Ali Waked (Photo by Araya Diaz/Getty Images) 

l'intervista

“Tra quindici anni rischiamo un altro 7 ottobre”. Parla Ali Waked 

Giulio Meotti

Il giornalista arabo-israeliano è a Roma per partecipare al convegno della neonata associazione “Setteottobre”. Al Foglio dice: "Le immagini da Gaza non possono cancellare cosa è successo a Israele"

Ali Waked ha trascorso vent’anni a raccontare la vita e la morte dei palestinesi nei territori, frequentando i terroristi ricercati nei campi profughi e venendo rimproverato dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas per la sua copertura della corruzione dell’Autorità Palestinese. Waked, un palestinese musulmano di Giaffa già corrispondente per il  sito web israeliano Ynet, ha scritto la sceneggiatura di “Bethlehem”, il thriller candidato agli Oscar. Corruzione, estorsione, tradimento e rivalità intestine sono all’ordine del giorno nel film, ambientato a Betlemme durante la Seconda intifada. Waked, diventato nel frattempo direttore della sezione araba del canale israeliano i24, parlerà al convegno della neonata associazione “Setteottobre” di Stefano Parigi e Anita Friedman,  che verrà presentata domenica 21 a Roma (alle 10.30 in Sala Umberto) e il 28 a Milano al Teatro Franco Parenti, nata su iniziativa di un gruppo di persone del mondo culturale che hanno sentito l’obbligo morale di agire davanti alla demonizzazione di Israele, all’antisemitismo delle piazze e al negazionismo dilagante.

Gli slogan come ‘Palestina libera’ sono molto pericolosi, significa che vogliono distruggere Israele, enfatizzano il fatto che per il momento c’è uno stallo in ogni iniziativa di pace che è una pietra tombale sul compromesso” dice al Foglio Waked. “Dovrebbe essere possibile un accordo: senza, vivremo da un ciclo di violenza a un altro. Senza un accordo, le persone innocenti pagheranno. E io sono un padre di quattro bambini, ho paura per il loro  futuro. Raanana, dove c’è stato l’ultimo attentato, è dove andiamo spesso con la mia famiglia. Non dico che un accordo è facile o che sarà immediato, ma nel lungo periodo sono possibilista”. Sfortunatamente, nel breve periodo Hamas sarà sempre più forte. “Hamas è debole quando ci sono dialoghi politici. I palestinesi hanno visto negoziati falliti per anni e ora pensano che la violenza di Hamas sia necessaria per riportare la causa palestinese al centro dell’attenzione internazionale. Gli israeliani non hanno fiducia nei palestinesi, ma non vedo alternativa all’assumersi un nuovo rischio per un accordo. Hamas era debole al tempo di Oslo e quando lanciò i suoi attentati suicidi. Anche se i palestinesi sognano ‘dal fiume al mare’, i due popoli hanno maggioranze pragmatiche”. 

La tragedia del nostro conflitto è che non abbiamo tempo per capire cosa è successo il 7 ottobre: “Le immagini da Gaza non possono cancellare cosa è successo a Israele, le atrocità, che dovrebbero essere nella testa di chiunque parla del conflitto. Ci sono 1.200 civili israeliani che hanno perso la vita e anche se vuoi sostenere Gaza non devi dimenticarlo”. I fondamentalisti islamici oggi prenderebbero il potere anche a Ramallah. “Se domani votassero in Cisgiordania, i palestinesi voterebbero per Hamas. A Gaza invece Hamas sta perdendo popolarità. Ecco perché le elezioni devono avere luogo dopo aver costruito un percorso di fiducia. Hamas è contro lo stato palestinese. In 15 anni vedremo un altro 7 ottobre. E fra 30 anni un altro 7 ottobre. La prima intifada fu nel 1987. La seconda nel 2000 ed è finita nel 2005 e gli attacchi sono ripresi nel 2022. Ogni volta c’è una generazione nuova che non ricorda o che non ha vissuto il ciclo di violenza precedente. Ecco perché siamo in una corsa contro il tempo contro il prossimo grande attentato”. Il film di Waked fu attaccato da entrambe le parti. “Dagli israeliani perché dissero che umanizzavano i palestinesi e i palestinesi perché disumanizzavo i palestinesi. Ho familiari a Gaza che sono stati uccisi e ho amici che nell’esercito israeliano hanno perso familiari. Ecco perché penso che siamo noi arabi israeliani che possiamo chiudere il cerchio della guerra”. Viene voglia di credergli.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.