Il prossimo voto
La strategia di Trump per vincere contro Nikky Haley in New Hampshire
L'ex presidente sa che nello stato dove si terranno le prossime primarie repubblicane il consenso per l'ex ambasciatrice è più alto. Quest'ultima ha cambiato strategia, e agli spot televisivi il Tycoon risponde con pesanti post social, rivolgendosi alla sfidante con il suo nome indiano
“Donald Trump è più vulnerabile di quanto si creda”, ha detto la candidata Nikki Haley dopo il voto in Iowa che ha inaugurato la stagione delle primarie repubblicane. L’ex ambasciatrice è arrivata terza dopo Trump e Ron DeSantis e ha deciso di cambiare strategia. Prima era considerata troppo morbida con Trump, che dopotutto le aveva dato il lavoro all’Onu con cui si è fatta conoscere fuori dalla Carolina del sud. Ai comizi lei diceva: “Dimentichiamolo, lasciamolo nel passato. Ha fatto cose buone e cose meno buone – vedi l’attacco al Congresso del 6 gennaio – ma bisogna guardare alle nuove generazioni”. Cercava di parlare di lui il meno possibile, per mantenere una posizione neutra cercando di attirarsi sia gli elettori moderati sia quel popolo Maga che con Trump ha paura di perdere a novembre. Ma dopo l’Iowa Haley ha fatto partire una serie di spot televisivi dove l’ex presidente è dipinto come un bugiardo e un bullo. Ha anche attaccato Trump per l’età: “La maggioranza degli americani non vuole vedere candidati due ottantenni”. Davanti a questa frase la folla ha riso e applaudito, più reattiva a battute e insulti rispetto a quando parla di politica estera – la sua specialità – o di politiche fiscali.
Il motivo della rinnovata competitività è che Haley sta guardando al New Hampshire, dove si voterà il 23 gennaio. Lì i sondaggi la danno in seconda posizione e il suo obiettivo è trasformare le primarie in una corsa a due, lei contro Trump, dimenticandosi di DeSantis. E così Haley ha già detto che non parteciperà ai prossimi dibattiti presidenziali a meno che non si presenti anche Trump – ne hanno già cancellati un paio. Fino a ora il frontrunner ha evitato ogni scontro pubblico con gli altri candidati, cercando di rubare la scena ai dibattiti televisivi, facendo uscire interviste esclusive proprio nel momento in cui gli altri aspiranti presidenti si riunivano sul palco.
L’Iowa ha incoronato Trump, e anche se si tratta di pochi elettori, circa 50 mila, il suo 51 per cento è servito a dimostrare che ha ancora una forte presa sul partito. Ma in New Hampshire, che non è evangelico e conservatore come l’Iowa, Trump teme di più Haley, che è data al 34 per cento (DeSantis si ferma al 5). Qui Haley ha anche ottenuto l’appoggio del governatore repubblicano, Chris Sununu. E infatti dopo un raro e inaspettato discorso sulla necessità dell’unità partitica, l’ex presidente, lasciato l’Iowa, ha iniziato ad attaccare Haley. Ha usato il suo nome indiano, Nimarata (tra l’altro scrivendolo male), per sottolineare la sua non totale americanità (Haley è figlia di immigrati indiani e usa il cognome del marito), così come non si dimenticava mai di inserire il secondo nome “Hussein” quando twittava su Obama.
E di recente Trump ha anche condiviso un post dove si parlava dell’ineleggibilità di Haley in quanto i suoi genitori non sono nati negli Stati Uniti (una prevedibile fake news tipica della Trumpland). A un evento in New Hampshire, dove è andato tra un appuntamento in tribunale e l’altro, Trump ha attaccato Haley per essere poco conservatrice e troppo morbida sull’immigrazione, e ha provato a spaventare l’elettorato dicendo che lei “sta contando su democratici e progressisti per infiltrare le primarie repubblicane”.
“Se volete una candidata appoggiata da tutti i Rino (i Republicans in name only), i globalisti e i Never Trump, allora scegliete Nikki Haley”, ha detto Trump. Sulla politica estera i due la vedono molto diversamente – Haley è favorevole agli aiuti a Ucraine e Israele. “È una globalista, adora il globo”, ha detto Trump.
Sappiamo quanto Trump detesti i traditori, gli amici che diventano oppositori, e sta cercando di far entrare Haley in questa categoria, giocandosi anche un po’ la carta della razza che ha una certa risonanza con alcune fette del suo elettorato, quello che credeva che Obama fosse un musulmano nato in Kenya. Molti trumpiani, come l’ex candidato millennial Vivek Ramaswamy e il senatore Ted Cruz (che nel 2016 proprio in Iowa batté Trump), hanno detto che tanto vale farla finita qui con le primarie. Dare subito lo scettro a Trump e concentrarsi sul vero nemico: Joe Biden. Nel Partito repubblicano dopo l’Iowa c’è un po’ di agitazione, molti si chiedono quando sarà troppo tardi per salire sul carro del vincitore. E se si può aspettare il Super Tuesday – il 5 marzo – prima di rischiare di finire nella lista nera dei “traditori” che verranno epurati.