Paragoni osceni
Perché Erdogan è rimasto (quasi) l'unico leader della regione a difendere così tanto Hamas
"Che differenza c’è tra Israele e Hitler? Nessuna", dice il presidente turco. Che ha compromesso il suo rapporto con Netanyahu e con l’Amministrazione Biden per provare a ritagliarsi una leadership nel fronte che si pone come alternativa all'occidente
Israele “parla male di Hitler, ma che differenza c’è con Hitler? Finiranno per farcelo rimpiangere, Hitler. Quel che fa Netanyahu è meno grave di quel che ha fatto Hitler? No, non lo è”, ha detto ieri il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, definendo Israele “uno stato terrorista” e invitando tutti gli intellettuali e gli accademici ostracizzati per le loro opinioni sui “crimini di guerra” a Gaza ad andare in Turchia, dove troveranno l’accoglienza che meritano. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha risposto che Erdogan, “che commette un genocidio contro i curdi”, che mette in galera i giornalisti che si oppongono “al suo regime”, è “l’ultima persona che può farci la morale” mentre combattiamo “l’organizzazione terroristica più brutale e oscena del mondo, Hamas-Isis, che ha commesso crimini contro l’umanità e che Erdogan ha elogiato, ospitando i suoi leader” in Turchia.
Dal 7 ottobre, il presidente turco ha deciso di denunciare non soltanto quelli che considera i crimini di Israele a Gaza ma anche le ipocrisie dell’occidente che difende Israele, ergendosi a leader del mondo musulmano, sua grande ambizione. Quasi ogni giorno dall’attacco di Hamas nel sud di Israele, Erdogan ha denunciato Netanyahu e il suo principale alleato, l’America, che è anche il principale alleato della Turchia, che fa parte della Nato. “Viene ucciso un giornalista ogni giorno” a Gaza, ha detto la settimana scorsa, “ma nessuna delle istituzioni che da anni fanno la morale a noi sulla libertà d’espressione ha detto una parola”.
È un’esagerazione, in due sensi: la campagna di silenziamento dei giornalisti dissidenti in Turchia è un metodo per conservare il potere e sono moltissime le istituzioni, a partire dall’Onu, che denunciano le azioni di Israele a Gaza. Ma le parole di Erdogan sul “doppio standard” dell’occidente rimbombano in molte parti del mondo, vengono rilanciate con fervore dalla Russia – che invita i leader di Hamas a Mosca – ma attecchiscono anche in altri paesi, e dentro la stessa Turchia. Erdogan però fa molto di più: continua a difendere Hamas, a differenza dei leader occidentali che non vogliono avere nulla a che fare con il gruppo terrorista palestinese, ma anche a differenza di molti leader della regione che certo denunciano le operazioni di Israele a Gaza e il sostegno americano a Israele ma contano che questa guerra segnerà la fine del gruppo terroristico. Ieri Libération raccontava in un lungo reportage il tentativo di Hamas di utilizzare la guerra a Gaza per espandersi e reclutare miliziani nella regione, ma finora i leader della regione sono stati cauti – c’è stato anche uno scambio bizzarro tra Hamas e Teheran sulle motivazioni del 7 ottobre: le Guardie della rivoluzione hanno detto che è stato fatto per vendicare l’uccisione del generale Suleimani nel 2020, mentre Hamas ha smentito, le ragioni sono l’occupazione.
Erdogan ha ignorato fin dall’inizio questa riluttanza, ha detto che Hamas non è fatta di terroristi ma di “mujahedeen”, ha compromesso non soltanto il suo rapporto con Netanyahu ma anche quello ben più rilevante con l’Amministrazione Biden e semmai ha rinverdito il suo approccio mezzo competitivo e mezzo collaborativo con la Russia per provare a ritagliarsi quella leadership che da sempre vuole non solo nel mondo musulmano ma anche nel fronte che pone un’alternativa alle regole e ai valori occidentali – un po’ come fa l’Ungheria nell’Unione europea, ma nella Nato, e con l’America.
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