Meloni vola a Tokyo e inaugura il G7. I guai del partner Kishida
Lunedì la presidente del Consiglio Giorgia Meloni inaugura il tradizionale tour dei paesi del G7, nell’anno della presidenza di turno italiana, e inizia dal Giappone. La visita a Tokyo è un segnale di continuità della presidenza – che l’anno scorso toccava appunto al primo ministro Fumio Kishida – su priorità e temi che saranno alla base delle discussioni: i conflitti in corso in Ucraina e medio oriente, ma anche la sicurezza nell’Indo-Pacifico, il Sud globale e l’Intelligenza artificiale e le sue applicazioni, un tema lanciato dal G7 di Hiroshima dello scorso anno che sarà portato avanti anche quest’anno in Puglia. E’ la quarta volta che Meloni incontra Kishida san, ma lunedì sera sarà la prima in cui i due si vedranno al Kantei, il Palazzo Chigi di Tokyo. Secondo una fonte giapponese del Foglio, informata sulle relazioni tra i due paesi, “la chimica tra i due leader è ottima”, un po’ come quella con il presidente americano Joe Biden. E’ una missione facile per Meloni, quella a Tokyo, facilitata forse dalla passione per il Giappone della figlia Ginevra, almeno così si dice nei corridoi dei palazzi del potere nipponici molto attenti a certi dettagli. Se non fosse che Kishida rischia di non arrivare a Borgo Egnazia.
Il Partito liberal democratico al governo è da mesi alle prese con una rivoluzione interna, e Kishida ha da qualche giorno deciso di sciogliere la sua fazione, la Kotikai. Nella politica giapponese le fazioni sono delle formazioni politiche quasi simili ai partiti, si autofinanziano, fanno capo a un leader, più politici hanno e più sono potenti, e questo rende il Partito liberal democratico in realtà una formazione di coalizione, e Kishida ha appena sciolto il suo partito. Da settimane vanno avanti i negoziati per sciogliere anche la fazione più potente della politica giapponese – formalmente chiamata Seiwa Seisaku Kenkyukai – quella un tempo guidata dall’ex primo ministro Shinzo Abe, assassinato l’8 luglio del 2022. Tutto ha avuto inizio da uno scandalo sui finanziamenti delle fazioni, che va avanti da settimane e che ha già provocato diverse dimissioni e indagati. Non solo: il vicepresidente del Partito liberal democratico, Taro Aso, uomo molto potente della politica non nuovo a esternazioni controverse, in un discorso pubblico di qualche giorno fa ha detto della ministra degli Esteri giapponese, Yōko Kamikawa: “Non direi che sia una donna particolarmente bella. Ma almeno parla con aria autorevole”. Poi ha ritrattato (non si è scusato) dopo che Kishida, durante un intervento in Parlamento l’ha ripreso. E insomma la coalizione di governo giapponese sembra un po’ quella italiana, tra scandali grossi ed altri più piccoli, esternazioni inappropriate, e tutti i problemi precipitano sulla testa di Kishida, un diplomatico che ha cercato di ridare stabilità al Giappone in continuità con Abe, e ora si ritrova con l’indice di gradimento più basso da quando è arrivato al Kantei, a ottobre 2021, vicino al 27 per cento.
Lunedì Meloni vede Kishida per un bilaterale in camera caritatis, poi martedì la presidente del Consiglio avrà un incontro con i rappresentanti delle aziende giapponesi che fanno parte dell’Italy-Japan Business group, il cui presidente giapponese è Shunichi Miyanaga della Mitsubishi Heavy Industries. Quest’ultima, insieme all’italiana Leonardo e alla BAE Systems, sono le tre aziende coinvolte nel Global Combat Air Programme, il patto tra Roma, Tokyo e Londra per costruire il jet di terza generazione che è non solo un’occasione commerciale ma ha anche un sostanziale significato strategico. La priorità di Kishida è che la questione della stabilità dell’Indo-Pacifico e dell’assertività della Repubblica popolare cinese resti centrale anche nel G7 italiano. Meloni è la leader che ha deciso di uscire dalla Via della seta cinese, ma qualche problema d’ambiguità resta: oltre a varie delegazioni del Partito comunista accolte in Italia, mercoledì scorso, alla festa del Capodanno lunare organizzata dall’Ambasciata cinese a Roma, c’era la seconda carica dello stato, Ignazio La Russa, la ministra del Turismo Santanchè e perfino Margherita Cassano, presidente della Corte di Cassazione. Un bel favore all’immagine di Xi Jinping.