medio oriente
Dopo tre mesi e mezzo di bombe da 1.000 chili l'infrastruttura esistenziale di Hamas regge
Non c’è luce in fondo ai tunnel dell'organizzazione terroristica, che funzionano ancora. E permettono a Hamas di uccidere soldati israeliani e lanciare razzi contro Israele
Ieri in Israele c’è stato il funerale delle vittime della più grave strage di soldati dal 7 ottobre. A Khan Younis lunedì sono morti 21 militari israeliani che avevano minato un palazzo e avevano intenzione di farlo saltare in una demolizione controllata. Un miliziano di Hamas è spuntato fuori all’improvviso con un Rpg in spalla e li ha colpiti con la sua granata, il carro armato israeliano ha fatto fuoco in risposta e il palazzo minato è venuto giù travolgendo i soldati. Dopo tre mesi e mezzo di una delle campagne di bombardamenti più intense del secolo, Hamas è ancora in grado di uccidere soldati israeliani a Gaza e di lanciare razzi contro Israele.
Molta della capacità di resistenza del gruppo terrorista si spiega con la rete di tunnel sotterranei che sono l’infrastruttura militare esistenziale di Hamas e che i generali israeliani non hanno ancora trovato il modo di distruggere o di rendere almeno temporaneamente non operativa. Le truppe sul campo hanno raccontato al giornalista Anshel Pfeffer che impiegano settimane per demolire soltanto piccole sezioni di una rete che – secondo il portavoce delle Forze armate – si estenderebbe per un totale di cinquecento chilometri (come da Roma a Venezia, in una striscia di terra lunga 40 chilometri e larga 12), ma che più probabilmente è lunga decine di chilometri. Il governo Netanyahu non potrà dire di aver “smantellato Hamas”, come ha promesso di fare dopo il pogrom del 7 ottobre, finché la metropolitana dei terroristi sarà ancora in piedi e funzionante, capace di proteggere i leader, nascondere gli ostaggi e i missili, e di garantire passaggi sicuri ai combattenti che poi sbucano all’improvviso attaccando i soldati israeliani dove non se lo aspettano, come a Khan Younis.
Giora Eiland, il generale che è stato a capo del Consiglio di sicurezza israeliano, ha detto che Hamas sostituisce in tempi rapidi i suoi comandanti e che “da un punto di vista professionale, devo dare credito alla loro resilienza. Non vedo alcun segno di crollo né nelle loro capacità militari né nella determinazione del gruppo a continuare a guidare Gaza”. Ecco il segnale più recente: ieri Hamas ha rifiutato l’offerta di Israele di due mesi di cessate il fuoco in cambio della liberazione di tutti gli ostaggi.
Una parte importante del successo della guerra di Israele contro Hamas dipende dalla neutralizzazione dei tunnel. Già all’inizio di novembre, quando l’invasione di terra era cominciata da pochi giorni, i militari di Tsahal appena tornati dal fronte raccontavano: “I terroristi li vediamo a malapena. Non esistono – perché si nascondono sotto la superficie – finché non spuntano per pochi attimi per sparare e, se poi non muoiono, si rintanano subito”. I soldati hanno imparato sul campo e a loro spese che le informazioni dell’intelligence israeliana toccano soltanto la superficie della rete dei tunnel. Potrebbe essere la più grande del mondo e l’esercito non ha ancora sviluppato tecniche sicure per entrarci e prenderne il controllo. All’epoca il ministro della Difesa, Yoav Gallant, aveva detto che Israele stava sviluppando nuove tecnologie per danneggiare i tunnel e aveva promesso una svolta, consapevole che se ci fosse stata una distruzione considerevole della metropolitana di Hamas i terroristi avrebbero perso il loro vantaggio relativo nella Striscia.
Nelle settimane successive i militari hanno tentato con i droni, che si infilavano nelle aperture e scendevano in profondità sganciando bombe, con i liquidi esplosivi, con i cani e infine con l’acqua salata pompata dal Mar Mediterraneo dentro le cavità: nessun tentativo è stato risolutivo perché le porte anti esplosivo che dividono i tunnel in scomparti funzionano bene. Un mese e mezzo dopo, a dicembre, un funzionario con esperienza militare “che ricopre una posizione alta nel governo”, ha detto a Ronen Bergman del quotidiano Yedioth Ahronoth: “Ogni volta che devo parlare in pubblico provo una leggera nausea, come se dopo avessi bisogno di farmi una doccia. Perché faccio eco ai messaggi del governo e dell’esercito che prospettano risultati irrealistici”. La “leggera nausea” riguardava le istruzioni che riceveva e doveva trasmettere secondo cui l’invasione di Gaza avrebbe portato alla distruzione dell’infrastruttura militare di Hamas – i tunnel – e al rilascio dei rapiti. Il funzionario prosegue: “Qui in Israele quasi nessuno ha sollevato la possibilità che i comandanti stiano creando una falsa illusione, in pratica è probabile che Israele dovrà mettere fine ai combattimenti senza raggiungere il primo obiettivo della guerra, cioè una distruzione significativa del sistema sotterraneo” e dei missili custoditi lì dentro dai terroristi.