Nel corno d'Africa
L'Etiopia fa un accordo con il Somaliland e fa arrabbiare la Somalia. C'entra il Mar Rosso
Per la prima volta un paese delle Nazioni Unite ha riconosciuto il Somaliland come stato indipendente in cambio dell'accesso al mare. L'ira di Mogadiscio e la rivolta nella regione Sool
Il Somaliland, corrispondente a quella ex Somalia britannica che nel 1960 era stata integrata con la ex Somalia italiana nella nuova Somalia indipendente, si dichiarò a sua volta indipendente il 18 maggio 1991, allo scoppio della guerra civile per la caduta del dittatore Siad Barre, e non ha mai accettato di rientrare in quella Repubblica federale di Somalia faticosamente ricostituita a partire dal 2012. Con 4,5 milioni di abitanti, è dunque uno stato di fatto esistente ed è anche considerato un’oasi di stabilità in un’area turbolenta, eppure non ha alcun riconoscimento internazionale. O meglio, uno era arrivato: da Taiwan, che si trova a sua volta in condizioni di emarginazione diplomatica.
A inizio anno però sembra essere arrivato il primo riconoscimento formale da parte di un paese membro delle Nazioni Unite, l’Etiopia, che in cambio ha chiesto la concessione del porto di Berbera per consentire un accesso al Mar Rosso a quello che è il più popoloso paese al mondo. L’accordo ha scatenato l’ira di Mogadiscio, che nel richiamare il suo ambasciatore ad Addis Abeba ha definito l’accordo sul porto del Golfo di Aden “nullo e inefficace”, e ha promesso di difendere il proprio territorio con “qualsiasi mezzo legale”. L’accordo è stato annunciato la sera del primo gennaio ad Addis Abeba, soltanto pochi giorni dopo l’accettazione del governo centrale della Somalia di riprendere il dialogo con la regione settentrionale separatista dopo anni di stallo.
Il Somaliland è riconosciuto dalla Costituzione somala come sesta delle entità federate, assieme alle altre cinque che hanno effettivamente aderito. Dallo scorso febbraio nella regione Sool c’è stata una secessione dalla secessione, con una rivolta che ha proclamato la reintegrazione della zona nella Somalia. Il memorandum d’intesa firmato dal primo ministro etiope Abiy Ahmed Ali e dal leader del Somaliland, Muse Bihi Abdi, consentirebbe all’Etiopia l’accesso al porto di Berbera e a una base militare. In realtà, non è del tutto chiaro cosa otterrebbe esattamente in cambio il Somaliland. Bihi aveva affermato che l’accordo prevedeva il riconoscimento internazionale del Somaliland, ma la dichiarazione pubblicata dal primo ministro etiope su X non fa menzione esplicita del riconoscimento, impegnandosi solo a “promuovere gli interessi reciproci attraverso la cooperazione sulla base della reciprocità”. Ma dopo l’incontro con il primo ministro etiope Bihi ha dichiarato: “Daremo 20 chilometri di accesso sul mare e ci riconosceranno”. Sul social il ministero degli Affari esteri del Somaliland ha specificato che si tratta di un contratto che consente all’Etiopia di utilizzare il porto per cinquant’anni.
Martedì scorso Mogadiscio ha affermato con forza: “Il Somaliland fa parte della Somalia secondo la Costituzione somala, riteniamo quindi questo passo una chiara violazione contro la sua sovranità e unità”. Poi in un discorso al paese, il primo ministro somalo Hamza Abdi Barre ha invitato la gente a mantenere la calma. “Voglio assicurarvi che siamo impegnati a difendere il paese, non permetteremo che un centimetro di terra, di mare e di cielo venga violato”, ha detto. “Difenderemo la nostra terra con ogni mezzo legale possibile. Dobbiamo unirci e dimenticare le nostre differenze per difendere la nostra terra, l’integrità e la sovranità”. L’Etiopia insiste da mesi sul diritto di avere accesso al mare, suscitando preoccupazioni tra i suoi vicini. In un discorso televisivo il primo ministro ha affermato che Addis Abeba dovrebbe avere voce in capitolo nell’uso dei porti del Mar Rosso dei suoi vicini costieri, proprio come ai paesi a valle lungo il fiume Nilo è stato permesso di negoziare l’uso del fiume su cui l’Etiopia ha costruito una diga per generare energia. L’Etiopia perse lo sbocco al mare nel 1993, con l’indipendenza dell’Eritrea. Il governo di Asmara le aveva garantito l’accesso a un porto, ma poi quell’accordo saltò con la guerra del 1998-2000, e da allora l’Etiopia ha incanalato il 95 per cento del suo commercio attraverso Gibuti.
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