Il sostegno europeo a Kyiv è “incrollabile”, fino a quando non entrano in gioco gli agricoltori
In Europa si moltiplicano le proteste dei lavoratori del settore. Intanto il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha annunciato che proporrà delle “salvaguardie” nazionali per permettere ai governi di imporre mini-embarghi all’importazione di cereali ucraini
Bruxelles. L’Unione europea dice che il suo sostegno all’Ucraina è “incrollabile”, ma quando entrano in gioco gli agricoltori il sostegno inizia a crollare. Il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, ha annunciato che proporrà delle “salvaguardie” nazionali per permettere ai governi di imporre mini-embarghi all’importazione di cereali ucraini, nonostante il regime zero dazi e zero quote introdotto nel 2022 per sostenere l’economia dell’Ucraina di fronte all’aggressione della Russia.
Si tratta di sanare una situazione illegale di fatto: Polonia e Ungheria da mesi vietano l’importazione di cereali ucraini e altri prodotti alimentari, in violazioni delle regole. Ma si tratta anche di andare incontro ad altri paesi, come Romania e Francia, nel momento in cui i loro agricoltori sono tornati a manifestare in massa contro le importazioni ucraine, le tasse ambientali o l’Ue. La Commissione potrebbe reintrodurre quote a dazio zero per i polli, le uova e lo zucchero dall’Ucraina. E’ necessario “salvaguardare i prodotti più sensibili”, ha detto Dombrovskis. E’ l’ennesima dimostrazione che, quando la protesta viene dal mondo rurale, ogni altra priorità viene meno, anche se “esistenziale” come l’Ucraina. Eppure gli agricoltori sono i bambini viziati dell’Ue, insaziabili beneficiari di denaro pubblico, eccezioni, aiuti straordinari, ma mai contenti del trattamento di favore che viene loro riservato.
Da un paio di settimane la Francia è tornata a essere l’epicentro della collera degli agricoltori. Ieri una donna è morta durante un blocco stradale nell’Ariège. La protesta è alimentata dall’aumento della tassazione sul gasolio agricolo, la stessa misura che aveva innescato manifestazioni massicce di agricoltori in Germania a inizio anno. In Romania i blocchi sono alla frontiera con l’Ucraina contro le importazioni di prodotti agricoli. In Spagna gli agricoltori hanno annunciato manifestazioni nelle prossime settimane. Ma in ciascun paese le rivendicazioni si mescolano a temi legati direttamente o indirettamente all’Ue: il Green deal, i prezzi dell’energia, l’inflazione, la burocrazia per ricevere i fondi comunitari, il ritorno dell’obbligo di mettere a riposo una percentuale delle terre coltivate, gli accordi di libero scambio. Il mix è politicamente esplosivo, tanto più che l’estrema destra sta sfruttando la collera rurale a 140 giorni dalle elezioni europee. “Non potete ignorare la disperazione di quelli che hanno la bella e grande missione di nutrire i popoli d’Europa”, ha detto al Parlamento europeo la scorsa settimana Jordan Bardella, il leader del Rassemblement National francese, chiedendo all’Ue di dichiarare “lo stato d’emergenza agricola”. Ursula von der Leyen non ha atteso Bardella. Il suo Green deal ha risparmiato il settore agricolo dagli obblighi più stringenti di tagliare le emissioni di CO2 entro il 2030. Anche la contestata Legge sul ripristino della natura è stata svuotata.
Le proposte sui pesticidi sono state ridimensionate. Domani von der Leyen lancerà il Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura. Ma ai governi non basta. Nel Consiglio Agricoltura di ieri molti ministri hanno chiesto più aiuti pubblici per gli agricoltori. Come se non ce ne fossero abbastanza tra pagamenti diretti, misure di emergenza dell’Ue e aiuti di stato nazionali autorizzati da Bruxelles. La Politica agricola comune vale un terzo del bilancio dell’Ue: 400 miliardi su 1.200 miliardi per il 2021-27. I francesi sono i più viziati con 65 miliardi preallocati (38 miliardi per l’Italia). Secondo un rapporto della Commissione pubblicato ieri, negli ultimi dieci anni sono stati stanziati 2,5 miliardi di misure eccezionali per varie emergenze. Il quadro temporaneo sugli aiuti di stato ha permesso ai governi di versare altre decine di miliardi agli agricoltori per le crisi del Covid-19 e della guerra in Ucraina. Gli effetti si vedono nelle loro tasche. Un documento pubblicato dalla Commissione a novembre dice che il reddito medio di un lavoratore del settore agricolo è passato da 18,4 mila euro nel 2013 a 28,8 mila euro nel 2021 (43 mila in Francia e 36 mila in Italia). Più 56 per cento, ben oltre l’inflazione. O dell’aumento del reddito di qualsiasi altra categoria meno protestataria e meno viziata dall’Ue.
David Carretta