Candidature e incarichi
Perché Charles Michel apre in anticipo le danze delle euronomine
Il presidente del Consiglio europeo lascerà l'incarico per correre per il Parlamento europeo. E' una decisione che porta grandi rischi alla von der Leyen e a tutti i paesi dell'Ue, a cominciare dal regolamento che dà un ruolo enorme all'ungherese Orbán. Le motivazioni personali, le conseguenze per l'Europa e il nome di Mario Draghi
L'anno di tutti i pericoli per l'Unione europea è iniziato con una sorpresa che non promette nulla di buono per il 2024. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, sabato ha annunciato che lascerà anticipatamente l'incarico per presentarsi alle elezioni europee di giugno e diventare semplice eurodeputato. “E' un atto di fede nella democrazia. Voglio giocare un ruolo attivo e difendere un progetto per l'Europa 2030”, ha detto Michel al quotidiano belga Le Soir: “Voglio far parte della squadra dei costruttori del progetto europeo. Mi candido per continuare a servirlo”. Ma la sua decisione comporta grandi rischi. Il primo è di portare il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, alla presidenza del Consiglio europeo per un periodo di quattro mesi e mezzo. E' quello che prevede il regolamento interno al Consiglio europeo in caso di impedimento del suo presidente o mancata elezione di un successore. Con la guerra della Russia contro l'Ucraina ancora in corso e il rischio di una vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane del prossimo novembre, la scelta di Michel sta già raccogliendo più critiche che applausi.
Questo è l'incipit di Europa Ore 7, la newsletter settimanale del Foglio sugli affari europei, a cura di David Carretta. Ci si iscrive qui.
L'annuncio di Michel di volersi candidare per il Parlamento europeo ha sorpreso quasi tutti a Bruxelles. Mancano ancora undici mesi alla fine del suo mandato e sei mesi al vertice dei capi di stato e di governo che deve decidere chi saranno i leader dell'Ue nella prossima legislatura, a seguito delle elezioni europee che si terranno tra il 6-9 di giugno. L'appuntamento elettorale europeo è già carico di pericoli. Le proiezioni sulla base degli attuali sondaggi danno in crescita i due gruppi della destra sovranista (Conservatori e riformatori europei) e dell'estrema destra al Parlamento europeo (Identità e democrazia). Il 2024 si annuncia minaccioso per l'Ue per altre ragioni. L'Ucraina è tornata sulla difensiva nella guerra di aggressione lanciata quasi due anni fa dalla Russia, nel momento in cui l'Ue non sembra in grado di mantenere le promesse su aiuti finanziari e munizioni. I ventisette sono profondamente divisi sulla guerra di Israele contro Hamas a Gaza dopo i massacri del 7 ottobre 2023. Donald Trump rimane il favorito nelle primarie del Partito repubblicano e ha buone chance di tornare alla Casa Bianca. Nel bel mezzo di un anno politicamente caotico, la scelta di Michel viene considerata al meglio come un atto di puro interesse personale, al peggio come autolesionismo europeo.
Chi propende per l'interesse personale spiega che a 48 anni è difficile lasciare la politica, i suoi privilegi e i suoi riflettori. Ex primo ministro in Belgio, Michel non ha trovato sbocchi. Il suo mandato come presidente del Consiglio europeo scade il primo dicembre e non può essere rinnovato. Il Parlamento europeo gli offre un paracadute e forse la possibilità di occupare una poltrona con un certo peso. E' una tradizione di famiglia. Il padre, Louis Michel, nel 2009 lasciò in anticipo la Commissione (era commissario alla Cooperazione internazionale) per candidarsi al Parlamento europeo, dove divenne presidente della delegazione per i rapporti con i paesi dell'Acp (Africa-Caraibi-Pacifico). Quale incarico al Parlamento europeo per Charles? Presidente? O leader del gruppo liberale di Renew? Vicepresidente della plenaria o presidente di una commissione o di una delegazione non sembra all'altezza di un ex presidente del Consiglio europeo. In ogni caso, l'annuncio di Michel figlio mette in difficoltà anche Ursula von der Leyen, sua acerrima rivale nel corso degli ultimi quattro anni. La presidente della Commissione ora sarà sotto pressione per dire pubblicamente se si candiderà per un secondo mandato alla testa dell'esecutivo comunitario. E' un'altra ragione personale che potrebbe spiegare l'annuncio di sabato.
Chi parla di autolesionismo europeo dietro la mossa di Michel sottolinea lo scenario da incubo che si apre se i leader dei ventisette stati membri non gli troveranno rapidamente un successore. Il regolamento del Consiglio europeo prevede che, in caso di impedimento, il ruolo di presidente sia assunto a interim dal primo ministro del paese che ha la presidenza di turno dell'Ue. Dal primo luglio tocca all'Ungheria di Orbán, che potrebbe trovarsi a dirigere il Consiglio europeo per cinque mesi in un momento chiave per l'Ue, acquisendo un'influenza e una visibilità mai vista per un leader sovranista. Michel “è un pazzo”, ci ha detto una fonte, commentando a caldo il suo annuncio di candidatura per il Parlamento europeo. Ma non è detto che l'esito finale sia così catastrofico.
In realtà, aprendo in anticipo il gioco delle sedie musicali delle euronomine, l'annuncio di Michel costringe i ventisette a concentrarsi su una delle decisioni più importanti che dovranno prendere per la prossima legislatura. Chi guiderà il Consiglio europeo, diventato l'istituzione più importante della macchina comunitaria? Prevarranno la leadership e la competenza oppure i piccoli calcoli personali e partitici, come accaduto nel 2019 con lo stesso Michel, von der Leyen, l'Alto rappresentante, Josep Borrell, e la presidente della Bce, Christine Lagarde? I potenziali aspiranti a succedere a Michel non mancano. I socialisti pensano al portoghese Antonio Costa, allo spagnolo Pedro Sánchez, alla finlandese Sanna Marin e all'italiano Enrico Letta. I liberali hanno a disposizione l'olandese Mark Rutte, l'estone Kaja Kallas e il lussemburghese Xavier Bettel. Paradossalmente è il Ppe che manca di candidati che ispirino. Fatta eccezione per Angela Merkel, che lo ha escluso, il meglio che i popolari possono offrire tra gli ex capi di stato e di governo è il lettone Krišjānis Kariņš.
La prospettiva di avere Orbán alla testa del Consiglio europeo potrebbe spingere i leader ad anticipare la scelta del successore di Michel. La discussione inizierà già ai prossimi vertici, prima delle elezioni europee, quando dovranno negoziare anche l'agenda strategica per la legislatura 2024-29. L'effetto potrebbe essere di slegare la nomina del presidente del Consiglio europeo dalla spartizione per i posti di presidente della Commissione, presidente del Parlamento e Alto rappresentante per la politica estera. C'è un ex premier senza partito, il cui nome viene spesso citato nelle conversazioni riservate su chi sarebbe più adatto a guidare il Consiglio europeo in quest'epoca di crisi che necessità di un balzo in avanti dell'Ue: Mario Draghi. Le sue capacità di leadership e mediazione le ha già dimostrate da presidente della Bce. Come ci ha spiegato un diplomatico, “Draghi sarebbe perfetto, ma ha un difetto forse insormontabile per il Consiglio europeo: farebbe ombra ai Macron, Scholz, Meloni e Sánchez”.