Josep Borrell - foto Ansa

Manovre europee

Il piano di "pace" per Gaza di Borrell non piace a nessuno

David Carretta

Il documento presentato dal rappresentante Esteri dell'Ue, oltre a non scandire i contorni del "giorno dopo" a Gaza, esclude sia Israele sia gli Stati Uniti nella "conferenza preparatoria di pace". La missione nel Mar Rosso trova unità: le navi dell’Ue fanno solo da scorta ai mercantili 

Bruxelles. I ministri degli Esteri dell’Unione europea oggi hanno trovato un accordo di principio per lanciare un’operazione navale nel Mar Rosso volta a difendere la libertà di navigazione e il commercio globale dalla minaccia costituita dagli attacchi degli houthi yemeniti nella regione. Anche se sarà una missione limitata a compiti difensivi, senza la possibilità di condurre attacchi contro obiettivi houthi in Yemen, è un piccolo passo in avanti per cercare di mettere ordine in una politica estera dell’Ue che è andata in pezzi dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre e la risposta di Israele a Gaza. La cacofonia dei ventisette sul medio oriente si è tradotta in un piano di pace in 12 punti presentato dall’Alto rappresentante, Josep Borrell, che è tutto procedura e zero sostanza.
  

Il medio oriente ha preso il sopravvento sull’Ucraina nel Consiglio Affari esteri di oggi. Prima dell’inizio della riunione, Borrell ha liquidato la guerra della Russia con una frase sbrigativa. “Gli ucraini non devono preoccuparsi. Il sostegno dell’Europa resta più forte che mai e continuerà”. Diversi ministri si sono lamentati delle crescenti esitazioni interne all’Ue di fronte a quella che considerano una minaccia esistenziale: la vittoria di Putin. “Dobbiamo cambiare la nostra strategia da ‘tutto il tempo necessario’ a ‘tutto ciò che è necessario per la vittoria’, ha detto il lituano Gabrielius Landsbergis, sottolineando che l’Ucraina permette all’Ue di “guadagnare tempo” per prepararsi a un’altra aggressione russa. Il primo febbraio ci sarà un vertice straordinario dei capi di stato e di governo sulle forniture militari e sui 50 miliardi di euro di aiuti finanziari a Kyiv, bloccati dal veto dell’Ungheria di Viktor Orbán. Ma Borrell ha scelto di dare priorità al medio oriente, in particolare per mettere pressione su Israele per accettare il cessate il fuoco a Gaza e un negoziato su una soluzione dei due stati. L’Alto rappresentante ha invitato i ministri degli Esteri di Israele, Autorità palestinese, Egitto, Giordania e Arabia Saudita. Poi ha presentato un documento in dodici punti dal titolo “Come creare un piano di pace globale”, che però non ha incontrato grande entusiasmo tra i ventisette.
 

Il piano Borrell non dice come dovrebbe essere la pace, né i contorni del “giorno dopo” a Gaza. Le tre pagine sono una “road map” procedurale. La principale proposta è convocare rapidamente una “Conferenza preparatoria di pace” che “potrebbe affrontare la situazione di guerra a Gaza”, ma il cui “obiettivo fondamentale dovrebbe essere affrontare il conflitto israeliano-palestinese”. Toccherebbe ai promotori della Conferenza presentare “una bozza iniziale di quadro per un piano di pace”, poi “un’agenda” di un anno per emendare la versione iniziale. Le parti in conflitto dovrebbero essere consultate, ma non coinvolte nella redazione. Solo alla fine, quando il piano di pace sarà completato, le due parti sarebbero chiamate a negoziare “il testo finale”. In caso di rifiuto, Israele o palestinesi si troverebbero confrontate a “conseguenze”. La Germania ha contestato il documento Borrell perché, nei fatti, esclude sia Israele sia gli Stati Uniti dalle iniziative. In ogni caso è un esercizio futile. “Né Israele né gli altri ci ascoltano”, ammette al Foglio un diplomatico dell’Ue.
 

L’Ue rischiava l’irrilevanza anche nel Mar Rosso, dove i suoi interessi economici e commerciali sono direttamente minacciati dagli attacchi degli houthi. Alla fine del 2023, la proposta di estendere il mandato della missione Atalanta, attualmente limitato alla lotta alla pirateria al largo della Somalia, era stata bloccata per ragioni interne dalla Spagna. Di fronte allo stallo, Germania, Francia e Italia hanno preso l’iniziativa. In un “non paper” inviato prima del Consiglio Affari esteri, hanno proposto di lanciare un’operazione navale il più rapidamente possibile, appoggiandosi sulle strutture e capacità esistenti della missione Agenor, che svolge sorveglianza nello stretto di Hormuz in funzione anti Iran. Un accordo politico è stato trovato. I dettagli tecnici saranno negoziati nei prossimi giorni. Ma già si sa che l’operazione dell’Ue non sarà “Prosperity guardian”, la missione guidata dagli Stati Uniti. Le navi militari dell’Ue non potranno condurre attacchi contro obiettivi houthi sul territorio dello Yemen, ma dovrebbero limitarsi a fare da scorta ai mercantili per intercettare missili e droni. L’operazione “avrebbe compiti difensivi”, dice il documento di Germania, Francia e Italia. “Non facciamo la guerra a nessuno”, ha spiegato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani: “È un intervento militare a difesa delle navi mercantili italiane”.