L'inchiesta
Quanto pesa la Russia nella campagna elettorale in Francia. Parla Camus
L'indagine di Washington Post getta nuovamente l'attenzione sui pericolosi legami tra il Cremlino e il partito di Le Pen. E per Renaissance l'inchiesta diventa un'arma di campagna politica per le europee
Sabato 30 dicembre, a poche ore dai consueti “auguri ai francesi” per l’anno nuovo, il Washington Post ha guastato la festa di Marine Le Pen: pubblicando un’inchiesta, sulla base di documenti confidenziali del Cremlino ottenuti da un servizio di intelligence europeo, che certificano nuovamente le liaisons dangeureuses tra il Rassemblement national (Rn), la principale formazione sovranista francese, e la Russia di Vladimir Putin.
Nell’inchiesta, in particolare, il quotidiano americano punta il dito contro il più russofilo dei lepenisti, l’ex eurodeputato Jean-Luc Schaffhauser, colui che nel 2014 aveva guidato le negoziazioni per ottenere il famoso prestito dalla First Czech Russian Bank, banca vicina alla galassia putiniana. Schaffhauser, secondo quanto rivelato dal Washington Post, affitta oggi un intero piano della sua residenza a Strasburgo a Ilya Subbotin, numero due dell’ambasciata russa in Francia, che aveva uno scranno al Consiglio d’Europa fino all’invasione russa dell’Ucraina. Insieme, coadiuvati da eserciti di troll sui social network, starebbero lavorando per favorire l’ascesa in tutta Europa di governi pro Mosca. “Già all’epoca in cui era eurodeputato, Schaffhauser non nascondeva le sue simpatie russe. Questa sua vicinanza troppo ostentata sembrava essere all’origine del suo allontanamento dalla sfera decisionale di Rn. Ma l’inchiesta del Washington Post mostra che è ancora al centro dei giochi. È questo il vero elemento di novità”, dice al Foglio il politologo Jean-Yves Camus, direttore dell’Observatoire des radicalités politiques presso la Fondation Jean-Jaurès.
L’operazione di Schauffhauser, secondo Camus, assomiglia molto a quella di Steve Bannon, l’intellò dell’alt-right trumpiana. “L’operazione di Bannon, che ebbe il suo epicentro a Roma, fallì miseramente. È vero che ora l’influenza delle forze sovraniste è in crescita in tutta Europa, e che in occasione delle prossime elezioni europee registreranno un aumento dei consensi, ma non si rovesciano così dei governi nazionali democraticamente eletti”. Nonostante i tentativi di dissociarsi dall’orbita putiniana, “un voltafaccia già iniziato da Marine Le Pen lo scorso anno dopo l’invasione dell’Ucraina, consapevole che passare per la la cinghia di trasmissione della Russia in Francia è nefasto dal punto di vista politico-elettorale”, sottolinea Camus, il quotidiano americano mostra che dietro le quinte i rapporti sono ancora intensi.
Il secondo punto su cui il politologo mette l’accento è l’ampia condivisione sui social dell’inchiesta da parte di Renaissance, il partito del presidente Macron. “Renaissance sta utilizzando questa inchiesta come arma di campagna politica in vista delle europee, per mostrare ai francesi che votare la lista guidata da Jordan Bardella significa votare per un partito pro Putin. Mi sembra, tuttavia, un errore strategico perché lo scarto tra Rn e Renaissance è di 12 per cento secondo gli ultimi sondaggi e non credo sia possibile annullare questo scarto puntando esclusivamente sulla prossimità tra il partito di Marine Le Pen e la Russia. Certo può essere un elemento, ma non l’unico: Renaissance deve combattere Rn prendendo una per una le misure presenti nel programma del partito sovranista e spiegando perché non sono realistiche, perché sono pericolose per la Francia. Un tale lavoro di decostruzione sarebbe a mio avviso molto più convincente per l’elettorato”, spiega al Foglio Camus. Anche perché tra Francia e Russia i rapporti vanno oltre la parentesi putiniana, afferma il politologo francese, da sempre a Parigi c’è una forma di fascinazione verso la storia, la cultura e la letteratura russe. “Ci sono molti francesi che sono ostili a Putin e naturalmente a ciò che ha fatto con l’Ucraina, ma, forse per l’eredità del gollismo, non sono d’accordo quando si demonizza la Russia in generale, come nazione, come civiltà. Perché un giorno, speriamo il prima possibile, la guerra finirà, e saremo obbligati a riallacciare i rapporti con i russi”.
L'editoriale del direttore