Isole inospotali
Le Maldive tramano per rompere con l'India e avvicinarsi a Pechino
"Non siamo il cortile di casa di nessuno, siamo uno stato indipendente e sovrano", grida il presidente Mohamed Muizzu, chiedendo a Modi che vengano ritirate dal paese le truppe entro il 15 marzo prossimo. Nelle relazioni dell'arcipelago ora l'obiettivo è la Cina
Al grido di: “Non siamo il cortile di casa di nessuno, siamo uno stato indipendente e sovrano” Mohamed Muizzu, da poco presidente delle Maldive, ha chiesto all’India di ritirare entro il 15 marzo il piccolo contingente di circa 90 militari dispiegati sulle isole per assistere nella sorveglianza marittima, nelle operazioni di ricerca e salvataggio e nelle evacuazioni mediche. Ha anche annullato un accordo con la Marina indiana per un sondaggio idrografico e ha dichiarato che rivedrà gli oltre cento accordi di varia natura firmati dal precedente governo con l’India. Muizzu ha dichiarato anche che le Maldive ridurranno la (quasi totale) dipendenza dall’India per l’assistenza sanitaria e le medicine, aggiungendo che esistono altri paesi esteri in cui i cittadini che necessitano di cure sanitarie pagate dal governo possono recarsi.
“Questo Oceano (l’oceano Indiano) non appartiene a nessun paese in particolare. L’oceano appartiene a tutti i paesi che vi si trovano”, ha proseguito poi il presidente. Muizzu sarebbe certamente risultato più credibile nelle sue smanie di sovranità e indipendenza se non avesse tenuto il suo discorso appena rientrato in patria da una visita di stato in Cina, paese con cui aveva dichiarato in campagna elettorale di voler “coltivare forti legami” e dove si è quasi immediatamente recato, rompendo la tradizione che vede i presidenti maldiviani appena eletti recarsi in India per la loro prima visita all’estero. In Cina ha firmato una serie di accordi con Xi Jinping e ha incassato circa 130 milioni di dollari in “sovvenzioni” oltre ad aver chiuso un accordo di 50 milioni di dollari per lo sviluppo di una zona turistica integrata a Hulhumale e per la costruzione di 30.000 alloggi sociali a Rasmale. La Cina fornirà inoltre assistenza per lo sviluppo di un ospedale terziario da cento posti letto a Vilimale. L’ambasciatore cinese alle Maldive Wang Lixin ha inoltre dichiarato che le Maldive riceveranno il sostegno di Pechino per ulteriori progetti di sviluppo.
Lo spettro dello Sri Lanka e della crisi in cui il paese è stato precipitato a causa della “trappola del debito” generata dagli investimenti cinesi, non preoccupa evidentemente né Muizzu né il suo governo. Che hanno entusiasticamente cavalcato, invece, la delirante onda di indignazione e di sdegno contro l’India scatenata in rete da una fotografia che ritrae il premier indiano Narendra Modi mentre si rilassa in una spiaggia di sabbia bianchissima seduto su una sdraio di legno, in riva a un incredibile mare color turchese con sfondo di lussureggiante vegetazione. È una delle spiagge di Lakshadweep, un complesso di piccole isole al largo delle coste del Kerala, poco frequentate e poco conosciute e, per questo, rimaste quasi incontaminate. Dopo il post di Modi, star di Bollywood e campioni di cricket indiani hanno lanciato l’hashtag #chaloLakshadweep (andiamo a Lakshadweep) e le agenzie di viaggio sono state sommerse di richieste. Nessuno ha mai menzionato le Maldive, nemmeno per sbaglio, tantomeno Modi. Eppure, tre alti funzionari del governo di Malè si sono sentiti in dovere di rispondere a mezzo social con pesanti insulti di vario genere, all’indirizzo di Narendra Modi. I tre funzionari sono stati sospesi, il governo maldiviano si è scusato, ma intanto il danno era fatto mentre la polemica veniva alimentata ad arte da centinaia di account e dai soliti bot.
In India di conseguenza si lanciava l’hashtag “Boycott Maldives” e alcune agenzie cominciavano a rifiutare le prenotazioni per le Maldive. Danno non da poco, se si pensa che l’anno scorso gli indiani hanno rappresentato il maggior numero di visitatori delle spiagge tropicali delle isole, con oltre l’11 per cento dei turisti. E che il turismo rappresenta circa un quarto del prodotto interno lordo delle Maldive. La scaramuccia rischia di rinsaldare ulteriormente i rapporti tra Malè e Pechino, e la prospettiva non piace a nessuno. Nemmeno agli abitanti di Malè, a quanto pare. Che hanno appena nominato sindaco un membro dell’opposizione, filoindiano e anticinese. Muizzu, tra una sparata sovranista e l’altra, farebbe meglio a tenere a freno i suoi funzionari. E a ricordare che il suo predecessore Abdullah Yameen, anche lui legato a filo doppio a Pechino, è attualmente in galera per corruzione e riciclaggio.