L'Ue fa derisking con la Cina sulla ricerca. Ma per l'Italia quella è ancora tutta "diplomazia"
“Chiudere alla diplomazia scientifica con Pechino sarebbe un grave errore”, ci dice Carrozza, presidente del Cnr. Le collaborazioni attive del Cnr con la Cina e quelle per promuovere la Via della seta
“Se ci verrà detto che per motivi strategici non possiamo fare accordi con la Cina non li faremo, ma ribadisco che aprire alle collaborazioni è importante”. Maria Chiara Carrozza, che dal 2021 guida il Consiglio nazionale delle ricerche, l’ente pubblico della ricerca italiana, tiene molto alla diplomazia scientifica. La scorsa settimana il governo del Canada ha ufficializzato nuove regole per la collaborazione scientifica con enti di ricerca e università cinesi, russe e iraniane considerate “ad alto rischio”, e l’altro ieri anche la Commissione europea si è espressa sul tema.
Nel pacchetto di derisking economico proposto dalla Commissione c’è una parte che riguarda il settore della ricerca e dell’innovazione, che chiede di dotarsi di linee guida comuni per aumentare la consapevolezza dei rischi di certe collaborazioni, legati all’uso duale civile-militare, alla situazione dei diritti umani o del livello di libertà accademica nel paese con cui si stabiliscono relazioni. Sebbene mai menzionata, è la Repubblica popolare cinese ad aver dato più problemi negli ultimi anni da questo punto di vista, per furto di tecnologie, brevetti e avanzamento nella Difesa aiutato da ricerche in collaborazione con paesi europei e occidentali, casi di spionaggio e reclutamento in ambito accademico e una serie di influenze e ingerenze dentro agli atenei legati all’agenda politica di Pechino. In una conversazione con il Foglio, Carrozza, che è stata deputata del Pd e ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca tra il 2013 e il 2014 con il governo Letta, dice che “chiudere completamente la diplomazia scientifica con paesi come la Cina sarebbe un grave errore per l’Italia, che ha sempre mantenuto un ruolo di ponte per esempio durante la Guerra fredda con paesi come la Russia”. Secondo diversi analisti specializzati, con quelle stesse armi sviluppate all’epoca della Guerra fredda la Russia oggi starebbe conducendo l’offensiva in Ucraina. Per ridurre certi rischi, sostiene Carrozza, si dovrebbero “attuare procedure di cybersecurity più forti e offrire alle università framework di sicurezza. Ci sono tecnologie con uso duale e importanti a rischio di essere rubate o regalate, e su questo aspetto sono rigorosa, i laboratori che fanno questo tipo di ricerche devono essere inaccessibili, ma si possono mantenere rapporti diplomatici”.
Sul sito del Cnr sono disponibili gli accordi internazionali dell’ente, tra cui uno con il ministero della Scienza e tecnologia cinese: fra gli ultimi quattro progetti di “joint research area” finanziati da parte italiana e cinese per il biennio 2024-2025 ce n’è uno sull’applicazione dell’intelligenza artificiale alla manifattura. Per Carrozza “il fatto che ci sia una collaborazione su un piccolo progetto è un modo per tenere aperto un ponte non per regalare tutta la nostra attività”. Spiega poi che sono già attivi al Cnr sistemi di controllo per collaborazioni di questo tipo, ma non può parlarne per motivi di sicurezza: “Non è completamente vero che non se ne parli in Italia, la discussione è alta”.
Tra i progetti cofinanziati dal Cnr e il ministero della Cultura cinese per il triennio 2019-2021 ce ne sono almeno due che riguardano la “promozione della Via della seta”, il grande progetto strategico d’influenza cinese. “Non ero presidente all’epoca” , ma “le collaborazioni vanno comunque contestualizzate alle strategie del momento”, dice Carrozza, che nel 2013, quand’era ministra, durante una missione in Cina ha ricevuto il titolo di “honorary professor” dalla Tianjin University, oggi considerata “ad alto rischio” per il suo coinvolgimento nella ricerca per la Difesa. Nello 2013 Carrozza è stata anche professoressa invitata alla Tongji University (medio rischio) e tre anni prima alla Zhejiang University (alto rischio). Dice che oggi non ha più i contatti di allora ma “la collaborazione con i colleghi cinesi mi manca molto e mi dispiace che la situazione geopolitica l’abbia influenzata”. La ministra dell’Università e della ricerca, la forzista Anna Maria Bernini, non ha voluto rispondere a una richiesta di commento su sicurezza nazionale e collaborazioni accademiche con Cina, Russia e Iran.