A Bruxelles
Il durissimo ritorno al presente di Salvini in Europa
Dopo l’exploit del 2019 il leader del Carroccio è rimasto con 22 eurodeputati ma i sondaggi gli danno meno di dieci seggi
Sembra passata una vita da quel 34,6 per cento che proiettò la Lega di Matteo Salvini alla guida delle delegazioni italiane a Strasburgo. Era il 2019. E dopo il boom del Carroccio, ci fu subito il botto del Papeete. Dopo cinque anni, tutto è cambiato: il gruppo del Carroccio si è ristretto, defezione dopo defezione, e sondaggi alla mano le cose si fanno sempre più complicate per Salvini. Garantire un seggio a chi non lo ha tradito sarà complicato. Se non impossibile. Di 29 eurodeputati ne sono partiti negli anni 7. Principalmente in direzione Forza Italia come Zambelli, Regimenti (poi sostituita da Peppucci), Caroppo (poi sostituito da De Blasis), Vuolo e Gazzini (la cui ammissione al Ppe è stata messa in congelatore vista la sua passione per i meme pro Cremlino). Solo una invece la fuga verso FdI, per ora, quella di Vincenzo Sofo.
Altra fuga solitaria, ma questa volta verso l’ignoto, quella di Francesca Donato, siciliana ex agitatrice Novax che oggi sceglie le liste di Totò Cuffaro in Sicilia. Scesi dunque alla ventina gli eurodeputati leghisti rimangono però ancora troppi per Salvini, visto che le proiezioni danno al Carroccio circa 7-8 seggi alla prossima legislatura. Toccherà al leader stesso infatti decidere chi saranno i 13 da sacrificare. Smentito da Marco Zanni stesso, nella sua intervista al Foglio, il rumors che lo voleva candidato in Francia nelle liste di Le Pen come favore all’amico italiano, capogruppo della famiglia europea sovranista. Una mezza buona notizia sotto Natale: Aldo Patricello, quattro legislature alle spalle con Forza Italia, ha salutato il partito fondato da Silvio Berlusconi e dovrebbe finire nelle liste del Carroccio.
Questo è solo uno spaccato del Grand Hotel Strasburgo visto dall’Italia in quasi cinque anni in cui non sono mancati tradimenti, espulsioni, maggioranze Ursula, l’arrivo di Draghi, Qatargate, rinunce e importanti scomparse. In generale gli italiani, a trasformismo non si sono fatti guardare dietro con un grande valzer di cambi di casacche. Dalle elezioni del giugno 2019 a oggi infatti la geografia dei 76 eurodeputati italiani è ormai completamente cambiata. Dopo quasi cinque anni spesi tra i caffè di Bruxelles e in Tgv per Strasburgo una grossa fetta degli inquilini italiani dell’Eurocamera ha cambiato partito e la loro bussola politica non segna più la direzione scolpita dagli elettori. Lontano da Roma e da chi ti ha dato la preferenza è tutto più facile, perché in Europa tutto è possibile: e quindi musica, perché le danze non si fermano mai al Grand Hotel Strasburgo.
Situazione inversa a quella della Lega per Fratelli d’Italia che nel 2019, davanti ad un risultato del 6,5 per cento ottenne 6 eurodeputati e ora si appresta a sfiorare i 27-28 seggi affermandosi come prossimo Golem della destra europea. Perso Raffaele Fitto dopo la sua nomina a ministro la guida della delegazione di FdI è oggi un lavoro di coppia tra Carlo Fidanza, capo delegazione e Nicola Procaccini co-presidente del gruppo Ecr. In corso di legislatura i meloniani oltre a Sofo hanno anche imbarcato dal M5s Chiara Gemma e da Forza Italia il siciliano Giuseppe Milazzo. A differenza di Salvini dunque Meloni ha circa 20 seggi vuoti da assegnare ai suoi, seggi semi-blindati visti i consensi del suo partito al momento nel Paese (soprattutto se dovesse candidarsi capolista in tutte le circoscrizioni). Da notare anche l’apertura in sordina della tonnara meloniana sullo staff leghista, con una media di 4 assistenti parlamentari ad eurodeputato FdI deve trovare all’incirca un’ottantina di persone capaci a mandare avanti la macchina legislativa e comunicativa della futura delegazione, la Lega invece ne dovrà mandare a casa una settantina: è aperta la stagione di caccia.
