A Parigi
Lo strano caso del funzionario di stato francese che ama Pyongyang
Benoît Quennedey, alto funzionario della Camera alta francese, è stato indagato per alto tradimento, poi reintegrato poi di nuovo sospeso. Ma il dilemma sulla sua relazione con il regime nordcoreano resta. Entusiasta o spia?
L’ultimo coup de théâtre si è consumato lo scorso 13 ottobre, quando il Consiglio di stato ha confermato la sospensione temporanea di Benoît Quennedey, alto funzionario del Senato francese, che nel novembre del 2018 era stato incriminato per “alto tradimento attraverso la rivelazione di informazioni a una potenza straniera” e “intelligence con una potenza straniera”: incriminazione che aveva scatenato una spietata battaglia giudiziaria tra questo 47enne originario della Borgogna e il presidente della Camera alta francese, il gollista Gérard Larcher. La “potenza straniera” con cui è sospettato dai servizi segreti interni francesi (Dgsi) di intrattenere rapporti profondi non è altro che la Corea del nord di Kim Jong Un: una passione, quella per Pyongyang, nata negli anni Novanta, quando Quennedey era uno studente di Sciences Po e in seguito dell’Ena, le due superscuole delle élite, quelle che sfornano i futuri presidenti, ministri e grand commis della République.
Secondo le testimonianze dei suoi ex compagni, Benoît era uno studente discreto e bizzarro, spettinato e vestito male, non uno di quelli che inviteresti a fare serata in un locale edonista di Odéon, per esempio Chez Castel. Ma era brillante, eccome se era brillante, e tutto lasciava pensare che sarebbe finito tra i primi quindici classificati della sua promotion, quelli che entrano nei grandi corpi dello stato e nel giro del Quai d’Orsay, il ministero degli Esteri francese. Il pessimo rapporto avuto con un suo superiore durante uno stage in un’ambasciata, tuttavia, rovinò i suoi piani di carriera nell’alta diplomazia. Il giovane bourguignon decise allora di puntare tutte le sue fiche sul Senato, presentandosi al concorso per entrare nell’Alta amministrazione del Palais du Luxembourg, uno dei più difficili e ambiti: riuscì al primo colpo, con poche settimane di preparazione alle spalle. “All’interno del Senato, ‘Camera dei lord’ alla francese, Benoît Quennedey si fa notare. È chiacchierone e stropicciato, indossa abiti troppo larghi e ha i capelli a caschetto. Pranza volentieri con gli agenti amministrativi, scherza sempre con i sorveglianti del palazzo. I suoi colleghi lo apprezzano, ma i suoi superiori diffidano di lui”, ha raccontato di lui tempo fa M, il magazine del Monde.
Dopo essersi diplomato a Sciences Po con una tesi sulla Corea del nord, il non ancora trentenne Quennedey aderisce nel 2005 all’Association d’amitié franco-coréenne (Aafc), fondata sul modello delle associazioni di amicizia con l’Urss, quando i figli dei simpatizzanti del Partito comunista francese venivano mandati in colonia estiva in Russia o negli altri stati satellite. Lo stesso anno, l’alto funzionario si reca per la prima volta in Corea del nord, dittatura che accetta i visitatori stranieri col contagocce. I viaggi sono organizzati da un’agenzia governativa di Pyongyang: il comitato delle relazioni culturali con i paesi stranieri. Sul sito dell’Aafc, in una galleria di foto, si vede Benoît Quennedey in posa davanti all’arco della riunificazione, gigantesco monumento in cemento armato rivestito di marmo bianco che sovrasta l’autostrada della capitale nordcoreana. Dopo la sua prima visita, l’ex allievo di Sciences Po e Ena rimane folgorato: tra il 2005 e il 2018 si reca a Pyongyang per ben otto volte. Nel 2017, un anno prima di ricevere la visita dell’intelligence parigina, diventa presidente dell’Aafc, dandole un nuovo impulso: lancia un sito internet, aumenta il numero di iscritti e organizza una riunione settimanale per parlare degli “splendori” della Corea del Nord. Sotto la sua presidenza, l’Aafc non si nasconde più e diventa un vero e proprio strumento di influenza di Pyongyang in Francia. Autore di due libri sulla dittatura di Kim Jong Un, tra cui “La Corée du Nord, cette inconnue” (Delga, 2017), Quennedey è su tutti i fronti per difendere la Corea del nord, presentandola coma un “modello di sviluppo”, dove “non c’è disoccupazione” e “non ci sono carte per terra”.
