il ritratto

Le operazioni e le fonti leggendarie dell'ex capo del Mossad Zvi Zamir

Micol Flammini

E' morto ieri a 98 anni ed è entrato nella leggenda della storia di Israele. Le missioni dello Yom Kippur e del Massacro di Monaco, le somiglianze tra i fallimenti con il 7 ottobre

“La ditta firmerà il contratto oggi, verso sera. E’ il contratto con le stesse clausole che conosciamo. Si sa che domani è festa”. Era festa, lo Yom Kippur, ma il messaggio voleva dire altro: domani ci attaccheranno. Il giorno sacro era il momento perfetto e il capo del Mossad che inoltrò questo testo dopo aver incontrato una delle sue fonti più affidabili e più controverse che riferiva dell’attacco congiunto di Egitto e Siria contro Israele, sapeva che già era tardi. Il capo del Mossad si chiamava Zvi Zamir, è morto ieri a novantotto anni  portandosi dietro segreti profondi del suo paese e macchie che non si potevano cancellare, come quella relativa all’inizio della “festa”. Il problema nella guerra del Kippur, fu che quella fonte prodiga di dettagli aveva già parlato di un attacco imminente qualche mese prima, ma non era avvenuto. A ottobre, quando la fonte  chiese un nuovo incontro con Zamir, il governo di Golda Meir e il suo ministro della Difesa Moshe Dayan rinfacciarono al capo del Mossad quel preavviso fallito, si fidavano poco di un uomo che altro non era che il genero infastidito  dell’ex presidente egiziano  Nasser, ed erano impensieriti per la tenuta politica  del loro governo. 

 

Israele con le mani legate, non potendo anticipare un attacco e cogliere di sorpresa i nemici, ignorò l’allarme, convinto che i nemici, dopo essere stati sconfitti nel 1967 non avrebbero avuto l’ardire di ritentare. Fu un disastro, l’attacco avvenne qualche ora prima, non al tramonto come aveva avvisato la fonte, gli echi di quelle valutazioni sbagliate si sentono forti ancora oggi. Dopo il 7 ottobre scorso, quando i terroristi di Hamas hanno attaccato in un giorno di festa e quando l’intelligence israeliana ha deciso di ignorare i segnali della preparazione dei terroristi e le anticipazioni del piano per colpire i kibbutz del sud, quarant’anni dopo l’attacco del 1973, la somiglianza tra i fallimenti era sconvolgente. 

 

Non tutti i capi del Mossad sono entrati nella leggenda, Zamir sì, anche perché a lui è legata un’altra missione entrata nel dolore della nazione. Nel settembre del 1972, i terroristi di Settembre Nero fecero irruzione nel Villaggio olimpico di Monaco e presero in ostaggio parte della delegazione israeliana. Golda Meir chiese a Zamir di volare in Germania, ma il capo del Mossad non ebbe alcuna opportunità di collaborare o influenzare le autorità tedesche, convinte di essere in grado di gestire la situazione. Non lo erano, Zamir era partito con questa convinzione, lì ne ebbe la certezza. Non potè fare nulla, se non assistere alla sconfitta dei piani tedeschi, alla visione degli atleti fatti prigionieri e comunicare la loro morte alla premier. Golda Meir aveva dato disposizioni di non interferire nelle decisioni della Germania, Zamir sapeva che le autorità tedesche stavano condannando gli atleti. A quel fallimento a cui aveva dovuto assistere senza poter far nulla, Israele rispose dando la caccia ai membri di Settembre Nero, iniziata a Roma e arrivata fino al Principe rosso, Ali Hasan Salama, tra i leader dell’organizzazione, ucciso a Beirut nel 1979. I nomi delle operazioni contro i terroristi furono scelti tra i più suggestivi: Ira di Dio e Primavera di Gioventù. 

 

Zamir ha fatto e vissuto tutta la storia di Israele, veniva dalla Polonia, era nato a Lodz con il cognome Zarzewski, era stato compagno di giochi di Yitzhak Rabin, aveva indossato l’uniforme prestissimo e coltivato negli anni un ottimo rapporto con Golda Meir, che difese sempre dalla reazione degli israeliani dopo il fallimento nella guerra del Kippur, dicendo che le era stato fatto un grande torto, che durante il conflitto aveva mantenuto fermezza e leadership e si era comportata da “eroina”.  Dopo il 7 ottobre, Israele ha vissuto secondo una regola: prima sconfiggiamo Hamas, poi chiariremo le responsabilità. Zamir non si è pronunciato sulla guerra dentro alla Striscia di Gaza, ma per molti sono inevitabili le analogie con quella del Kippur. Quando iniziò l’attacco di Egitto e Siria nel 1973, Golda Meir disse ai suoi che sarebbe stata una guerra lunga, non lo fu. Questa iniziata dopo l’attacco di Hamas si sperava fosse una guerra breve, non lo è.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)