L'altro conflitto

La guerra agli houthi che terrorizzano il Mar Rosso rischia di durare molto

Giulia Pompili

Nuovi raid congiunti in Yemen da parte di America e Regno Unito. La strategia di Biden e Sunak per non allargare il conflitto ma rendere inoffensivo il gruppo terroristico sostenuto dall'Iran

“Non possiamo stare a guardare e permettere che questi attacchi rimangano incontrastati. Anche l’inazione è una scelta”, ha detto ieri il primo ministro inglese Rishi Sunak alla Camera dei comuni. L’altro ieri sera c’è stato il secondo round di bombardamenti congiunti di America e Regno Unito contro le postazioni degli houthi in Yemen, significativamente ridotti rispetto a quelli di dodici giorni fa (otto obiettivi colpiti contro i più di sessanta dell’11 gennaio), che non avevano avuto l’effetto deterrente sperato.


Dall’11 gennaio ci sono state otto operazioni americane, ma solo alle prime e a quelle dell’altro ieri ha partecipato anche Londra. “Dall’ultima volta che siamo intervenuti, ci sono stati oltre 12 attacchi a navi civili da parte degli houthi”, ha detto ieri alla Bbc il segretario agli Esteri inglese David Cameron. “Ciò che abbiamo fatto ancora una volta è stato inviare il messaggio più chiaro possibile che continueremo a danneggiare la loro capacità di compiere attacchi”. Sin dalle prime settimane di novembre, il gruppo terrorista sostenuto dall’Iran di base in Yemen ha compiuto diverse operazioni contro navi civili soprattutto nel Mar Rosso, ufficialmente come risposta all’operazione militare israeliana a Gaza. Ieri in Parlamento Sunak è andato soprattutto a spiegare perché, a differenza dell’attacco in Yemen dell’11 gennaio, l’altro ieri non ha coinvolto l’opposizione, anche se il leader laburista Keir Starmer ha dichiarato di appoggiare le azioni “mirate” condotte. “Non stiamo cercando uno scontro. Esortiamo gli houthi e coloro che li sostengono a fermare questi attacchi illegali e inaccettabili. Ma, se necessario, il Regno Unito non esiterà a rispondere di nuovo per autodifesa”, ha detto Sunak. 


L’America di Biden sta offrendo ai media più dettagli sulla strategia contro gli houthi, frutto di diverse riunioni alla Casa Bianca. Secondo diverse fonti militari americane sentite dal Washington Post, l’Amministrazione Biden sta limitando le operazioni militari in Yemen per concentrarsi soltanto sulla capacità degli houthi di continuare gli attacchi in mare – per esempio l’attacco dell’altro ieri avrebbe preso di mira un sito di stoccaggio sotterraneo e luoghi dove sarebbero posizionati radar di sorveglianza: un modo per scongiurare un conflitto più esteso. Ma anche nel comunicato congiunto pubblicato ieri da America e Regno Unito – e sottoscritto anche da Olanda, Australia, Canada e Barehin, che hanno partecipato senza mezzi militari all’operazione – si legge che la coalizione non esiterà “a difendere vite umane e il libero flusso del commercio”: fino a quando non si fermeranno gli attacchi nel Mar Rosso i raid non si fermeranno. Diversi analisti in queste ore hanno però sollevato un problema: l’intelligence occidentale negli ultimi anni non ha investito sufficienti forze per sapere esattamente di quante risorse dispongono gli houthi. E’ difficile costruire una strategia di pressione contro un gruppo che cerca per lo più legittimità internazionale. Ma più si prolunga lo stallo più i costi di trasporto e delle assicurazioni crescono. 


Accanto agli strike in Yemen, l’America ha predisposto l’operazione Prosperity Guardian, l’operazione di pattugliamento militare marittimo nel Mar Rosso per fermare gli attacchi alle imbarcazioni civili da parte degli houthi. Sunak ha annunciato nuove sanzioni economiche contro il gruppo yemenita. Ma il rischio, soprattutto elettorale per Biden, è che la guerra agli houthi si possa intensificarsi e che si prolunghi nel tempo. Ieri Mohammed al Bukhaiti, il portavoce del gruppo, ha aggiunto alla richiesta di “fermare i crimini di genocidio a Gaza” come condizione per fermare gli attacchi alle imbarcazioni anche quella di fermare “l’aggressione contro lo Yemen” di America e Regno Unito. Anche l’Europa è sul punto di lanciare la sua operazione di sicurezza marittima nell’area, chiamata Aspis.  Nel commentare la difficoltà con cui l’occidente sta cercando di fermare gli attacchi houthi al commercio globale, ieri Christian Bueger, esperto di relazioni internazionali marittime, ha scritto su EuObserver che l’operazione europea rischia di distrarre la proiezione militare dell’Unione contro i pirati somali, che stanno già intensificando le azioni di sequestro di imbarcazioni civili. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.