Il racconto
Il confine sud dell'America e gli effetti sulle presidenziali di novembre
Il grande flusso di immigrati inizia a monopolizzare il dibattito americano nell’anno elettorale. I numeri degli arrivi, quel che vogliono i repubblicani, quel che fa Biden e i bus pieni di migranti in giro per il paese
Non soltanto i repubblicani, anche i democratici si lamentano delle politiche migratorie della Casa Bianca. Il tema del confine sicuro – America first! Usiamo i soldi per proteggerci invece che per difendere l’Ucraina!, urlano i trumpiani – si prospetta come uno dei terreni principali di confronto in vista delle elezioni di novembre, ma è anche un problema interno al Partito democratico. Dopo le impressionanti immagini dei bambini in gabbia durante l’Amministrazione Trump, il presidente Joe Biden aveva promesso un cambio di passo e a maggio aveva lasciato scadere la Title 42, la legge migratoria considerata dai progressisti troppo dura. Biden, con un certo ritardo, aveva così attuato una nuova politica, soprattutto a livello mediatico: pugno più morbido alla frontiera, meno rimpatri, più possibilità di accesso invitando i migranti a usare le vie legali, nessuna detenzione per i minori, oltre ad accordi bilaterali col Messico e altri paesi per la gestione dei flussi. Subito, scadute le draconiane leggi dell’era Trump e percepita una migliore accoglienza da parte del governo, i confini erano stati presi d’assalto. Biden aveva assicurato che l’emergenza alla frontiera sarebbe durata poco. Ma i numeri da maggio non sono diminuiti.
A dicembre, secondo le cifre della polizia di frontiera, ci sono stati 250 mila attraversamenti illegali, un record. In alcune giornate sono stati superati i 10 mila attraversamenti quotidiani. Si tratta del doppio dei numeri che gli agenti della Customs and Border Patrol riescono a gestire. “Gli Stati Uniti non hanno le risorse per gestire tutti questi arrivi”, aveva detto in autunno Andrew Selee, presidente del Migration policy Institute: “Il governo sta cercando di fare varie cose allo stesso tempo, ma le risorse sono quasi al limite su tutti i fronti”. Nel 2023 sono quasi 2 milioni e mezzo i migranti che hanno attraversato il confine messicano, e a questi vanno aggiunti i 600 mila che sono sfuggiti alla polizia di frontiera, entrando quindi senza seguire l’iter regolare. Città come El Paso sono diventate gigantesche sale di attesa. Quasi due milioni di migranti stanno aspettando, in un limbo legale, di capire come e se verranno regolarizzati, aggiungendosi a chi negli Stati Uniti è arrivato già da tempo. Biden in campagna elettorale aveva promesso di passare una legge che permettesse agli undici milioni di immigrati, che sono nel paese da anni e che non hanno permessi permanenti, di accedere a un percorso accelerato verso la cittadinanza, trasformandoli quindi in americani, ma la cosa è passata in secondo piano vista la situazione dei nuovi arrivi. Nel 2023, grazie al Title 42, oltre mezzo milione sono stati rimpatriati immediatamente, e poi, tra partenze volontarie e altre forme di espatrio, altri 365 mila sono stati rimandati indietro nei paesi di provenienza.
Da quando Biden è stato eletto i migranti in custodia presso il Border Patrol sono stati circa 6 milioni, un altro record. Negli ultimi tre anni sono stati rimpatriati 4 milioni di migranti che avevano attraversato illegalmente il confine, ma la maggioranza continua a entrare. Un po’ come era successo con Barack Obama, che pur avendo cambiato le politiche rispetto ai precedenti anni di governo repubblicana era stato costretto a operare inizialmente varie deportazioni – per un primo periodo i gruppi pro immigrazione lo chiamavano “deporter in chief” – anche Biden ha tentennato sul Title 42, perché in fondo gli faceva comodo non avere una crisi migratoria da aggiungere a quella dell’economia. E infatti, se si vanno a guardare i numeri degli arresti al confine dall’agosto 2022 all’agosto 2023, si parla di cifre simili (circa 180 mila arresti in un mese) tra la media trumpiana e il primo periodo bideniano. Però, a differenza di Trump, Biden ha permesso a 2,3 milioni di persone detenute nei centri di arrivo, soprattutto famiglie e minori accompagnati, di esser rilasciati nel territorio statunitense. Trump non discriminava, anche i minori dovevano essere tenuti in gabbia. Nell’ultimo anno l’81 per cento delle famiglie in custodia è stato rilasciato. In queste cifre non vengono calcolati gli oltre 360 mila minori non accompagnati che vengono invece gestiti dal dipartimento della Salute, assegnati solitamente a un centro di accoglienza federale e poi a dei tutori o a dei familiari presenti già nel territorio. Quella del rilascio è una politica che fa arrabbiare i repubblicani e che viene vista come un’ultima risorsa per svuotare i centri al confine. Trump sta cavalcando la crisi, colpevolizzando nella sua propaganda gli immigrati per l’arrivo in America di droghe come il fentanyl, usando un linguaggio novecentesco contro “i parassiti che arrivano nel nostro paese”. Seppur si passi dal Messico. i migranti arrivano soprattutto da Venezuela, Cuba, Nicaragua e Honduras.
