Dopo il 7 ottobre
“Dove sono le femministe?”. L'icona del MeToo Gwyneth Paltrow contro i silenzi su Hamas
“Lo stupro non è resistenza”, ha scritto l'attrice premio Oscar prima di essere travolta sui social da accuse di essere una “sostenitrice del genocidio d’Israele”
Ieri davanti alla Tate Modern di Londra c’è stata una manifestazione contro il silenzio femminista internazionale sugli stupri di Hamas. Il sit-in è stato programmato per coincidere con un evento della Tate sulla “protesta femminista nell’arte”. I manifestanti indossavano pantaloni insanguinati per onorare Naama Levy, che è tra i 130 israeliani ancora tenuti in ostaggio da Hamas e che fu immortalata con una grande macchia di sangue sul sedere mentre veniva trascinata dentro Gaza.
In una dichiarazione ai media, gli organizzatori hanno affermato: “Le femministe hanno ignorato o non sono riuscite ad affrontare adeguatamente la violenza e i crimini sessuali commessi contro le donne israeliane durante il massacro del 7 ottobre”. UN Women ha scritto un tweet, il Cedaw (il comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne) si è limitato a dire che lo stupro è grave, senza menzionare gli orrori subiti dalle donne israeliane. E il MeToo? Un tweet minimalista del 16 novembre per far dimenticare l’indifferenza iniziale, in cui Israele è citato assieme a Palestina, Sudan, Congo e Tigrè. Sembra davvero che per molti J. K. Rowling sia “più cattiva” di Hamas per aver scritto che “la guerra è pace, la libertà è schiavitù, l’ignoranza è forza e l’individuo dotato di pene che ti ha violentato è una donna”.
Se attrici di grido – Marion Cotillard, Melanie Laurent, Juliette Binoche e Isabelle Adjani per citarne alcune – hanno avuto la brillante idea di una “marcia silenziosa” con le “bandiere bianche” per il cessate il fuoco a Gaza, ora una loro famosa collega, Gwyneth Paltrow, icona del MeToo e figura chiave nella storia del New York Times su Harvey Weinstein che ha portato alla fine del produttore, prende posizione. “Shani Louk avrebbe dovuto compiere 23 anni oggi”. Così inizia il post dell’attrice su Instagram, in cui Paltrow racconta l’orribile video del corpo di Shani fatto sfilare da Hamas. “Ci sono ancora 17 donne detenute da Hamas. Dove sono le femministe? Lo stupro non è resistenza”. Paltrow è stata travolta sui social da accuse di essere una “sostenitrice del genocidio d’Israele”. Solo pochi mesi fa, un’attrice che avesse parlato contro lo stupro sarebbe sembrata un’altra Asia Argento; ora una che parli degli stupri di Hamas sembra Asia Bibi.
Perché se “l’individuo che ti ha violentato col pene è una donna”, questi occidentali non crederanno certo alle testimonianze di stupri e mutilazioni sessuali da parte di Hamas. Intanto Sheryl Sandberg, miliardaria, femminista ed ex ceo di Meta (la società madre di Facebook), sta usando la sua fama per attirare l’attenzione del mondo sul 7 ottobre. Sandberg è in Israele per girare un documentario sulla violenza sessuale. Ha intervistato sopravvissuti e testimoni. Al Wall Street Journal, Sandberg ha detto: “Non importa cos’altro credi riguardo alla tragedia delle vite perse a Gaza, dobbiamo credere che lo stupro sia sbagliato”. Il film è intitolato “Screams Before Silence”. “Questo è il lavoro più importante della mia vita”. Dal palco infiorettato di Sanremo non è volata una mosca sul 7 ottobre. Lo psicologo israeliano Carlo Strenger, nel libro Le mépris civilisé pubblicato dopo gli attentati del 2015, scrive: “In occidente, la libertà non ha più nulla di nuovo o di speciale”. Un ostaggio ebreo in mano a Hamas tira meno di un’omelia sul maschilismo.
Dalle piazze ai palazzi