l'onu e hamas

È troppo tardi per rifare l'Unrwa

Micol Flammini

Impossibile disfarsi dell’Agenzia dell'Onu. Hamas le ha ritagliato un ruolo essenziale nella Striscia e, per rispettare la sentenza dell’Aia, neppure Israele può tagliare i rapporti. Alle radici di una grande anomalia

Era da un mese che le sirene non suonavano a Tel Aviv, e probabilmente nelle stesse ore i mediatori cercavano di raggiungere i leader di Hamas per riferire i contorni dell’accordo per il rilascio degli ostaggi a cui Israele, Stati Uniti, Egitto e Qatar hanno detto di sì. I mediatori si sono incontrati a Parigi per delineare il più ambizioso dei piani fatti finora, quello che dovrebbe prevedere la liberazione degli ostaggi in cambio Israele di una tregua lunga un mese, da estendere a “pause graduali”, del rilascio di palestinesi detenuti nelle carceri israeliane e dell’ingresso nella Striscia di nuovi aiuti umanitari. Per organizzare l’ingresso di questi aiuti, proprio come accade adesso con consegne a singhiozzo, Israele deve avere contatti con l’Unrwa. 

 

L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi è uno dei più grandi datori di lavoro dentro alla Striscia di Gaza e il gestore della consegna degli aiuti nella Striscia e secondo un rapporto dell’intelligence israeliana  ha forti legami con le organizzazioni terroriste. Finora l’intelligence ha fornito prove su dodici dipendenti che hanno avuto un ruolo durante l’attacco del 7 ottobre, ma la  quantità del personale dell’Unrwa che avrebbe legami con Hamas e con il Jihad islamico sarebbe circa il 10 per cento del totale dei dipendenti: l’Unrwa impiega 13.000 persone a Gaza. I rapporti dell’intelligence israeliana vanno nel dettaglio, indicano che sei lavoratori dell’Agenzia dell’Onu hanno partecipato attivamente all’aggressione contro i kibbutz israeliani, uno era anche un comandante militare, due hanno contribuito al rapimento di cittadini israeliani, altri hanno contribuito a fornire armi e hanno coordinato l’attacco. Un uomo, registrato come assistente sociale dell’Unrwa, ha organizzato il trasporto del corpo di un soldato. Sette erano insegnanti. Altri funzionari dell’Unrwa senza legami specifici con organizzazioni terroristiche il 7 ottobre sono entrati in Israele a seguito dell’attacco. Tutte le informazioni che Israele ha condiviso sono state ricavate da interrogatori con alcuni uomini di Hamas catturati dagli israeliani, dal tracciamento dei cellulari, dall’identificazione di militanti morti. Un ostaggio liberato a novembre ha raccontato di essere stato tenuto prigioniero in una casa, che la figlia del suo carceriere quando gli portava del cibo  spesso aveva l’etichetta delle Nazioni Unite,  gli aveva raccontato che suo padre lavorava come insegnante per l’Unrwa. Hamas domina ogni aspetto della vita della Striscia e l’Unrwa non poteva essere rimasta immune, neppure i governi occidentali ci avevano sperato, tanto che i report dell’intelligence israeliana sono stati accolti senza sorpresa da molti diplomatici. La maggior parte dei governi ha deciso di sospendere i finanziamenti all’Agenzia, Israele invece dovrà continuare a collaborare. Il Cogat, l’unità che coordina le attività del governo israeliano nei territori, monitora i camion che entrano ed escono da Gaza attraverso i valichi di Kerem Shalom e Rafah e la distribuzione degli aiuti avviene mettendosi d’accordo proprio con l’Unrwa, non esistono altri modi. Il giornalista di Haaretz, Anshel Pfeffer, ha notato che in questo momento, dopo la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aia e l’elenco delle misure provvisorie che Israele è chiamato a rispettare, lo stato ebraico non può rifiutarsi di collaborare con l’Unrwa. Nel 2018 Donald Trump decise già di sospendere i finanziamenti all’Agenzia, definendo la sua missione “fuorviante”, Biden li reintrodusse nel 2021 e oggi il problema che molti governi, Israele per primo, incontreranno nel tagliare i rapporti e i fondi in modo definitivo sta nella più grande delle anomalie: l’unica Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di un gruppo specifico di rifugiati – tutte le altre crisi sono gestite unicamente dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr – ha legami profondi e assodati con Hamas e con il Jihad islamico, ma nell’infrastruttura del sistema degli aiuti che è stata costruita finora, si è ricavata un ruolo essenziale. Talmente essenziale che sotto i dettami dell’Aia, Israele è il primo a non poter tagliare ogni contatto. 


Il rapporto fornito dall’intelligence israeliana riferisce che il 23 per cento dei dipendenti maschi dell’Unrwa aveva legami con Hamas, si tratta di una percentuale maggiore rispetto alla media del totale dei maschi adulti che vivono nella Striscia, attestata al 15 per cento. L’Unrwa è altamente politicizzata e questo ha avuto un impatto su tutto quello che l’Agenzia ha svolto, dai programmi scolastici fino alla consegna degli stessi aiuti umanitari. Nel fine settimana, l’esercito israeliano al valico di Kerem Shalom ha fermato i manifestanti che negli ultimi giorni erano riusciti a rallentare la consegna di cibo e medicine destinati alla Striscia di Gaza. L’area, per non permettere più che le consegne vengano rallentate, è stata definita “zona militare chiusa”, nessun manifestante potrà più avvicinarsi. Anche questa decisione fa parte degli impegni che Israele intende rispettare e implementare dopo la sentenza dell’Aia. Quello che poi accade dentro la Striscia in fase di redistribuzione è invece responsabilità dei funzionari dell’Unrwa. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)