Dopo 3 mesi
L'Onu riconosce gli stupri di Hamas: "Crimini contro l'umanità"
Ci sono voluti "solo" 90 giorni e numerosi appelli perché finalmente due esperte di diritti umani delle Nazioni Unite ammettessero che le violenze perpetrate lo scorso 7 ottobre sono "crimini di guerra" e contro tutto il genere umano
Lo show satirico israeliano “Eretz Nehederet” (un paese meraviglioso) ha mandato in onda una scenetta che prende in giro “Un Women” per il suo silenzio sullo stupro delle donne nel sud di Israele da parte dei terroristi di Hamas. Due dirigenti dell’organismo internazionale dicono a un terrorista di Hamas di credere a lui, anziché ai testimoni israeliani, sulle denunce di violenza sessuale. All’indomani delle guerre nella ex Yugoslavia, in Ruanda, Sierra Leone e Ucraina i crimini contro le donne sono stati centrali nelle accuse e nei procedimenti penali internazionali contro gli uomini responsabili d’aver orchestrato quelle campagne di stupri. Su Israele, invece, l’Onu ci ha messo tre mesi. La violenza che includeva atrocità sessuali commesse durante gli attacchi di Hamas costituisce “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”, hanno detto lunedì due esperte di diritti umani delle Nazioni Unite, dopo mesi di accuse da parte di Israele e di gruppi di femministe. Alice Jill Edwards, relatrice sulla tortura, e Morris Tidball-Binz, relatrice sulle esecuzioni extragiudiziali, hanno affermato che le prove di violenza sessuale sono “particolarmente strazianti”, prendendo atto delle accuse di stupro di gruppo e mutilazione ai genitali.
A fine novembre, in un primo timido post sui social, Un Women aveva denunciato gli attacchi di Hamas, ma poi aveva cancellato la dichiarazione subito dopo la pubblicazione e l’aveva sostituita con un’altra che ometteva la condanna di Hamas. In risposta alla dichiarazione delle esperte, Linda Thomas-Greenfield, ambasciatrice degli Stati Uniti presso le Nazioni Unite, ha dichiarato sui social: “Gli orribili atti di violenza sessuale di Hamas devono essere condannati immediatamente e inequivocabilmente”. Cinque uomini sono scesi dal furgone e hanno preso una donna, strappandole i vestiti di dosso e formando un cerchio attorno a lei. “Uno l’ha violentata e uccisa con un coltello, poi l’ha violentata di nuovo”, ha detto nel weekend alla Cnn Raz Cohen, un sopravvissuto al festival musicale Nova nel deserto del sud di Israele. “Ridevano sempre”.
Intanto, in Francia, esce un appello firmato da Anne Sinclair e da altre femministe e giornaliste. “‘Se Gesù fosse nato nel 1942, sarebbe stato deportato ad Auschwitz; se fosse nato oggi, sarebbe ostaggio a Gaza’, ha dichiarato, all’indomani dei massacri, padre Patrick Desbois, sacerdote cattolico. Perché questo silenzio assordante da parte delle ong e delle organizzazioni femministe? Di solito sono pronti a denunciare la violenza sessuale quando è commessa da una celebrità, senza rispettare la presunzione di innocenza. Perché la Croce Rossa, una cosiddetta associazione umanitaria, non ha nemmeno tentato di visitare gli ostaggi nei tunnel di Gaza?”.
Il giornalista israeliano Almog Boker ha rivelato (l’Onu dice di non avere notizie in merito) che uno degli israeliani rapiti è stato trattenuto da un insegnante dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi. Un altro rapito sarebbe stato tenuto prigioniero da un medico di Gaza. Un Women intanto ha avviato un’indagine disciplinare su una delle sue dirigenti per i post anti israeliani sui social. Si tratta di Sarah Douglas, la numero due della divisione Pace e sicurezza di Un Women. “Anche per una israeliana moderata, forte è la tentazione di lasciare l’Onu e diventare uno stato canaglia”, aveva scritto Fania Oz-Salzberger, la figlia di Amos Oz. “La mia fiducia nell’Onu è pari a zero. Come ebrea e come donna”. Non aveva tutti i torti.