Strane manovre in casa Forza Italia: il leader Antonio Tajani – che eletto a Roma ha lasciato il suo seggio ad Alessandra Mussolini – e il capodelegazione Fulvio Martusciello hanno scelto la tattica della pesca a strascico, soprattutto in acque leghiste. Grazie alle reti forziste sono arrivati alla delegazione forzista 5 leghisti, Caterina Chinnici dal Pd (in uno dei passaggi più amari e carichi di rancore di tutta la legislatura) e Isabella Adinolfi dal M5s. Il gruppo forzista, orfano del suo leader Silvio Berlusconi, è così passato da 7 a 13 eurodeputati ma, problema non indifferente per Tajani, stando ai sondaggi a giugno di seggi Fi ne avrà 5 o massimo sei 6. Ai ripescati infatti attendono più probabilmente posti nelle amministrazioni locali.
Grandi manovre anche in casa Pd: approdati a Strasburgo con 19 eurodeputati la delegazione dem in realtà ne contava 16 visto che Giuliano Pisapia, Massimiliano Smeriglio e Piero Bartolo erano stati candidati come indipendenti. In corso di legislatura il Pd poi perderà, oltre a Chinnici, anche Calenda (che però verrà eletto a Montecitorio e sostituito dal Pd Achille Variati), Nicola Danti, passato a Italia Viva, e Giuseppe Ferrandino, passato ad Azione. È finito invece ai non iscritti Andrea Cozzolino travolto dal Qatargate e scaricato dai compagni di partito. Amareggiato ma ancora lucidissimo, soprattutto nelle sue analisi sull’attuale conflitto in medio oriente, Cozzolino concede udienze nella sala fumatori del bar stampa a Strasburgo, ma il suo rapporto col Pd “non è ricucibile”, dice. Arrivata invece in casa dem dal M5s Daniela Rondinelli. Deceduto a gennaio 2022 il talismano delle delegazione Pd, David Sassoli, presidente dell’Eurocamera è stato sostituito da Camilla Laureti, l’unica degli attuali 16 eurodeputati Pd ad aver sostenuto la corsa alla segreteria di Elly Schlein, che nel frattempo però è riuscita a convincere il lampedusano Bartolo a fare la tessera del Pd. I sondaggi però danno numero al ribasso rispetto al 2019 e non tutta la delegazione Pd potrebbe tornare a Strasburgo, nervosismo infatti sulla linea del silenzio scelta dal Nazareno verso gli attacchi di Conte al Partito democratico.
Altra zoomata: crescita miracolosa quella del terzo polo italiano all’Eurocamera visto che di eurodeputati ne elegge zero ma se ne trova tre, divisi però in tre partiti diversi. Nicola Danti in Italia Viva, Giuseppe Ferrandino in Azione e Marco Zullo registrato solo nelle liste di Renew Europeo. Da contare anche Sandro Gozi, eletto in Francia, rimasto solo a perorare la causa di una lista unitaria sotto la bandiera di Renew Italia. Caos creativo infine in casa M5s: è la delegazione che ha dato eurodeputati a tutti e non ne ha presi da nessuno. Partiti in 14 i pentastellati sono infatti attualmente in 6. La prima grande fuga dal gruppo grillino è quella di Corrao, Pedicini, D’Amato e Evi, passati al gruppo dei Verdi nel 2020 (ora in Italia, alla Camera). È passato a Italia Viva invece Zullo, al Pd Rondinelli, a FdI, Gemma, a FI Adinolfi e bloccato al guado verso il Pd l’ex Iena Dino Giarrusso che però, forte del suo pacchetto televisivo di voti fa sapere al Foglio che su una sua possibile ricandidatura “ci saranno sorprese”. Separato in casa invece Fabio Massimo Castaldo, isolato dopo il guanto di sfida al leader Giuseppe Conte (i boatos lo danno in contatto con Fi, ma lui nega). Conte che però, al netto di una delegazione saccheggiata, eredita una posizione di forza, se i sondaggi sembrano confermare 14-15 seggi al M5s l’ex premier infatti ha ampio margine per scegliere i suoi nomi davanti a una delegazione che tra transfughi e congelati dalla regola del doppio mandato verrà rinnovata quasi del tutto.
Sono stati cinque anni densi all’eurobouvette di Bruxelles come al Bar dei Cigni di Strasburgo. La gran parte dei protagonisti degli ultimi cinque anni saluterà l’Europa: chissà di quanti se ne sentirà la mancanza.