In risposta alle politiche di Biden, il governatore del Texas, il repubblicano Greg Abbott, ha iniziato qualche mese fa a spedire bus pieni di migranti nelle città progressiste della California, della costa est e degli stati blu, a guida democratica. Nell’ultimo anno e mezzo a Chicago sono arrivati dal Texas oltre 600 pullman e per mesi le famiglie si sono dovute accampare nei parchi e sui marciapiedi. Nella città dell’Illinois a dicembre un bambino di cinque anni è morto in uno dei rifugi per migranti. Il sindaco di Chicago, democratico e nero, dice che non è un caso che Abbott voglia inviare, ora anche con dei voli, migranti in città guidati da leader afroamericani e ha parlato di lui come di un uomo malvagio. Ma dice anche: il governo deve aiutarci. Il primo cittadino della città di Edison, in New Jersey, un democratico, ha addirittura detto che “gli immigrati non sono i benvenuti”. Il sindaco di New York Eric Adams – che ha vari problemi, tra influenze estere e roditori – ha dichiarato che non vede fine alla crisi. E ha chiesto 780 milioni di dollari da parte delle compagnie di bus che hanno portato cittadini centro e sudamericani nella sua città. Poi ha limitato l’arrivo di questi convogli a determinati orari e giorni e così molti hanno deviato verso il New Jersey. Non tutti i sindaci democratici chiedono di implementare le politiche restrittive che vorrebbe il popolo Maga, ma semplicemente desiderano un aiuto da Washington nella gestione, dato che i centri di accoglienza straripano. A New York nell’ultimo anno a mezzo sono stati registrati 165 mila nuovi migranti e molti di questi vivono negli oltre duecento edifici pubblici e hotel gestiti dalla città. Il sindaco di Denver ha detto che si tratta anche di una questione umanitaria: “Non possiamo stare qui fermi vedendo madri con i bimbi di sei mesi che dormono nelle tende in strada a meno dieci gradi”. Secondo lui per ridurre l’emergenza basterebbe accelerare i processi per permettere ai migranti di avere permessi di lavoro, oltre a ricevere “soldi federali e attuare un piano coordinato di ingresso”.
Il governo ha già stanziato un miliardo di dollari per le città più colpite, ma i soldi non sembrano bastare. New York ha già speso oltre 3 miliardi nel 2023 per accogliere i migranti. Negli ultimi mesi città come San Diego, Los Angeles, Chicago – tutte città con sindaci progressisti – e stati come il Massachusetts hanno speso milioni di dollari per accoglienza, cibo, vaccini, trasporti e costruzione di nuovi centri. Altri fondi promessi ai sindaci e ai governatori sono stati bloccati alla Camera dove è in corso una negoziazione tra i due partiti per approvare gli aiuti a Israele e Ucraina. Al pacchetto sugli aiuti esteri sono stati attaccati i fondi da usare per l’emergenza migranti, ma si discute su come usarli. Entrambi i partiti chiedono più soldi, ma non sono d’accordo su come verranno spesi. Centri di accoglienza e maggior coordinamento centrale per i democratici, più muri e controlli e deportazioni per il Partito repubblicano. E per ora, dato che i democratici non cedono alle richieste considerate eccessive dei repubblicani, e viceversa, tutto è bloccato. Lo speaker Mike Johnson, leader del Partito repubblicano alla Camera, è andato in visita al confine messicano per quella che la Casa Bianca ha definito una “sceneggiata politica”. Johnson ha parlato da un podio con la scritta “Secure the border” per far vedere quanto sia incapace Biden a gestire la situazione. Una deputata che ha accompagnato lo speaker ha detto: “Nessuno vuole uno shutdown governativo, ma a questo punto possiamo riconoscere che ogni singolo centesimo che diamo al dipartimento dell’Homeland Security non viene usato per proteggere il confine”. I repubblicani chiedono fondi per ricominciare la costruzione del muro che ha contribuito a far vincere le elezioni a Trump nel 2016, oltre a limitare le soglie per i richiedenti asilo e ridurre il potere del presidente nel permettere altri ingressi. Mark Green, un altro deputato del gruppo, ha iniziato una procedura di impeachment verso il segretario dell’Homeland Security, Alejandro Mayorkas, incolpandolo della situazione. “Vogliono solo perdere tempo invece di trovare una soluzione”, hanno risposto i democratici.
Durante le feste la Casa Bianca ha mandato Mayorkas e il segretario di stato Antony Blinken a Città del Messico per cercare di convincere il governo messicano a impegnarsi di più per ridurre i numeri di migranti che oltrepassano il confine, cercando una soluzione a monte, così come aveva provato a fare, fallendo, la vicepresidente Kamala Harris quando dal Guatemala disse, in lacrime, “non partite”. Biden, nonostante implementi una politica dissuasoria, un anno fa ha detto: “Non possiamo evitare che le persone partano, ma possiamo fare in modo che arrivino in modo ordinato obbedendo alla legge degli Stati Uniti”. Fino a ora non sembra si sia trovato il metodo giusto per applicare questa dottrina. Secondo un sondaggio del Wall Street Journal, il 63 per cento degli americani è contrario al metodo Biden nel gestire la sicurezza al confine sud. Lo stesso sondaggio mostra anche come il tema immigrazione stia salendo in cima alla lista delle questioni importanti che avranno un impatto sulle presidenziali.
Cosa c'è in gioco