Chi è Sheikh Hasina, che ha (ri)vinto le elezioni in Bangladesh
Plebiscito per la figlia maggiore del leader fondatore del paese, che sarà premier per la quinta volta. Il paese, prima poverissimo, è quello in più rapida crescita della regione. Ma il successo economico è arrivato a scapito della democrazia e dei diritti umani. Più che un primo ministro, la signora sembra una sovrana con potere assoluto
“Sto facendo del mio meglio per assicurarmi che la democrazia in questo paese possa continuare”. Così parlò Sheikh Hasina, premier del Bangladesh per la quinta volta, eletta praticamente con un plebiscito: secondo la Commissione elettorale, difatti, il partito della Hasina avrebbe guadagnato 223 seggi sui 300 disponibili in Parlamento, mentre gli altri seggi disponibili sarebbero andati di fatto tutti a partiti alleati del partito di Hasina, la Awami League.
Figlia maggiore del leader fondatore del paese Sheikh Mujibur Rahman, Hasina è stata eletta per la prima volta al potere in nel 1996. Ha poi perso le elezioni del 2001 contro il Bangladesh Nationalist Party guidato da Khaleda Zia, vedova di un ex-presidente del Bangladesh, per riprendere infine il potere nel 2009 e tenerlo, da allora, ben stretto. Sotto la guida dell'anziana signora, il Bangladesh è diventato, da paese poverissimo, una delle economia in più rapida crescita della regione. Il suo reddito pro capite è triplicato nell'ultimo decennio e la Banca Mondiale stima che più di 25 milioni di persone siano uscite dalla povertà negli ultimi 20 anni. Utilizzando sia fondi nazionali che i prestiti e i fondi internazionali per l'assistenza allo sviluppo, il governo di Hasina ha intrapreso enormi progetti infrastrutturali, tra cui il ponte Padma sul Gange, opera di punta da 2,9 miliardi di dollari e ha attirato nel paese investimenti esteri per miliardi, specializzandosi nella manifattura di capi di abbigliamento. È diventata il secondo produttore di abbigliamento al mondo dopo la Cina.
L'economia ha subito una stretta però a causa delle chiusure generate dal Covid: la stagnazione dei salari nel settore dell'abbigliamento, che rappresenta circa l'85 per cento dei 55 miliardi di dollari di esportazioni annuali del paese, ha scatenato alla fine dello scorso anno agitazioni e scioperi che hanno visto alcune fabbriche incendiate e altre centinaia chiuse. Le forti impennate nel costo dei generi alimentari e i blackout continui nel 2022 sono costati molto, in termini di popolarità, al governo della premier.
I critici affermano inoltre che il successo economico è arrivato a scapito della democrazia e dei diritti umani e sostengono che il governo di Hasina sia stato caratterizzato da misure autoritarie e repressive nei confronti dei suoi oppositori politici, dei critici del governo e della stampa libera. E in effetti, il concetto di democrazia della signora Hasina è quantomeno peculiare.
La campagna elettorale è stata caratterizzata da episodi di violenza di ogni genere e, secondo le opposizioni, molti sono stati costretti a votare per l'Awami League sotto minaccia del ritiro della carta che serve ad assicurarsi vari benefici sociali. Migliaia di membri del Bangladesh National Party sono stati arrestati in massa, e il partito ha di fatto boicottato le elezioni.
D'altra parte, Khaleda Zia è gli arresti domiciliari con accuse di corruzione varie, mentre suo figlio Tarique Rahman guida il partito dall'esilio. Rahman è stato condannato all'ergastolo in contumacia per aver orchestrato un attacco con granate a un comizio elettorale di Hasina nel 2004. La Hasina ha fatto arrestare per corruzione, non molto tempo fa, anche il premio Nobel Mohammed Yunus, fondatore della Grameen Bank. Ormai, più che un primo ministro, la signora sembra una sovrana con potere assoluto. D'altra parte, fin dai primi anni Novanta la politica bangladeshi è stata dominata da due regine: la Hasina, e Khaleda Zia, che hanno adottato di fatto con oppositori e amici lo stesso pugno di ferro.
Il vero problema non è in realtà l'ennesima vittoria elettorale, truccata o meno, di Sheikh Hasina: è il fatto che, a parte due anziane signore che si detestano a vicenda, non esiste nel paese un ricambio generazionale o una classe politica alternativa. Che le prossime elezioni, senza le due signore, potrebbero gettare il paese in un caos senza veri vincitori. E che a questa latitudine, dal caos senza vincitori emerge di solito un salvatore in divisa.