Faide globali

Corbyn sogna un partito che affossi Starmer e le sinistre pro Ucraina e Israele

Paola Peduzzi

L’idea di un movimento illiberale che sfasci la sinistra nel momento in cui può ambire a tornare al governo è invero ghiottissima per l'ex leader del Labour. La rivalsa dopo la sospensione per l'antisemitismo. Il contagio anti americano e anti Nato in Europa

Jeremy Corbyn ha coltivato l’idea di formare un nuovo partito fin da quando ha perso la leadership del Labour dopo la sconfitta epocale alle elezioni britanniche del dicembre del 2019. Di tanto in tanto l’ipotesi si riaffaccia sui media, Corbyn lascia intendere che lo spazio elettorale esiste, i suoi sodali – che si sono sentiti umiliati dal repulisti centrista e brutale del suo successore, Keir Starmer – rinnovano il culto della sua personalità e poi si passa ad altre storie, altri pettegolezzi.

Da qualche giorno, la chiacchiera si è rifatta insistente e questa volta ha maggiore risonanza perché il 2024 sarà un anno elettorale per il Regno Unito, perché il Labour non ha mai avuto questo vantaggio sui Tory (nelle rilevazioni, ma con costanza) dai tempi di Tony Blair e perché Corbyn preferisce di gran lunga che il premier sia un conservatore piuttosto che un laburista moderato. L’idea di un partito di sinistra che sfasci la sinistra nel momento in cui può ambire a tornare al governo è invero ghiottissima per Corbyn.

L’ex leader del Labour si è sistemato nello spazio a lui più consono approfittando dei mal di testa che la guerra in medio oriente sta causando a Starmer. Corbyn, rappresentante della cosiddetta area radicale del partito che forse sarebbe meglio definire illiberale, ha sempre subìto il fascino dei dittatori: animatore di “Stop War Now”, un’organizzazione pacifista anti americana e anti occidentale, ha via via chiesto di fermare qualsiasi operazione militare contro il dittatore siriano Bashar el Assad, poi contro il regime iraniano e naturalmente contro Vladimir Putin. Il suo putinismo è peculiare e per questa ragione pericoloso: per quanto Labour e Tory si scontrino su qualsiasi cosa, sul sostegno all’Ucraina c’è una unità pressoché unica in occidente. Nessuno dei due grandi partiti britannici ha mai messo in dubbio la necessità e l’urgenza di sostenere una democrazia contro una dittatura. Corbyn chiede che Kyiv si fermi, che la Nato si fermi (e magari si disgreghi), che gli americani si fermino, e fa una equiparazione secca tra le vittime ucraine e quelle russe. Anche per questo l’ipotesi di un nuovo partito che – dice lui e dicono i suoi – dia voce a chi non sostiene l’imperialismo americano serve, e ha spazio come dimostra il precedente incarnato, negli anni blairiani, da George Galloway, l’amico di Saddam Hussein.

E’ stata la guerra in medio oriente a dare però lo slancio finora sfilacciato. Corbyn vuole creare un movimento contro la guerra che si rivolga in particolare agli elettori musulmani che si sentono traditi da Starmer, che non ha sostenuto un cessate il fuoco immediato e permanente a Gaza. Proprio come avviene negli Stati Uniti – i contatti tra Starmer e il mondo democratico americano sono assidui – anche nel Regno Unito dentro alla sinistra s’è creato un gran caos quando il leader del Labour non ha detto quel che tutti si aspettavano, ha continuato a condannare Hamas e i suoi massacri terroristici e a opporsi fino a poco tempo fa a un cessate il fuoco senza condizioni (la condizione principale è il rilascio degli ostaggi da parte di Hamas). Dei ministri ombra se ne sono andati, molti parlamentari si sono lamentati e hanno minacciato le dimissioni, anche i civil servant sono in subbuglio.

Per Corbyn la faccenda è più personale perché Starmer ha imposto una indagine interna al Labour sull’antisemitismo importato in gran parte dai corbyniani che ha portato alla sospensione di Corbyn e al veto a qualsiasi reintegro. Ora l’ex leader del Labour può cucinarsi la sua vendetta colpendo Starmer nel punto più debole, nell’unica ombra che si è creata sulla sua leadership da molti mesi: il sostegno a Israele.

Il passo per creare un partito è ancora lungo e anche se si parla già di una specie di ticket tra Corbyn e la sua sodale Laura Pidcock, che aveva lasciato nel 2022 il comitato centrale del Labour perché aveva “umiliato” il suo capo-mentore, non è stato fatto ancora nulla di formale. Ci si limita a guardare quanta voce e spazio trova Owen Jones, scrittore e giornalista entusiasta di Corbyn che ha dedicato il suo ultimo libro alla caduta del corbynismo assolvendolo però sull’antisemitismo, quando dice in tv che Israele tiene in ostaggio i suoi stessi ostaggi, continuando a fare la guerra a Gaza.

La tentazione di creare un movimento resta però forte, e va nel solco di quel che è appena avvenuto in Germania dove l’ex star della Linke, la Sinistra, Sahra Wagenknecht, ha appena fondato un suo partito (che porta il suo nome per ora, ma forse verrà cambiato) che è contro l’America e contro la Nato.  Wagenknecht è chiamata l’anti AfD, l’estrema destra, perché parla allo stesso elettorato, ma non è detto che il danno finale più corposo sia per l’AfD. Come dimostra l’esperienza francese e le vicinanze tra Jean-Luc Mélenchon e Marine Le Pen, la sinistra radicale non cannibalizza la destra estrema, ma ruba elettori al centro.
 

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi