Un nuovo ostacolo, dal Colorado
Il guaio per Trump non è tanto Nikki Haley, ma la novantenne Norma Anderson
La signora, residente in Colorado e da sempre repubblicana, ha un solo obiettivo: far dichiarare l'ex presidente non candidabile. La Corte suprema si pronuncerà il prossimo 8 febbraio e lei sarà in prima fila per far sentire le sue ragioni: "Non ho mai visto niente di paragonabile al 6 gennaio e ho capito subito chi ne è colpevole”
Norma Anderson è una signora novantenne dai modi gentili, i capelli d’argento, una vaga somiglianza con Liliana Segre. Da settimane riceve con pazienza i giornalisti nel salotto di casa sua in Colorado e si fa intervistare con una copia della Costituzione degli Stati Uniti in mano. Il suo nome potrebbe passare alla storia, perché per la giustizia americana è lei a sfidare direttamente Donald Trump per farlo cancellare dalle schede elettorali. E per l’ex presidente potrebbe rivelarsi più pericolosa di Nikki Haley.
Da sempre repubblicana, in passato deputata nello stato in cui vive, per una questione di ordine alfabetico ha messo il suo nome in cima alla lista dei repubblicani anti Trump che vogliono far dichiarare l’ex presidente non candidabile. E adesso il caso "Trump contro Anderson" sta per arrivare davanti alla Corte suprema a Washington e potrebbe riservare sorprese. L’8 febbraio i nove giudici costituzionali ascolteranno le parti in un’udienza pubblica dietro la quale si stanno muovendo eserciti di legali, docenti universitari, storici, politici e strateghi elettorali. Il docket, il fascicolo numero 23-719 che raccoglie la documentazione del caso “Trump v. Anderson”, si sta riempiendo di contributi di ogni tipo, che testimoniano la frenetica attività che avviene dietro le quinte. Interventi che da tutti gli Stati Uniti stanno arrivando a Washington sotto forma di petizioni come amici curiae, la terminologia latina con cui nella giustizia americana vengono indicati gli “amici della corte”, parti non direttamente in causa ma che esprimono il loro parere.
Il tema al centro del caso che contrappone l’ex presidente alla signora Anderson sta sollevando una raffica di interpretazioni. I giudici devono decidere se dar ragione alla maggioranza stretta (4-3) con cui i loro colleghi della Corte Suprema del Colorado, a dicembre, hanno deciso che Trump non può candidarsi in base al quattordicesimo emendamento alla Costituzione. Si tratta dell’articolo che fu introdotto nel 1868, dopo la guerra civile americana, per vietare l’eleggibilità a incarichi pubblici per chi abbia cercato di far cadere le istituzioni degli Stati Uniti. In particolare c’è in discussione la sezione 3, che nega l’eleggibilità a chi ha prestato giuramento per una carica pubblica e poi prende parte a “insurrezioni o ribellioni” contro le autorità costituite. Tutto si gioca sull’interpretazione di questo testo pensato in origine per impedire ai deputati del sud secessionista di potersi candidare. E’ applicabile all’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 e alle azioni di Trump nelle settimane dopo il voto che ha visto la vittoria di Joe Biden? E’ un emendamento che riguarda anche il presidente in carica, visto che nel testo non lo si nomina esplicitamente?
Nelle petizioni che stanno piovendo sulla Corte si afferma tutto e il contrario di tutto. Giuristi e politici pro Trump sostengono che l’allora presidente ha agito nell’ambito dei confini protetti dalla libertà di espressione e che comunque l’inquilino della Casa Bianca non può essere giudicato. Gruppi di storici carichi di premi Pulitzer si sono invece uniti per firmare petizioni in cui ricostruiscono il dibattito in Congresso che precedette l’emendamento del 1868, per cercare di dimostrare che era un provvedimento pensato per proteggere l’America proprio da rischi come quello di una ribellione al passaggio di consegne tra vincitore e sconfitto.
In aula dovrebbe presentarsi anche la signora Anderson, in formissima nonostante l’età avanzata, che da repubblicana anti Trump ha già detto con chiarezza cosa vuole far sapere alla Corte: “Sono abbastanza anziana da ricordare la Depressione, la Seconda guerra mondiale, altre due guerre, recessioni, bei tempi e tempi brutti e un gran numero di presidenti. Ma non ho mai visto niente di paragonabile al 6 gennaio e ho capito subito chi ne è colpevole”.
Dopo l’udienza toccherà ai nove giudici valutare la mole di documenti che si stanno accumulando su questo caso. I tempi sono stretti. Il 5 marzo c’è il Super Martedì elettorale nel quale si vota anche in Colorado e in teoria dovrebbero pronunciarsi prima di quella data. La composizione della Corte (sei conservatori, di cui tre nominati da Trump e tre progressisti) sembrerebbe prefigurare un risultato a favore dell’ex presidente. Ma su un tema che va così al cuore del diritto costituzionale gli schieramenti ideologici potrebbero saltare. E la Corte potrebbe sorprendere il mondo.