Possibili scenari
Cosa rimane nella politica americana oltre a Donald Trump e Joe Biden
In entrambi i partiti americani si lavora su cosa potrebbe succedere se quest'anno spuntasse un "cigno nero" politico che sconvolga lo scenario e costringa le nuove generazioni a scendere in campo. Se da un lato l'offerta repubblicana è tutto sommato ricca e di alto profilo con DeSantis e Haley, i democratici sfidanti del presidente hanno tutti più di 75 anni
I primi voti della corsa alla Casa Bianca in Iowa e New Hampshire, al di là dei risultati, raccontano tante cose sul panorama politico americano. Il primo mese di questo anno elettorale che si chiuderà con il voto di novembre fotografa bene la situazione dei due grandi partiti, repubblicano e democratico. Da una parte c’è un Donald Trump che si conferma animale da primarie, ma che se sarà lo sfidante di Joe Biden arriverà portandosi dietro l’etichetta di loser nelle elezioni generali: ha vinto nel 2016, ma poi ha sempre perso nel 2018, 2020 e 2022. E nonostante sia ormai un padre padrone nel partito, sorprende come l’offerta politica repubblicana sia stata tutto sommato ricca e di alto profilo: Ron DeSantis e Nikki Haley, pur tra molti errori, hanno messo in campo un armamentario politico di tutto rispetto e hanno offerto valide alternative. Per quanto il trumpismo si stia espandendo e domini il Grand Old Party, dall’altra parte stanno anche peggio. Perché in casa dei democratici tutto sembra congelato nel tempo. L’ultimo confronto interno nel partito del presidente risale alle primarie del 2020 e vale la pena ricordare come è andato a finire: primo Biden, che oggi ha 81 anni, secondo Bernie Sanders, anni 83, terza Elizabeth Warren, anni 75.
Non è detto che la discesa in campo di nuove generazioni sia da rimandare al 2028. Da entrambe le parti si riflette su cosa può succedere se nel corso di quest’anno spuntasse un qualche “cigno nero” politico che sconvolga lo scenario. In casa repubblicana, la grande sorpresa potrebbe essere quella di una decisione della Corte Suprema che dichiari Trump non eleggibile. Tra i democratici, invece, incombe l’incubo di un episodio di natura medica che riguardi il presidente ultraottantenne.
I repubblicani probabilmente saprebbero reagire meglio. La sondaggista conservatrice Kristen Soltis Anderson ha fotografato bene la situazione: “Non c’è una maggioranza anti-Trump. Ma potrebbe esserci una maggioranza Beyond Trump”, che vada oltre l’attuale leader. Cioè, non è detto che di fronte a qualcosa che blocchi la corsa di The Donald tutto il partito si schieri in sua difesa. La Haley ha dimostrato che c’è ancora spazio in casa repubblicana per organizzare delle alternative, lei stessa potrebbe coalizzare un movimento Beyond Trump. Il popolo Maga (Make America Great Again) che appoggia l’ex presidente è rumoroso e anche ben organizzato, ma resta minoritario. I leader del partito che finora hanno abbassato la testa per sottomettersi a Trump potrebbero trovare la forza di rialzarla. Anche perché sanno bene che la realtà del paese non è quella fotografata dai sondaggi nazionali di gennaio, a novembre le cose saranno diverse e Trump, contro Biden, parte svantaggiato.
Per quanto il diretto interessato continui a dichiarare il contrario, è dal 2016 che non vince un’elezione nazionale. Nel voto di midterm del 2016, a metà del mandato presidenziale di Trump, i repubblicani persero la Camera e mantennero a fatica il Senato, in quella che fu caratterizzata come un’“onda blu” (dal colore dei democratici nelle mappe elettorali). Nel 2020, nonostante le inesistenti accuse di Trump sull’elezione “rubata”, il presidente in carica fu sconfitto in modo netto, con 306 voti elettorali a 232 e un voto popolare che segnò un netto distacco tra Biden e Trump (81-74 milioni). Nel 2022 infine, alle elezioni di metà mandato del presidente democratico, la tanto proclamata “onda rossa” trumpiana si rivelò inesistente, con i democratici capaci di mantenere il Senato, perdendo la Camera di stretta misura.
I democratici, invece, sarebbero pronti a un Beyond Biden? È uno scenario più difficile da immaginare. Dietro a Biden finora non sono emersi potenziali successori, che non possono certo essere gli anziani sfidanti del 2020. Qualche test è stato fatto in casa democratica, per far scaldare in panchina dei possibili sostituti. Non tanto la poco amata vicepresidente Kamala Harris, quanto per esempio il governatore della California, il cinquantaseienne Gavin Newsom, che è stato protagonista anche di un insolito dibattito “presidenziale” televisivo contro DeSantis. Ma se il modello Florida proposto da DeSantis si è rivelato poco convincente su scala nazionale, ancora meno convincente appare il modello California di Newsom e della Harris. La California “woke” e piena di problemi attuali non è certo quella degli anni di Ronald Reagan o di Arnold Schwarzenegger e non sono molti gli americani che la indicherebbero come modello di governo da replicare su scala nazionale.