La sicurezza di tutti
Dagli elmetti all'economia di guerra: Scholz attrezza l'Ue contro la minaccia di Mosca
La grande trasformazione del cancelliere riluttante che ora stimola la sua industria per produrre armi, tiene a bada l'Ungheria ed è disposto a compensare le mancanze degli altri paesi europei nel sostegno a Kyiv. Il caso della città di Troisdorf
Il Kiel Institute tedesco ha appena aggiornato il suo “Ukraine support tracker”, che monitora il sostegno internazionale alla difesa ucraina dall’aggressione russa: la Germania è il secondo fornitore di armi a Kyiv dopo gli Stati Uniti. Secondo un sondaggio della tv pubblica Zdf, più del 70 per cento dei tedeschi intervistati dice che bisogna continuare a fornire armi ed equipaggiamento militare all’Ucraina, e semmai aumentarli. Olaf Scholz, il cancelliere riluttante che all’inizio dell’invasione russa aveva spedito cinquemila elmetti in Ucraina e aveva sperato di non dover mai sospendere l’approvvigionamento energetico tramite Nord Stream, ora dice a Vladimir Putin che un modo per mettere fine alla “tragedia” in Ucraina c’è: che Mosca smetta di fare la guerra contro gli ucraini. E all’ultimo Consiglio europeo è stato Scholz a dire a Viktor Orbán di lasciare la stanza in cui s’è votato (a 26) l’inizio dei negoziati di adesione dell’Ucraina all’Unione europea.
Il German Council on Foreign Relations ha presentato un documento in cui mostra che, nello scenario peggiore, i paesi della Nato hanno soltanto cinque anni di tempo per riarmarsi, altrimenti non avranno più un potere di deterrenza tale da evitare una potenziale aggressione russa. Secondo fonti di intelligence europee citate dalla Bild, la Russia potrebbe attaccare un paese europeo già nel 2024, approfittando della eventuale transizione a una presidenza americana di Donald Trump. Christian Mölling, tra gli autori dell’analisi del German Council, ha detto alla Deutsche Welle che “una politica di difesa completa prevede soprattutto che le infrastrutture civili e la stessa società civile siano messe nelle condizioni di resistere all’ipotesi di una guerra”: è un lavoro lungo, di investimenti, di cuori e di menti, ben oltre la cosiddetta “economia di guerra” invocata dalla Francia molto tempo fa e mai diventata reale.
Il coinvolgimento capillare è importante, come dimostra il caso della città di Troisdorf, nel Nord-Reno Westfalia: il sindaco cristianodemocratico Alexander Biber si oppone all’aumento della produzione della fabbrica della Diehl Defence che lì produce i dispositivi di accensione necessari per grandi quantità di esplosivi, come razzi e cariche missilistiche. Queste parti sono utilizzate nella fabbricazione del sistema di difesa aerea Iris-T, tre dei quali sono stati consegnati dal governo tedesco all’Ucraina. Biber pone una questione di sicurezza, ma il ministro della Difesa, Boris Pistorius, lo ha invitato pubblicamente, durante un intervento parlamentare, a considerare le implicazioni internazionali della sua opposizione: “La pressione è grande perché in Europa e in Germania esiste un collo di bottiglia sulle munizioni”. L’Ue si era impegnata a produrre e fornire all’Ucraina un milione di munizioni entro il marzo del 2024, ma per ora ne sono state prodotte 300 mila. Secondo il piano europeo, la Germania dovrebbe produrne 300-400 mila, ma ci sono resistenze locali anche in Sassonia e in Baviera.
Il governo di Scholz sta facendo molte pressioni sulle proprie aziende, ripetendo che la sicurezza dell’Ucraina è anche la sicurezza della Germania. Mentre Londra annuncia che invierà “centinaia di missili” alla contraerea ucraina, anche il cancelliere tedesco passa dalla riluttanza alla determinazione: ci ha messo molto tempo ed è stato molto criticato (ben più di altri leader meno generosi di lui nei confronti della Ucraina) ma ora lavora al riarmo dell’Unione e studia i modi per ovviare a livello europeo alle intemperanze degli stati come l’Ungheria dicendosi pronto a lavorare a 26 e a compensare quel che gli altri paesi non sono più disposti a fornire alla difesa di Kyiv. Scholz annunciò la “Zeitenwende”, il momento della svolta, il 27 febbraio 2022: allora sembrò un esercizio retorico, oggi non più.
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