Bidenomics
Washington lancia il progetto Tech Hubs: servono più Silicon Valley
Il progetto di rilancio dell’industria americana dei semiconduttori è un altro tassello della Bidenomics, con cui il presidente conta di rilanciare l’economia del paese, di tenere alta la sfida con la Cina, ma anche di convincere gli elettori in vista delle prossime presidenziali
Una Silicon Valley non basta più. L’America che sa di dover competere per tutto il resto del secolo con la Cina ora vuole replicare il proprio modello di successo californiano, facendo emergere qualche decina di altre “valli” della tecnologia qua e là negli Stati Uniti. Dall’Idaho alla Louisiana, dal Kansas al Vermont, l’idea dell’Amministrazione Biden è quella di piantare i semi dello sviluppo tecnologico in una serie di distretti e vedere se fioriranno in qualcosa di simile a ciò che è nato decenni fa in California o nel distretto metropolitano di Boston (Harvard, MIT e tanto altro). Il progetto si chiama Tech Hubs ed è partito in queste settimane con la scelta dei primi trentuno potenziali distretti dell’innovazione. Il governo americano li sta mettendo in competizione tra loro per sceglierne una decina che nel 2024 riceveranno la prima tranche di finanziamenti approvata dal Congresso: 500 milioni di dollari, come assaggio di un programma da 10 miliardi di dollari collegato al Chips Act, il progetto di rilancio dell’industria americana dei semiconduttori.
Nel caso dei Tech Hubs non si tratta solo di chip, ma di tecnologie di vario genere nelle quali alcune comunità locali promettono di impegnare tutte le loro forze. L’obiettivo è di far diventare ogni Hub nel giro di dieci anni competitivo su scala globale nel proprio ambito. E l’idea è anche quella di farli diventare luoghi capaci di attrarre investimenti dall’estero. “Invitiamo tutto il mondo a guardare a questi progetti negli Stati Uniti come solidi investimenti in tecnologie e innovazioni che prenderanno il volo”, ha detto la sottosegretaria al Commercio Alejandra Castillo, in un incontro con la stampa internazionale per presentare i Tech Hubs. “Volete qualche esempio? Perché non prendere in considerazione di investire per esempio a El Paso, in Texas, che sta puntando a espandere la propria produzione manifatturiera? O a Wichita, in Kansas, che cerca strade per evolvere la propria industria aerospaziale? O in New Hampshire, dove si scommette sulle biotecnologie?”
La lista dei primi 31 distretti selezionati, scelti tra i 370 che avevano presentato domanda, mostra un’ampia varietà di settori. Ogni distretto ha creato un consorzio dove un’università locale si è alleata con le organizzazioni di categoria, le istituzioni, i sindacati e le imprese della zona per proporsi come catalizzatore di investimenti in un determinato ambito. Ecco così che in Vermont nasce un consorzio che punta a fare di Burlington la capitale mondiale del nitruro di gallio, una sostanza che molti considerano il silicio del futuro, per le possibili applicazioni che ha nell’automotive, nell’industria spaziale e nell’elettronica di largo consumo (i migliori caricabatterie per gli smartphone sono a base di nitruro di gallio). In Colorado invece, tra Denver e Boulder, c’è il sogno di creare l’hub leader globale della quantum technology, mentre a Spokane nello stato di Washington si cerca di creare un polo per i materiali compositi per l’industria aerospaziale. Molteplici sono i progetti legati al settore energetico, quasi tutti basati sullo sviluppo delle energie rinnovabili su cui il presidente Joe Biden ha premuto da due anni il piede sull’acceleratore. In Louisiana potrebbe così nascere l’hub delle pale eoliche offshore, per sfruttare i venti del Golfo del Messico, mentre Reno in Nevada vorrebbe spostare la propria economia dai casinò alla produzione di batterie al litio per i veicoli elettrici. “Abbiamo racchiuso i progetti in otto grandi temi – spiega Eric Smith, direttore del programma Tech Hubs – che vanno dalle biotecnologie ai materiali del futuro. Adesso i 31 hub selezionati sono in competizione tra loro per scegliere i primi che attingeranno a finanziamenti iniziali per 40-70 milioni di dollari. Le realtà che si sono consorziate devono dimostrare non solo di avere le capacità tecnologiche per sviluppare i distretti, ma di avere un piano per creare posti di lavoro locali”. E anche di essere capaci di attrarre investimenti dall’estero, che Washington sta già andando a cercare: la sottosegretaria Castillo poche settimane fa era in Germania a presentare i progetti dell’Amministrazione Biden.
Quello dei Tech Hubs è un altro tassello che va ad aggiungersi a quella che la Casa Bianca ha ribattezzato – senza grande fantasia, va detto – Bidenomics, l’insieme di scelte economiche con cui il presidente conta non solo di rilanciare l’economia del paese e di tenere alta la sfida con la Cina, ma anche di convincere gli elettori il prossimo anno ad affidargli un altro mandato quadriennale alla Casa Bianca. Biden ha iniettato miliardi di dollari nell’economia americana attraverso quattro grandi progetti (American Rescue Plan, piano per le infrastrutture, Chips Act e Inflation Reduction Act) che, presi insieme, hanno dimensioni paragonabili all’epoca del New Deal di Franklin Roosevelt o agli interventi di welfare della Great Society di Lyndon B. Johnson. Al momento però la Bidenomics non sta ancora facendo vedere i propri effetti e il presidente insiste sul fatto che servirà ancora qualche anno per misurarne la portata. Bisogna vedere se gli elettori glielo consentiranno. Aver messo il nome del presidente sull’etichetta della ricetta economica del paese, come non avveniva dai tempi della Reaganomics, potrebbe rivelarsi controproducente, perché Biden si sta intestando tutto quello che non va così come Barack Obama si era preso tutti gli effetti reputazionali negativi del faticoso decollo della sua Obamacare.
Diverso è invece l’effetto del racconto a pezzi delle iniziative dell’Amministrazione ed è probabilmente per questo che i membri del governo parlano più volentieri di Chips Act o Tech Hubs che non di Bidenomics. Lavorare a livello di distretti locali offre poi un forte vantaggio anche politico ai democratici, perché i risultati e la creazione dei posti di lavoro sono più facili da dimostrare e raccontare. Dopo tutto, con l’anno della corsa alla Casa Bianca ormai in arrivo, ogni iniziativa in America ha un suo valore e retroscena politico.