La storia che si ripete
Per non essere aggrediti, gli ebrei in Germania devono nascondersi
“Qui nel nostro paese ci sono zone dove non possiamo andare. Oggi ci domandiamo se sia sensato essere riconosciuto come ebreo nelle aree a maggioranza mussulmana. Una cosa inimmaginabile solo cinque anni fa", dice il leader della comunità ebraica tedesca
A dicembre, il Consiglio di sicurezza israeliano ha emesso un avviso per chi si recava in Germania. “Evitate riferimenti esterni all’identità ebraica o alla cittadinanza israeliana”. L’avvertimento non era esagerato. Uno studente ebreo della Libera Università è stato picchiato e ha riportato fratture facciali. L’aggressore era un compagno di studi palestinese. Il fatto che l’università abbia reagito nascondendo il movente antisemita ha suscitato indignazione. “Gli studenti ebrei avvertono da mesi di essere minacciati” scrive la Welt. “Non c’è stata reazione, né dall’università né da altri responsabili”. E ora la senatrice di Berlino Ina Czyborra (Spd) respinge le richieste di espulsione dell’aggressore. “Le università sono spazi aperti, la scienza vive di scambio, vive di internazionalità e a volte ci sono conflitti nel campus” ha detto Czyborra. L’antisemitismo è il prezzo da pagare per la “diversità”?
“Gli ebrei devono sentirsi al sicuro ovunque a Berlino, anche nelle nostre università” ha detto il sindaco di Berlino Kai Wegner. “Anche”? Sulla Bild, il leader degli ebrei tedeschi Josef Schuster avverte che ci sono ormai “zone interdette agli ebrei”. “La domanda è se, nelle zone con una grande percentuale di musulmani, è sensato essere riconosciuto come ebreo, uno sviluppo che non mi aspettavo cinque anni fa ed è allarmante”. Il settantacinque per cento degli ebrei si astiene dall’indossare in pubblico i simboli della fede e il quarantasei per cento “evita determinate aree”.
Hanna Veiler dell’Unione studentesca ebraica ha detto che l’atmosfera nelle università è terribile. La vittima dell’attacco è Lahav Shapira. Il nonno fu assassinato dai terroristi palestinesi alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Philipp Peyman Engel, caporedattore della Jüdische Allgemeine, il più importante quotidiano ebraico tedesco, è d’accordo con Schuster: “Anche prima del 7 ottobre, in città come Berlino, Duisburg e Bochum le persone che potevano essere identificate come ebree correvano il rischio di essere insultate o aggredite per strada. Bisogna dirlo chiaramente: in Germania ci sono zone vietate agli ebrei. Numerosi quartieri in molte città non sono più sicuri per gli ebrei”. La presidente del Bundestag Bärbel Bas (Spd) è andata a incontrare i giovani della scuola della comunità ebraica Chabad di Berlino. “Non si va più in certi posti a Berlino”, gli ha detto una studentessa.
Anna Staroselski, a capo dell’Unione studentesca ebraica, rivela di aver cambiato il nome che utilizza su Uber e altre app per evitare di essere identificata come ebrea. “Non ho mai avuto tanta paura in vita mia”. Anche l’estremismo di destra è minaccioso, conclude Engel, ma “gli attacchi verbali e fisici provengono in gran parte dall’ambiente musulmano. C’è il turista israeliano a Berlino picchiato. Per strada aveva parlato in ebraico. A Neukölln un israeliano è stato preso a pugni e un rabbino si è visto rompere lo zigomo in presenza della figlia”. Il governo tedesco “semaforo” è il più duro sull’antisemitismo in Germania. Ma la sensazione è che moniti e vigilanza morale possano poco per fermare la marea.
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