paradossi
Il leader di Hamas e la sua famiglia si fanno curare in Israele. Lo strano “genocidio”
Dai capi dell'organizzazione islamista all’Autorità nazionale palestinese, tutti contro lo stato ebraico. Ma non quando i medici israeliani li salvano. Il caso di Ismail Haniyeh
Il Soroka Medical Center si trova a 25 chilometri da Gaza. E’ l’ospedale israeliano che il 7 ottobre ha curato 680 pazienti rimasti feriti nel pogrom di Hamas, fra cui una donna incinta. Le avevano sparato più volte all’addome. Due giorni fa al Soroka è arrivata a partorire la sorella di Ismail Haniyeh, leader politico di Hamas. Ha dato alla luce un bambino prematuro, ricevendo cure salvavita dall’équipe medica israeliana. A dare la notizia, il giornalista Almog Boker: “Una vicenda che riassume tutta la differenza tra l’umanità israeliana e la crudeltà di Hamas”. Anche la figlia tredicenne, la moglie e la nipotina di un anno (Amal Haniyeh) del leader di Hamas sono state ricoverate in ospedali israeliani.
Una sorella del leader politico di Hamas Haniyeh, Suhila, è entrata in Israele insieme con il marito malato, che ha ricevuto cure mediche urgenti all’ospedale di Petah Tikva. Sono passati dal valico di Erez, lo stesso attaccato il 7 ottobre dagli uomini di Haniyeh.
Lo sceicco Ikrima Sabri di Gerusalemme per anni ha incitato contro gli ebrei dal pulpito della moschea di al Aqsa, invocando “l’annientamento dei sionisti” e “la distruzione di Israele”. Ma quando ebbe urgentemente bisogno di un intervento al cuore, la sua prima scelta fu l’ospedale “Hadassah” di Gerusalemme. I medici ebrei salvarono la vita a Sabri, che tornò a incitare al terrore contro gli ebrei, con più fervore di prima. Nel 2014, la moglie del presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas è stata curata in Israele. Quattro anni dopo, un medico israeliano è stato inviato a Ramallah per curare lo stesso presidente Abbas. Anche un fratello di Abbas, Abu Louai, è stato curato all’ospedale “Assuta” di Tel Aviv. Senza considerare il tumore al cervello che i medici israeliani hanno curato a Yahya Sinwar, il leader di Hamas a Gaza.
Come spiegare questo paradosso? Aryeh Eldad, medico dell’ospedale “Hadassah Ein Kerem” di Gerusalemme, anni fa ha fondato la Skin Bank in Israele, che è la più grande del suo genere al mondo. Una banca della pelle. “Un giorno mi è stato chiesto di inviare la pelle per una donna musulmana di Gaza, che era stata ricoverata nell’ospedale ‘Soroka’, dopo che i suoi familiari l’avevano bruciata” ha raccontato Eldad dopo il 7 ottobre. La donna era stata vittima di un “delitto d’onore”. “Abbiamo fornito tutto per il trapianto (cellule della pelle dei donatori) necessario per il trattamento. E’ stata curata con successo e rilasciata nella sua casa a Gaza”. E’ stata invitata a regolari visite di controllo all’ospedale di Be’er Sheva. “Un giorno è stata sorpresa al valico di frontiera con addosso una cintura esplosiva. La sua missione era quella di farsi esplodere nell’ospedale dove le era stata salvata la vita”. La famiglia le aveva promesso che se l’avesse fatto l’avrebbero perdonata. “Questa non è una disputa territoriale” scrive Eldad. “Questo è un conflitto culturale, o meglio una guerra tra civiltà e barbarie”.
Due mesi prima del pogrom del 7 ottobre, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite ha votato a favore di una risoluzione che condanna Israele. Adottata con 37 voti favorevoli (di cui nove paesi dell’Unione europea, tra cui l’Italia), la risoluzione delle Nazioni Unite accusava Israele di costituire un “grande ostacolo” per le donne palestinesi. La figlia, la moglie, il cognato e la nipotina di Ismail Haniyeh forse avrebbero qualcosa da ridire.