reportage
Odessa a Capodanno
Stanotte finisce l’anno, e ne arriva un altro. Il terzo, con la guerra. Come stanno le persone in Ucraina? “Depresse”, è la risposta comune, “stanche”
Odessa, domenica. Quando scrivo, pomeriggio, la grande notizia è che non ci sono notizie. Venerdì 29 la Russia aveva condotto un attacco aereo “senza precedenti” sulle città e sui villaggi ucraini: quasi 200 fra missili e droni. 39 morti, 160 feriti. La Gran Bretagna ha offerto 200 missili antiaerei: gran regalo, ma copre il fabbisogno di un giorno. Sabato il rappresentante russo nel Consiglio di Sicurezza ha avvertito che il suo paese brucerà un record dopo l’altro: gli ucraini “devono aspettarsi il peggio”. Se lo aspettano, infatti. Sabato droni ucraini hanno fatto “almeno 21 morti”, secondo fonti russe, nel distretto confinante di Bel’gorod: “deliberato attacco terroristico”, imputato dalla portavoce Zakharova a “Stati Uniti e Gran Bretagna”, che “non resterà impunito”.
A Odessa i morti civili del 29 erano stati 3, e 22 i feriti. Ero atterrato a Chisinau, la capitale moldava, venerdì, tardi per proseguire prima del coprifuoco, così sono arrivato a Odessa sabato mattina, nel giorno di lutto e di sole. Oltre il confine di Palanca, in territorio ucraino, c’era una colonna lunghissima di auto in uscita ferme per i controlli: che forse si sono fatti più stretti per impedire l’espatrio di persone soggette alla mobilitazione.
Il mercato “delle pulci” del fine settimana di Starokonnyi era aperto, benché il suo famoso quartiere, Moldavanka, fosse stato colpito pesantemente. Una brava economista potrebbe fare il punto sull’economia ucraina studiando il crollo dei prezzi di stivali usati, colli di volpe spelacchiati, distintivi dell’Armata Rossa e marmellate casarecce. Al mercato un venditore e un ingegnere discutevano animatamente: il primo raccontava di essersi salvato per miracolo dal missile che gli ha sfondato la casa. L’ingegnere diceva “non è il missile, è che la casa era costruita male, e senza manutenzione”. Sono rimasti delle loro opinioni, sarebbe piaciuto a Babel’. Una ragazza raccontava che la sua cagnolina stava male per strada, si sdraiava, guaiva, tirava, voleva essere presa in braccio. “Se non mi avesse fatto perdere tanto tempo, sarei arrivata puntuale all’incrocio dov’è caduto il razzo”. Nessuno crede ai miracoli, del resto. Forse nemmeno il prete che avrete visto nel video, che attraversa la navata col suo paramento giallo oro agitando il turibolo d’incenso, e il soffitto crollato lo manca di un soffio: “vivo per un vero miracolo”. Saprà farne tesoro.
Nonostante la bella giornata, e il magnifico Boulevard Primorsky finalmente riaperto, oggi il centro era insolitamente vuoto. Ho visto un po’ dappertutto abeti di Natale invenduti, di quelli segati. L’Ucraina ha ora due Natali, quello ortodosso di obbedienza russa, che lo celebra il 7 gennaio, e quello ortodosso ucraino che ha seguito lo spostamento al 25 dicembre, per farlo coincidere col Natale cattolico e protestante, oltre che greco ortodosso. I venditori di alberi di Natale potrebbero sperare nel tempo supplementare dei tradizionalisti, che però sono una minoranza irrilevante. Gli alberi serviranno a fare il fuoco.
Stanotte finisce l’anno, e ne arriva un altro. Il terzo, con la guerra. Come stanno le persone? “Depresse”, è la risposta comune, “stanche”. Tanti odessiti sono via, sostituiti dagli sfollati di Kherson. Si racconta l’impoverimento della sanità, le difficoltà dei vecchi. Si raccontano irruzioni in abitazioni private per “estrarne” uomini che non escono di casa per scampare al reclutamento. E poi c’è la vita di Odessa che continua, il teatro nazionale dell’opera e del balletto che ha ora spettacoli quotidiani. E stasera alla Filarmonica, il grande edificio orientalveneziano già della Borsa, c’è il concerto di Capodanno alla luce di centinaia di candele, con il Quartetto d’archi femminile, il Black Tie String Quartet, della Cravatta Nera, un farfallino in realtà – l’Orchestra filarmonica è intanto in tournée in Italia.
E poi c’è, ma si poteva immaginare anche da lontano, l’effetto Gaza. Zelensky fu svelto a solidarizzare con Israele dopo la brutalità del 7 ottobre. Il Cremlino si sbrigò a ospitare gli emissari di Hamas. Finché l’altroieri Lavrov si è spinto a dire che Israele fa a Gaza quello che la Russia fa in Ucraina. L’inflazione di bombe e di morti cancella presto la differenza dall’aggressione “non provocata”. E i bombardamenti su Gaza hanno tolto a Putin il marchio che era così suo. “Vuoi mettere con...?” I missili sull’Ucraina sono declassati.