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A Kerman

L'Iran e i suoi vicini. Gli attentati e le paure che dal Pakistan arrivano a Teheran

Francesca Marino

Dietro i due attentati di Kerman spunta la cellula dello Stato islamico Khorasan, nota come Isis-K. Negli ultimi tre anni si è resa responsabile di vari attacchi in Iran e anche nelle Maldive

L’emittente statale iraniana Irna cita una fonte secondo la quale la prima esplosione avvenuta ieri a Kerman è stata realizzata da un attentatore suicida di sesso maschile, mentre la seconda esplosione è ancora in fase di accertamento e molto probabilmente è stata realizzata da un altro attentatore suicida. Secondo molti analisti, suffragata dalla rivendicazione,  l’esame delle modalità dell’attentato conferma che  dietro all’attacco terroristico ci sia l’Isis o un gruppo legato all’Isis. Anzi, prima che fosse lo stesso Stato islamico a parlare,  il vicedirettore del think tank inglese Islamic Theology of Counter Terrorism (Itct) Faran Jeffery dichiarava: “Se lo Stato islamico è dietro ai due attentati di Kerman, in Iran, è molto probabile che sia opera di agenti dell’Isis legati al ramo Khorasan, noto anche come Iskp. I legami dell’Iskp sono stati rintracciati in diversi precedenti attacchi in Iran, tra cui l’attacco al santuario di Shiraz (ottobre 2022 e agosto 2023; l’IS non ha rivendicato il secondo attacco, ma l’Iran ha indicato l’IS-K come colpevole).

Khorasan è il nome storico di una regione che comprende parti dell’Iran, dell’Afghanistan, del Pakistan e dell’India. I primi opuscoli a firma Isis con tanto di bandiere nere sulla copertina erano comparsi difatti a Peshawar e nei campi di rifugiati afghani al confine tra Pakistan e Afghanistan. Gli opuscoli, stampati in Dari e Pashtun, annunciavano la creazione dello Stato islamico e chiamavano alla jihad i gruppi locali invocando l’unità di tutti i musulmani e la creazione di un califfato che parte dal Pakistan per arrivare in Siria e in Iraq. Scritte simili hanno cominciato poi a comparire sui muri di tutte le principali città pakistane. La cellula Khorasan nasce dunque dall’unione di combattenti dell’Isis più alcune fazioni di taliban e jihadi assortiti compreso il Jundullah, gruppo antisciita che opera principalmente contro l’Iran. L’Iskp o Isis-K si è ufficialmente formata nel 2017 dalla scissione dell’Isis Levante, divisosi in due fazioni: una guidata da Ustad Moawya e un’altra guidata da Aslam Faroqqi. Gli uomini di Farooqi, a capo dell’Isis-K, erano principalmente pakistani e gestiti da remoto dall’Isi, i servizi segreti militari, che che forniva supporto finanziario e logistico finanziario dando rifugio ai combattenti nelle aree tribali del Pakistan. Faroqqi è piuttosto noto alle agenzie di intelligence. Secondo il National department of security (Nds) della Repubblica dell’Afghanistan (prima dell’attuale governo Taliban), Faroqqi avrebbe legami con la Lashkar-e-Toiba, con il Tehrik e Taliban Pakistan, con i Taliban e con la rete Haqqani. Il fior fiore del jihad pakistaa, insomma.

Quando Faroqqi è stato arrestato nel 2020 dagli afghani dopo un attacco mortale a un gurudwara sikh, il Pakistan si è precipitato, tramite il suo ambasciatore a Islamabad, a chiedere l’estradizione del gentiluomo accusandolo di presunti complotti contro obiettivi pakistani allo scopo di portarlo al sicuro in una safe house pakistana. E, sempre secondo l’Nds, l’Isis-K è passato dall’essere un gruppetto insignificante ad attore di primo piano sulla scena afghana soltanto con l’aiuto del Pakistan: un brand creato dai servizi di Islamabad che compie sotto un diverso marchio tutti quei lavori che i Taliban o altri gruppi jihadi non possono più compiere apertamente ma che sono essenziali, dal punto di vista del Pakistan, per mantenere il controllo (non troppo) a distanza della regione. Negli ultimi due anni l’Isis-K avrebbe cambiato strategia passando da un target prevalentemente locale a uno più globale, con una campagna a mezzo media e social media di tutto rispetto condotta in diverse lingue e mirata, oltre che ai paesi confinanti, al medio oriente e alle superpotenze mondiali. Ma, soprattutto, con attacchi al di fuori della tradizionale area di interesse. Attacchi compiuti direttamente o attraverso gruppi locali affiliati.

Negli ultimi tre anni, oltre agli attacchi in Iran di cui sopra, l’Isis-K ha compiuto anche due attentati nelle Maldive. Uno degli aspetti più sorprendenti delle reti operative esterne dell’Isis-K è il coinvolgimento di numerosissimi cittadini tajiki nei vari piani di attacco, finanziamento e reclutamento portati avanti, oltre che in Iran, in Turchia e perfino in Germania. Dove lo scorso luglio sono state arrestate sette persone con l’accusa di essere in contatto con membri dell’Isis-K e di voler stabilire una cellula dell’organizzazione nel paese allo scopo di pianificare attentati terroristici. 
 

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