La sua apologia di Pyongyang a Parigi lo accredita rapidamente tra gli alti responsabili della dittatura: incontra a più riprese i dirigenti del Partito del Lavoro di Corea, riceve in omaggio una spilla raffigurante il “comandante supremo” Kim Il Sung e nel 2018 viene invitato a festeggiare i settant’anni del regime a Pyongyang (alloggia nello stesso Hotel International in cui è ospite l’attore Gérard Depardieu, altro “amico” della Corea del nord). A Parigi, l’alto funzionario del Senato diventa un habitué della delegazione generale della Corea del nord in Francia, i cui membri sono gli stessi che consegnano i (pochissimi) visti ai francesi desiderosi di recarsi a Pyongyang e che secondo il Quai d’Orsay sono a Parigi anche per raccogliere informazioni strategiche e individuare possibili informatori francesi simpatizzanti della dittatura nordcoreana: proprio come Benoît Quennedey. Quest’ultimo, senza troppi scrupoli, li invita a deambulare tra i corridoi della Camera alta francese. Un’abitudine che irrita alcuni suoi colleghi: a partire dal senatore di Renaissance (il partito del presidente Macron) André Gattolin. Indispettito da una mail dell’Aafc che “criticava la posizione del presidente Macron nei confronti della Corea del nord” e dalla ripetuta violazione “delle regole deontologiche nei confronti di un paese che è un nemico sistemico”, Gattolin moltiplica le segnalazioni alla presidenza del Senato e all’intelligence. Fino a quando, giovedì 29 novembre 2018, dopo quattro giorni in stato di fermo a Levallois-Perret, sede dei servizi segreti interni, Quennedey viene incriminato per alto tradimento. Accanto alla sua attività di pubblicista di articoli apologetici sul sito dell’Aafc, il controspionaggio francese constata che l’alto funzionario, amministratore della direzione dell’architettura, del patrimonio e dei giardini del Senato, è in contatto “quotidiano” con la famosa delegazione generale della Corea del nord in Francia, che si è avvicinato a degli estremisti della sinistra sovversiva sudcoreana, che ha chiesto di sorvegliare una manifestazione al Trocadéro in favore dei diritti umani dell’associazione sudcoreana Justice for North Korea e che stava per mettere in contatto i suoi amici nordcoreani con due scienziati, un ricercatore specializzato in algoritmi desideroso di recarsi a Pyongyang e soprattutto un ex ingegnere del costruttore aeronautico europeo Eads (European Aeronautic Defence and Space).
In occasione del suo primo stato di fermo, secondo quanto riportato dal Monde, avrebbe ammesso di aver inoltrato delle foto di manifestanti a un agente nordcoreano, e che forse “è stato utilizzato dall’intelligence della Corea del nord”. Quando i poliziotti hanno perquisito il suo appartamento, inoltre, hanno trovato le coordinate di cinque individui “appartenenti in maniera evidente ai servizi segreti nordcoreani”. Durante tutta la fase istruttoria, per tre anni e mezzo, è stato sospeso dal suo ruolo. Fino al non luogo a procedere deciso nel 2022 dai giudici, secondo cui non è stato possibile “dimostrare che Benoît Quennedey abbia raccolto o rivelato a una potenza straniera, la Corea del nord, delle informazioni suscettibili di arrecare danno agli interessi fondamentali della nazione”. Un anno dopo la decisione dei giudici istruttori, e più precisamente lo scorso 16 maggio, la giustizia ha annullato la sospensione decisa dal consiglio di disciplina del Senato a febbraio. E in piena estate, il Consiglio di stato ha confermato la decisione, mandando fuori di senno una vecchia volpe della politica francese come Gérard Larcher. Il presidente della Camera alta francese ha così deciso di presentare un nuovo ricorso, ottenendo il 13 ottobre una temporanea vittoria. Quennedey, che sta scrivendo un libro sul suo affaire, è per ora sospeso dal suo incarico, ma promette di continuare la battaglia fino a quando, a sua detta, non sarà fatta giustizia. Il dilemma resta, come ha scritto France 24: “North Korea enthusiast or spy?”.