attrice Hélène Darras e quella della giornalista spagnola Ruth Baza. Il 74enne originario di Châteauroux ha sempre respinto ogni accusa: “Non sono né uno stupratore né un predatore”. Ma per la République delle manettare, per dirla con Pascal Bruckner, è “il colpevole quasi perfetto”. Il “porc” per antonomasia. Da abbattere.
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